Terza notte

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Il mondo è messo peggio di quanto pensasse.
Quando la mezzanotte è arrivata Lorenzo si è messo davanti alla porta dello sgabuzzino, armato di coltello. Era tanto teso quanto terrorizzato, ma voleva avere la certezza di non essere pazzo, voleva essere certo che l’ombra assassina non fosse venuta da lì la notte prima, ma da qualche buco nascosto nel muro.
Magari un passaggio segreto che porta in giardino?
Quando è scoccata la mezzanotte lui ha avuto la sua risposta. I cani hanno alzato le orecchie in aria e dopo pochi silenziosi secondi la maniglia della porta dello sgabuzzino si è abbassata.
L’ombra era di nuovo lì.
La maniglia ha continuato ad abbassarsi a intervalli costanti e regolari, dopodiché la porta ha iniziato a battere, come se qualcuno la stesse prendendo a spallate.
Lorenzo è rimasto pietrificato mentre i suoi cani stavano abbaiando, ma non era un abbaio aggressivo, era molto simile a quello che fanno quando qualcuno bussa alla porta di casa.
Solo che questa volta qualcuno stava bussando alla porta dello sgabuzzino, da dentro lo sgabuzzino.
<<Oh … Dio.>> ha mormorato Lorenzo alla fine, quando il suo cervello ha finalmente accettato di non essere più nel mondo reale bensì in quello dei film horror. Guardava la porta pensando bene alla prossima mossa da fare: scappare? No, è buio fuori e non voleva smettere di guardare la porta. Era certo che se avesse distolto lo sguardo l’ombra sarebbe uscita da lì per magia.
E allora cosa? Bloccare la porta? Ma era già chiusa a chiave. Cos’altro poteva fare, metterci una sedia davanti? Un mobile?
Lorenzo ha continuato a fissare la porta paralizzato dalla sua stessa indecisione. Non sapeva cosa fare né il perché farlo, non sapeva come comportarsi. Di aprire la porta non se ne parlava, non aveva più le forze di combattere, non voleva più combattere. Il coltello che aveva in mano sperava di non doverlo più usare.
Anche allontanarsi dalla porta era un’opzione che lo terrorizzata. Non sapeva il come l’ombra fosse finita lì dentro, e se l’ombra è riuscita ad entrare in una stanza chiusa a chiave allora dovrebbe poter anche uscire da una stanza chiusa a chiave, no?
A quel punto il suo cervello ha iniziato a farsi delle domande.
Perché entrare in una stanza chiusa a chiave? Perché non entrare direttamente nel corridoio? L’ombra ha scelto lo sgabuzzino, proprio come il giorno prima … eppure poteva scegliere la camera da letto, no? O il bagno.
Qual era la differenza tra lo sgabuzzino e il bagno? La mancanza di finestra? No, sarebbe una cosa stupida. La mancanza di … oggetti? No, lo sgabuzzino è pieno di roba! E allora cosa …? La mancanza di luce? Ma l’ombra non sembra preoccuparsi molto della luce. E allora cosa? Lo sgabuzzino è infestato forse? L’ombra è la manifestazione di qualche povero disgraziato morto lì dentro?
Si sentono dei colpi di pistola, di nuovo. Lorenzo però non ci ha fatto troppo caso, rifletteva sulla natura del suo aggressore nel mentre la porta continuava a battere con forza; l’ombra non si voleva fermare, sembrava instancabile, e a quel punto a Lorenzo è venuta un’idea … provare a parlarci.
<<E-ehi … >> ha esordito timidamente e spaventato <<c … chi sei? Mi senti? Cosa vuoi?>>
<<Mi senti?>> è la risposta, una risposta che però gli ha gelato il sangue.
Punto primo … chiunque abbia parlato non ha smesso di dare spallate alla porta. È davvero strana come cosa, ma Lorenzo ha avuto l’impressione che a parlare sia stata un’altra persona e non quella che sta cercando di uscire da lì.
Punto due … quell’ombra ha una bocca? Può davvero parlare? Non se lo aspettava, non credeva che avrebbe davvero risposto.
Punto tre … la voce dell’ombra è disgustosamente familiare. Sembra la sua.
<<Cosa vuoi?>> ha continuato la voce dall’altra parte della porta <<Mi senti?>>
<<Sì, ti sento!>> ha risposto a questo punto Lorenzo <<Ti sento.>>
<<Ti sento.>> ha detto allora la voce.
<<A-anche io ti sento.>>
<<Anche io.>>
<<Bene.>>
<<Bene.>>
Lorenzo a questo punto ha deglutito <<Cosa vuoi da me? Perché sei qui?>>
<<Vuoi … me.>>
<<Vuoi … me?>> ha ripetuto con confusione il ragazzo.
<<Sì.>>
<<S-sì?>>
<<Sì.>>
<<Vuoi … me? O te?>>
<<Te.>>
<<Me?>>
<<Sì, te.>>
<<P-perché?>>
<<Perché sì.>>
Con il cuore che gli batteva forte il ragazzo si è guardato intorno alla ricerca di una via di fuga da quella situazione. L’ombra stava ancora dando spallate alla porta e lui era convinto che se si fosse allontanato quella porta si sarebbe aperta in qualche modo. Forse avrebbe ceduto e allora sarebbe stato preso impreparato.
Cosa poteva fare? Rimanere lì davanti per tutta la notte?
<<Vuoi te. Vuoi te! VUOI TE!>> ha iniziato ad urlare la persona dietro alla porta, però ancora una volta quella voce era … surreale. Le spallate erano costanti, robotiche, non sembravano date da una persona intenta ad urlare. Era tutto così strano …
Quelle urla però stavano facendo gelare il sangue di Lorenzo. Erano sempre più alte, arrabbiate, disperate quasi. Ed era la sua voce quella che sentiva … era come se fosse lui ad urlare in quel modo.
Stava impazzendo.
<<EHI, STAI CALMO!>> ha urlato dopo un po’ il ragazzo <<Non so cosa ti ho fatto ma tanto da qui non esci, hai capito? E se esci io ti … ti … ti pugnalo. Capito? Non ti conviene uscire.>>
<<Io ti pugnalo. TI PUGNALO!>> ha urlato di rimando l’ombra.
<<No, ti pugnalo io! Ho ucciso i tuoi amici ieri e l’altro ieri. Ammazzo anche te se provi a uscire. Capito?>> a Lorenzo tremava la voce dal terrore, quella minaccia era patetica anche alle sue orecchie.
<<No.>> ha risposto la voce senza smettere di battere alla porta <<Ho ucciso i tuoi amici ieri e l’altro ieri. Capito? Io ho ucciso i tuoi amici. Ammazzo anche te.>>
Quelle parole hanno fatto quasi bloccare il cuore di Lorenzo.
<<C … cosa?>> è l’unica parola che riesce a pronunciare il ragazzo.
<<Io ho ucciso i tuoi amici.>> ha ripetuto l’ombra scandendo bene ogni parola <<Io ammazzo anche te.>>
Ed è stato in quel preciso momento che il campanello di casa suonò. Lorenzo ha urlato per lo spavento, e sentendo il campanello i cani hanno iniziato ad abbaiare e saltare come facevano ogni volta che qualcuno bussava alla porta.
Tra l’ombra che aveva ripreso ad urlare, i cani che abbaiavano a gran voce e il campanello Lorenzo rischiava davvero di perdere la testa e impazzire. Ha iniziato a urlare “basta!” ai cani, che però non sembravano sentirlo; ad averlo sentito è stata l’ombra invece, che ha iniziato a urlare quella parola a squarcia voce.
Lorenzo non poteva rimanere là. Troppo rumore, non riusciva a pensare, aveva paura di avere un infarto. A quel punto si è messo a correre verso la camera e si è chiuso là dentro; solo il cane più vecchio lo ha seguito, quello giovane era corso verso l’ingresso dopo che il campanello aveva iniziato a essere premuto a raffica.
Lorenzo stava venendo divorato dalla paura, aveva il fiatone, ma dopo tutte quelle ore passate in costante terrore ormai il suo corpo ci aveva fatto l’abitudine. Spaventato o meno era ancora lucido, poteva ancora pensare.
Dalla sua camera sentiva ancora le urla dell’ombra. Erano lontane, provenivano sempre dallo sgabuzzino. Questo gli ha suggerito il fatto che da lì non poteva uscire.
Il campanello aveva smesso di essere suonato invece, ma non ha dovuto scervellarsi troppo sul perché dato che la risposta gli è arrivata subito.
<<LORENZO!>> urlava una voce familiare da lontanissimo, dal marciapiede <<LORENZO SEI IN CASA?>>
Lorenzo ha riconosciuto quella voce. Era la vicina … o la voce della vicina. Non poteva essere certo che si trattasse davvero di lei, l’ombra chiusa nel suo sgabuzzino aveva la sua di voce dopotutto. Forse quella a chiamarlo era un’altra ombra che tentava di entrare in casa.
<<LORENZO!>>
Il ragazzo ha riflettuto sul fatto che se davvero a chiamarlo da lì fuori era la vicina, allora poteva anche chiamarlo sul telefono. Perché stava urlando quindi? In una situazione del genere poi?
No, non poteva essere la vicina di casa. Che ci faceva la vicina di casa qui? Lei aveva un marito, aveva dei figli … pensando a ciò ha preso in mano il suo telefono. Ha cercato rapidamente il numero della vicina di casa per chiamarla e verificare la sua posizione, ma non lo ha trovato. Pensandoci bene si è ricordato di non esserselo mai salvato … sua madre
aveva quel numero, non lui.
Forse era davvero la vicina? Peccato che dalla sua camera non poteva vedere l’ingresso …
Il campanello ha ripreso a suonare dopo poco, e a quel punto Lorenzo si è deciso ad andare a vedere di persona chi ci fosse là fuori. Aveva paura a uscire dalla camera, aveva paura ad andare nell’atrio dove poteva essere aggredito da qualsiasi angolo … ma ha comunque deciso di farlo.
Coltello in mano, è uscito fuori accompagnato dal suo fedelissimo cane. Ha raggiunto l’altro, che era scodinzolante davanti la porta d’ingresso. Cercando di fare meno rumore possibile si è avvicinato allo spioncino e da lì ha visto chi era a suonare.
Una donna alta quasi quanto lui, molto robusta, dai capelli neri e con dei grossi occhiali da vista.
Nadia, la vicina. Era davvero lei.