Secondo giorno

Durata lettura: medio-corta

Lorenzo ha passato quasi tutta la notte rinchiuso in camera sua. Abitare in una villetta in un quartiere così poco popoloso non è tanto divertente quando hai il sospetto che degli assassini (o qualcosa di peggio) si stiano annidando in casa tua.
Il ragazzo ha anche chiamato la polizia per denunciare l’aggressione, ma nessuno gli ha risposto. Ha chiamato i genitori ma anche quella telefonata è andata vuoto, cosa che lo sta tenendo in ansia più di ogni altro evento.
A renderlo ancora più ansioso per i genitori è il fatto che chiamando un’amica ha scoperto che pure lei è stata aggredita da un’ombra simile alla sua, e si è salvata solo grazie all’intervento del padre. A quel punto Lorenzo ha capito che la polizia non gli avrebbe mai risposto, probabilmente tutti la stavano chiamando in quel momento, quindi ha capito che doveva occuparsi lui della sicurezza della sua stessa casa.
Inizialmente non è stato molto coraggioso però. Si è barricato in camera sua, ha abbassato le serrande e ha addirittura spento la luce (così da impedire a eventuali aggressori di sapere in che parte di casa cercarlo). Si è rannicchiato in un angolo di stanza in attesa di poter comunicare o con la polizia o con la madre, e stava anche riflettendo sulla possibilità di chiudersi nell’armadio in caso di rumori sospetti.
Mandava costanti messaggi ai suoi amici, alcuni dei quali rispondevano con altrettanta costanza. Gli hanno raccontato della loro aggressione e del fatto che adesso sono terrorizzati; un paio di loro sono gravemente feriti e altri hanno scritto di avere parenti o amici morti nelle vicinanze.
Tutti quei racconti stavano terrorizzando Lorenzo, perché significava che anche i suoi genitori potrebbero essere stati aggrediti, e questo timore lo stava facendo impazzire.
Ha continuato a chiamarli, ma niente. Non rispondevano. Il loro telefono squillava però, quindi non era spento.
Dopo alcune ore di semiparalisi Lorenzo si è deciso a muoversi. Aveva i nervi a fior di pelle e i sensi in allerta: le orecchie percepivano e ingigantivano ogni rumore su cui riuscivano a mettere mano, anche lo spostamento della coda di uno dei suoi cani è bastato a farlo rabbrividire.
Era ancora notte quando ha deciso di vedere dalla serratura se c’era qualcuno sul corridoio oltre la porta di camera sua. Purtroppo era tutto quanto nero, tutto scuro. Non vedeva assolutamente nulla, né sentiva nulla.
I cani erano lì vicini a lui e lo guardavo con un misto di attesa e serenità. Quei due cuccioloni sembravano stare piuttosto bene, come se il mondo non stesse finendo e la casa non fosse piena di assassini pronti ad ucciderli.
Lorenzo non sapeva se arrabbiarsi con loro oppure no. Le loro espressioni sembravano felici, però è anche vero che quelle sono le espressioni che fanno tutti i giorni tutto il giorno. Alla fine ha deciso di usarli nel miglior modo possibile, ovvero per capire se ci fosse qualcuno in casa.
Il problema coi suoi cani è il fatto che non sono addestrati per fare questo tipo di cose. Non sono addestrati affatto anzi, sono semplici animali domestici, al massimo riportano una pallina da tennis una volta che viene lanciata ma niente di più.
Cercando di emettere il minor rumore possibile, Lorenzo ha aperto la serratura della porta e poi la porta stessa. Il procedimento è stato talmente cauto che ha addirittura trattenuto il fiato nel mentre.
Prima di farlo è stato tentato dall’idea di aspettare l’alba per uscire, ma poi si è ricordato che il sole manca dalla giornata precedente.
Una volta aperta il suo cane più grosso e giovane è sgusciato immediatamente dall’altra parte, facendo irrigidire il ragazzo che avrebbe voluto urlargli di tornare dentro. Il cane non ha né abbaiato né subito colpi mortali però … si è fermato in mezzo al corridoio e ha guardato in direzione del suo padrone in attesa di un suo movimento.
Lorenzo a quel punto ha aperto la porta completamente e con estrema circospezione ha acceso le luci del corridoio.
Inizialmente si è sentito sollevato, poi però ha subito pensato che se un assassino lo stesse spiando dall’esterno avrebbe notato le luci accese. Ha riflettuto sulla possibilità di tenerle spente, ma non volendo andare in giro al buio ha deciso di fare un’altra cosa: accendere tutte le luci, così da non lasciare informazioni ai suoi futuri aggressori.
Ha abbassato le serrande delle finestre del corridoio, quindi è entrato nella camera di sua madre e dopo essersi assicurato che fosse vuota ha fatto la stessa cosa anche lì: ha abbassato le serrande della finestra ed acceso le luci.
Ha eseguito lo stesso procedimento per il bagno, la cucina, la stanzina degli ospiti e via dicendo. Cantina e sgabuzzino si è limitato a controllarle per assicurarsi che non ci fosse nessuno ma le ha lasciate al buio perché non ci sono finestre lì, inoltre in caso di aggressione sono un ottimo posto in cui andare a nascondersi.
Finito di dare luce alla casa e di abbassare tutte le serrande, è tornato in camera sua. Malgrado le luci e le “protezioni”, si sentiva comunque a disagio. Nessuno poteva vederlo da fuori, è vero … ma questo significava che neanche lui poteva vedere chi stava fuori, e se prima si sentiva da solo e isolato ora che le serrande sono abbassate quella sensazione è peggiorata.
Sconsolato e affamato è andato in cucina a farsi qualcosa da mangiare; i cani dovevano uscire e così si è concesso una piccola scappatoia in giardino per fargli fare i loro bisogni, per poi rintanarsi nuovamente in casa subito dopo; dopo aver mangiato si è nuovamente attaccato al telefono.
Madre e padre ancora non rispondevano. Gli amici erano ancora terrorizzati. Il mondo era ancora in stato di shock. Nessuno sapeva cosa stava succedendo. E il sole ancora non era tornato.