Quinta notte

Durata lettura: medio-lungo

Un po’ per la stanchezza, un po’ per lo shock e il disgusto, Lorenzo aveva vomitato. In stanza. Nella stanza da cui poi non si è più mosso per il resto della giornata.
Inizialmente non sapeva cosa fare. Piangere per Nadia? Neanche la conosceva bene. Urlare? Nessuno lo avrebbe sentito. Disperarsi? Era già disperato.
Così si è rannicchiato in un angolo della stanza in attesa di qualcosa. Qualcosa che non è mai successo.
Nadia non si è mai mossa da terra. Nessuno lo aveva mai chiamato per informarlo che era tutto uno scherzo. E i cani … beh anche i cani erano tristi questa volta. Annusavano il corpo morto della donna e delle volte provavano anche a leccarla e spintonarla con il muso. Avevano le orecchie abbassate, la coda tra le gambe, e il muso lungo.
Anche loro avevano capito in che tragica situazione si trovavano.
Lorenzo … era sfinito. È sempre stato sfinito durante questa disavventura in realtà, ma il punto è che la sua stanchezza non è fisica, bensì mentale. Lorenzo è un ragazzo atletico, andava regolarmente in palestra, non fuma né ha eccessi di alcun tipo, ed è sano. Fisicamente parlando non è affatto provato, anzi con un pisolino si rimetterebbe in sesto subito.
Il suo cervello è a pezzi però. Dopo la morte di Nadia è quasi del tutto imploso. Continuava a guardare il buco nel cranio della donna domandandosi come fosse possibile tutto ciò, da dove fosse arrivato il proiettile, e continuava a rimanere senza risposta.
Gli aveva sparato lui? Il suo secondo colpo non aveva ucciso l’ombra, quindi … forse era stato lui a spararle? Forse il proiettile è rimbalzato? Curvato? Anche perché l’ombra non sembrava aver sparato. La pistola che aveva in mano non aveva vibrato, rimbalzato o fatto nessun tipo di rumore o luce. Non si era mossa di un centimetro. Non poteva aver sparato. Ma allora da dove è arrivato il proiettile?
Non capiva.
Il mondo stava finendo, ormai era ovvio. I sopravvissuti a quel delirio erano pochi, molto pochi. Così pochi che anche internet era diventato un deserto. Quindi per cosa stava combattendo? Perché era ancora in vita lui? La ragazza che pensava di invitare al cinema ormai sarà morta … pure il suo migliore amico, quello con cui va sempre in palestra, sarà andato. I genitori non rispondono al telefono da giorni, probabilmente morta anche loro. Il lavoro per cui stava sudando così tanto quei giorni? Non poteva più continuarlo. Gli amici con cui aveva programmato un’uscita? L’appuntamento è già scaduto. Il computer per cui stava mettendo i soldi da parte? Non c’è più nessuno a venderglielo. E la casa che voleva affittare? Probabilmente non la vedrà mai dal vivo.
Quindi … perché? Lorenzo si domandava il perché continuare a vivere quando poteva benissimo raggiungere i suoi amici e farla finita con quella follia. Aveva una pistola lì sul pavimento, pronta all’uso … poteva prenderla e spararsi. Poteva finirla.
E voleva finirla. Era stanco. Era stufo. Era già morto.
Ha preso la pistola in mano ripensando a tutti i film apocalittici che ha visto. Principalmente erano film con gli zombie, dove un gruppo di persone si salvava lottando con le unghie e con i denti per la propria sopravvivenza. Poteva diventare come loro. Poteva essere uno dei “sopravvissuti”.
Sopravvissuti a cosa però? A delle ombre? A una notte infinita? All’Apocalisse?
Lui non aveva un gruppo poi con cui sopravvivere poi. L’unica persona con cui era riuscito a parlare è morta.
Si è puntato la pistola alla testa e all’improvviso si è ricordato di quella volta che a scuola, durante l’ora di religione, la professoressa ha domandato: “voi cosa vorreste trovare dopo la morte?”.
Che domanda strana che ha fatto. Non si ricorda il contesto però, e neanche l’anno scolastico preciso. Si ricorda solo la faccia buffa della prof. e la domanda che aveva suscitato tante argomentazioni tra gli alunni in genere disinteressati alla materia.
<<Io non vorrei trovarci nulla.>> aveva detto lui.
<<Non vuoi andare in Paradiso?>> aveva chiesto la prof.
<<Non voglio andare all’Inferno!>> è stata la sua risposta furba, seguita da qualche risata. Il tono con cui l’aveva detto che lasciava intendere che se proprio le due cose esistevano, lui avrebbe avuto più probabilità di finire là sotto che là sopra.
Ma perché? All’epoca era stata solo una semplice battuta, ma a ripensarci bene, se le due cose dovessero davvero esistere, se questa fosse davvero l’Apocalisse, lui dove finirebbe? In Paradiso o nell’Inferno?
Ho mai fatto qualcosa di cattivo? Lorenzo ha iniziato a frugare nella memoria alla ricerca di un evento malvagio che lo ha visto come protagonista.
Si è ricordato di quando, a cinque anni, ha litigato con la sua cuginetta. L’ha spinta e le ha rotto gli occhiali. Ha pianto per tutto il giorno e lui si è anche beccato due ceffoni dalla madre.
Si è ricordato delle scritte fatte sul muro della scuola, specie nei bagni. Ma queste non sono cose cattive. Doveva aver fatto cose cattive, cose crudeli, cose orribili per finire all’Inferno, non queste sciocchezze.
<<Perché, tu ci credi?>> gli ha chiesto una sua amica nei suoi ricordi; questa è una discussione avvenuta tempo fa, quando andava alle medie.
<<A Dio?>> era stata la sua risposta <<Non lo so … però se esiste spero solo che … non mi faccia morire male.>> e i due avevano riso all’epoca.
<<Anche io! Voglio morire vecchia, con cinque figli e dieci nipotini che mi vogliono bene!>>
<<E in una bella casa.>>
<<Certo. In una villa morirò. E lascerò la mia eredità al gatto, così nessuno litigherà per averla.>>
<<E se uccidessero il gatto?>> le aveva risposto Lorenzo con un sorrisetto sul volto.
<<Nah. I gatti sono troppo furbi. Non si fanno uccidere. Il mio prenderà i soldi e scapperà all’estero.>>
Lorenzo stava piangendo, ma ha comunque sorriso al ricordo di quel momento. Quanto erano stupidi i loro discorsi … eppure era così bello farli …
Qualcosa di umido gli ha toccato la mano proprio in quel momento. Era il naso del suo cane, quello più vecchio, quello con cui giocava da quando aveva imparato a camminare. Nel guardargli il muso vecchio e stanco si è ricordato di quando da piccolo si divertiva a “lottare” con lui. Da piccolo quel cane era grande quanto lui dopotutto, i due potevano azzuffarsi e rotolarsi per terra come due piccoli fratelli.
Lorenzo è diventato il fratello maggiore ora. Alto e grosso com’è, è lui che deve occuparsi del cane.
Già. Quel cane, così come l’altro, sono suoi. Di sua responsabilità. Non sono gatti. Non gli poteva lasciare in eredità la casa sperando che poi scappassero all’estero per conto loro, non erano così furbi.
Il cane ha guardato negli occhi Lorenzo, e il ragazzo ha ricambiato. Erano scuri. Ma non erano vuoti. Quel cane, ormai vecchio e probabilmente più stanco e debole di lui, aveva ancora abbastanza forze per andare là a leccargli la mano e provare a consolarlo.
Non sapeva cosa stava succedendo. Non ne aveva idea. Eppure era lì, a guardare il suo padrone.
In attesa di nuovi ordini.
A quel punto Lorenzo ha chiuso a pugno la mano libera. Non voleva farlo attendere oltre.
<<Dobbiamo andare.>> gli ha detto <<Non so cosa sta succedendo bello, ma dobbiamo andare.>>
Il cane sembra averlo capito, perché ha emesso un debole ma convinto “wolf”. Lorenzo gli ha accarezzato la testa con un sorriso, si è alzato in piedi e nel mentre i due cani hanno ripreso a sventolare la coda il ragazzo si è guardato intorno cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle.
Nadia.
La pistola.
Il buco in testa.
Cosa è successo?
Le ombre non emettono rumore. Non parlano, se non bloccate da una porta. E anche in quel caso non sembrano loro a parlare, ma qualcun altro. Qualcos’altro.
Questa è un’informazione importante, la deve tenere a mente.
Poi cos’altro? Le ombre hanno un bersaglio fisso. La sua ombra personale “parla” con la sua stessa voce, insegue solo lui e ha più o meno la sua stessa forma. Quando Nadia era a terra la sua ombra si è buttata comunque su di lui, mentre quella di Nadia si è buttata su di Nadia, ignorandolo.
Poi cos’altro? Il coltello. Il primo giorno l’ombra era disarmata, ma anche Lorenzo. Il secondo giorno idem. Il terzo giorno Lorenzo aveva un coltello in mano, e così anche l’ombra … quindi l’ombra si arma solo se anche il suo bersaglio si arma, e si arma con la stessa arma usata dal bersaglio.
Nadia aveva una pistola, e infatti l’ombra di Nadia è apparsa con una pistola.
Ecco perché la serratura si è rotta. L’ombra di Nadia gli ha sparato!
Ed ecco risolto il mistero!
Le ombre non fanno rumore, quindi quando l’ombra di Nadia ha sparato non ha fatto rumore. Lorenzo ha visto la serratura cadere a pezzi ma non ha sentito gli spari. Per questo quando Nadia è corsa in camera ha iniziato a sanguinare. L’ombra le aveva sparato, ma la sua pistola, essendo anch’essa solo un’ombra, non ha fatto rumore.
Quindi quel buco in testa gli è apparso perché l’ombra in realtà ha premuto il grilletto. Lorenzo semplicemente non ha sentito lo sparo.
Tutti i pezzi stavano andando al loro posto. Era tutto chiaro.
Il ragazzo ha lanciato un ultimo sguardo rattristato alla donna. Ha appoggiato la pistola che le apparteneva sopra al suo corpo, augurandole di raggiungere i familiari se mai fosse andata in un aldilà. E, ovviamente, le ha anche augurato che quell’aldilà fosse il Paradiso.
Ha scritto un biglietto dopo quell’evento, una lettera i genitori avrebbero potuto leggere se mai fossero tornati a casa. Gli ha spiegato tutto, dal motivo per cui le luci sono state lasciate accese e del perché la loro amica Nadia fosse morta. Sulla lettera ha anche scritto il posto in cui stava andando, invitandola a seguirlo. Non sarebbero mai arrivati a destinazione probabilmente, ma sarebbero morti comunque quindi tantovaleva fare quel tentativo.
A quel punto si è messo in spalla il suo zaino e, alleggerito sia di pistola che di coltello, si è avviato verso la porta di casa, seguito a raffica dai cani che dopo tutti quei giorni erano felicissimi di poter uscire.
<<Farà freddo fuori.>> dice lui guardandoli, ma l’unica risposta che ottiene è un abbaio allegro da parte del cagnone più giovane <<Già, hai ragione.>> torna rapidamente in camera e cerca qualcosa da mettersi per coprirsi bene, ma non vuole rimanere lì dentro troppo a lungo e così non perde troppo tempo alla ricerca di guanti o cose così. Non ha mai usato certe cose poi.
Ha trovato una mascherina, una di quelle risalenti al tempo della pandemia globale, imbottita con del cotone all’interno e coperta di stoffa all’esterno. Produceva un sacco di calore quando la indossava ai tempi, quindi finché non trova di meglio decide di mettersi quella.
Ritorna di nuovo davanti alla porta di casa e guarda ancora una volta i cani, sempre in attesa di ordini.
Un’ultima uscita insieme, ecco quale sarebbe stata la sua eredità per loro. Se proprio doveva morire non lo avrebbe fatto lasciando i suoi cani marcire dentro una casa. Li avrebbe lasciati liberi, liberi di fuggire all’estero.
Prima di uscire Lorenzo ha controllato ancora una volta il suo telefono però, che era carico e pronto a partire: mancavano cinque ore alla mezzanotte. Non male. In quel lasso di tempo poteva trovare un rifugio, intrappolare la sua ombra in qualche stanza buia e poi provare ad ucciderla con un coltello solo dopo che è apparsa, così come aveva fatto i primi giorni.
Poteva usare la pistola di Nadia per finire le ombre una volta apparse, ma non voleva rischiare di ritrovarsi con un’ombra armata davanti. Non sapeva ancora come funzionassero, le sue erano solo speculazioni dopotutto, quindi ha deciso di agire con cautela.
Ha aperto la porta. Si aspettava di ritrovarsi in un mondo distrutto, post-apocalittico, abbandonato, fumante e inondato di ombre assassine alla ricerca di nuove prede … ma ciò che ha visto è stato così epico. Era semplicemente l’ingresso di casa sua di notte. Solo un po’ più freddo del solito. Solo un po’ più scuro del solito.
Molto più scuro anzi, come se i lampioni producessero meno luce di quanto dovrebbero.
Strofinandosi le mani e preparando il suo corpo al gelo che lo attendeva è uscito. Le chiavi di casa poteva lasciarle sul portone, come ai “bei vecchi tempi” quando tutti si fidavano di tutti. Se mai qualcuno fosse passato di lì avrebbe trovato un rifugio “sicuro” … almeno per un po’.
Quindi è uscito fuori. Ha preso la sua bici. Si è posizionato sul marciapiede. E si è messo in marcia.
Da solo.
Di notte.
Al freddo.
L’unica cosa che sperava, era di non morire male.