L’amico

Maledico il giorno in cui mi è venuto in mente di invitarlo a casa. Mai mi sarei aspettato di ritrovarmi in una situazione così … surreale. Se qualcuno me lo avesse detto non solo non ci avrei creduto, ma lo avrei anche preso per pazzo.
Gioele … non so il come sia riuscito a ridurmi così, ma è successo.
Tutto è iniziato un po’ di tempo fa. Gioele si era trasferito da poco nella nostra scuola, e fin da subito si è dimostrato un ragazzo interessante: dopo pochi giorni già parlava con tutti, era facilmente entrato nel gruppetto dei fighetti della classe, e cambiava ragazza quasi ogni mese; era il tipico teppistello di strada che passa i fine settimana in discoteca, si vestiva come uno spacciatore e non dava particolare importanza allo studio.
Io in realtà non ero neanche interessato a conoscerlo. Avevo i miei amici con cui parlare, la mia ragazza con cui passare il tempo, e i miei problemi a cui pensare. Inizialmente infatti l’ho ignorato, e a parte un saluto ogni tanto non ci scambiavamo molte parole. Però c’era qualcosa in lui che fin da subito mi aveva attratto.
Le scarpe.
Per quanto possa essere imbarazzante ammetterlo ho sempre avuto un fetish per le scarpe, ma fino a quel momento guardavo solo quelle indossate dalle ragazze. Lui però mi ha fatto capire che in realtà sono attratto dalle scarpe sportive in generale, e quelle che si metteva lui erano le migliori in circolazione: sempre pulite, sempre lucide, e sempre in bella mostra dato che Gioele appoggiava i piedi sul banco della scuola o sulle sedie non appena poteva; delle volte lo faceva anche in presenza dei professori.
Gioele si era trasferito da poco nella nostra città, quindi in pochi lo conoscevano all’inizio. Col tempo ha iniziato a farsi un nome però, perché è presto entrato a far parte di un gruppo di teppisti piuttosto conosciuto: andavano in giro a fare risse e altre stronzate, e lui ne usciva sempre con qualche bella storia da raccontare.
Ad un certo punto è circolato un video. Non è diventato virale per sua fortuna, ma nella scuola lo avevano visto tutti tranne i professori. In quel video lui pestava un uomo che aveva più del doppio della sua età, un quarantenne … lo ha preso a pugni, ginocchiate e calci, ma solo dopo averlo messo al tappeto è iniziata la parte più … “interessante”.
Gioele lo ha umiliato in svariati modi: si è fatto prima baciare e poi leccare le scarpe, dopodiché ha costretto l’uomo a baciare le scarpe dei suoi amici, e infine lo hanno presoa calci e insulti, arrivando addirittura ad urinargli addosso.
Orribile, vero? Quel video mi aveva disgustato all’inizio, però non lo avevo rimosso dal mio cellulare, anzi lo avevo salvato nel mio computer e ogni tanto me lo riguardavo … per qualche strano motivo. È stato grazie a quel video che ho saputo che lui è un amante degli sport da combattimento: fa jiujitsu, muay thai e kickboxing, e dice di aver fatto per anni judo e karate.
Quel video ha avuto un effetto strano sulla sua popolarità. Al posto di dipingerlo come un bullo da evitare, è improvvisamente diventato il ragazzo più figo della scuola; i suoi profili social sono passati da una media di 200-300 seguaci a una media di 3mila. Il motivo è semplice: l’uomo che è stato pestato era un quarantenne che da ubriaco ha allungato le mani su una ragazzina, quindi Gioele è diventato una sorta di “vigilante” agli occhi dei ragazzi.
Quel video ha avuto un effetto strano anche su di me. Malgrado mi avesse fatto schifo inizialmente, da quando l’ho visto la mia ossessione per le sue scarpe è aumentata. In quel video lui camminava sopra alla sua vittima, lo prendeva a calci, gli saltava sulla schiena, e lo costringeva a baciare e leccare le sue scarpe … e a me rivedere quelle scene piaceva. Un giorno ho addirittura sognato di essere picchiato e preso a calci da lui, ed è stato un sogno così intenso e piacevole che mi ha fatto venire … quella era la prima volta che venivo per un uomo e non una donna.
Non sapevo il cosa mi stesse prendendo. Più il tempo passava più il mio interesse per lui aumentava.
Dopo qualche settimana ho iniziato a parlargli. Lui è un tipo arrogante e un po’ fastidioso, però è socievole. Gli piace parlare con tutti, anche se non a tutti piace parlare con lui. Così ho iniziato a salutarlo più spesso, ho iniziato a girargli un po’ a torno, e ho provato anche ad avere delle discussioni con lui … ma niente da fare. A parte un saluto non mi degnava della minima attenzione, neanche di uno sguardo.
Era socievole, sì, ma aveva sempre qualcuno di più interessante di me con cui parlare.
Così un giorno mi è venuta in mente un’idea stupida. Io per andare a casa prendevo il treno, lui invece l’autobus. Volendo anche io potevo prendere l’autobus però; avrei allungato moltissimo la strada, ma avrei aumentato le mie possibilità di avere delle discussioni con lui, e così ho iniziato a prendere l’autobus a mia volta.
Purtroppo lui era circondato dai suoi amici anche lì sopra, e quando qualcuno mancava occupava i sedili liberi intorno a lui o con il suo zaino o mettendedoci i piedi sopra; spesso lasciava i suoi piedi lì sopra anche in presenza di persone che magari avrebbero preferito sedersi, e finché qualcuno non glielo chiedeva lui non li toglieva.
Quel comportamento strafottente, per qualche motivo, mi faceva ribollire la pancia … ma non di rabbia, bensì di qualcosa di più simile al piacere.
Un giorno sono stato fortunato comunque. Anche se forse dovrei dire sfortunato, considerando come è andata a finire.
Era una giornata un po’ buia e nuvolosa, a scuola mancavano quasi tutti, e di ritorno l’autobus era quasi del tutto vuoto così mi sono seduto affianco a lui per la prima volta da quando lo conosco.
Lui aveva la testa chinata sul suo telefono; stava leggendo gli appunti di matematica.
<<Ehi, Gio. Ti … ti serve una mano?>> gli ho chiesto.
Lui mi ha lanciato un rapido sguardo <<Sai fare questi esercizi?>>
<<Sì, senza problemi. Sono quelli che la prof ti ha dato per recuperare l’ultima verifica, giusto?>>
<<Sì. Se li sai fare te li mando per telefono. Mi servono per domani, quindi rimandameli stasera o al massimo domani mattina.>>
A quelle parole ho esitato un attimo; mi stava letteralmente chiedendo di fargli i compiti … anzi no, non era una richiesta quella, stava parlando come se mi fossi proposto di farglieli.
<<C … certo, posso aiutarti … se vuoi …>> è stata la mia risposta poco convinta; non avevo alcuna intenzione di fargli i compiti, però allo stesso tempo non volevo apparire antipatico durante la nostra prima vera conversazione.
<<Perfetto.>> ha risposto lui <<Oggi devo allenarmi, non ho tempo per questa merda.>>
<<Va bene … quindi … ehm … quanti sono?>>
<<Trenta esercizi, tra cui cinque problemi. Ma sono facili tranquillo.>>
Io ho sospirato. Trenta problemi … ci avrei messo sì e no 3 ore a farli tutti, forse anche di più, e sapere questa cosa mi stava rapidamente facendo passare la voglia di aiutarlo …ma poi l’ho sentito esclamare: <<Cazzo!>>
<<Che è successo?>> gli ho chiesto io.
<<Non posso mandarteli! Questa applicazione ha l’anti-cheat installato!>>
<<Tutte le app scolastiche hanno l’anti-cheat. Altrimenti sarebbe troppo facile fare i compiti, li faremmo tutti fare dalle A.I.>>
<<Che palle … e ora? I compiti li devo per forza fare sulla mia app.>>
Io non ho risposto ma dentro di me mi sentivo sollevato e stavo ringraziando il cielo di quel colpo di fortuna … la sola idea di passare tre o più ore a fare i compiti di qualcun altro mi dava il ribrezzo.
Mentre Gioele continuava a lamentarsi, io ho spostato la mia attenzione sulle sue scarpe. Aveva i piedi appoggiati sul sedile davanti al suo, incrociati; calzini corti e bianchi, scarpe sportive, pantaloni stretti alle caviglie …penso di averli guardati ininterrottamente per ben venti minuti prima di farmi forza e decidere di fargli una foto di nascosto.
Ho preso il telefono in mano, ho fatto finta di star guardando un video mettendomi le cuffiette, e poi l’ho scattata.
Il telefono però ha fatto il flash a causa della bassa luminosità di quella giornata nuvolosa.
Si dice che chi è in punto di morte rivede tutta la sua vita davanti agli occhi … e penso che questa voce sia falsa, perché nei pochi istanti successivi al flash io mi sono sentito morire, ma l’unica cosa a cui ho pensato è stata l’immensità della mia idiozia.
Ho spostato lentamente lo sguardo verso Gioele aspettandomi una qualche reazione aggressiva o stranita, però lui aveva ancora la testa chinata sul suo telefono.
Io stavo trattenendo il fiato per la paura, ma alla fine non è successo nulla. Sembrava che Gioele non avesse notato il flash, anche se in cuor mio sapevo che non era così… è stato praticamente un lampo improvviso a ciel sereno, impossibile da non notare … eppure Gioele aveva completamente ignorato l’evento.
Quando finalmente è arrivato il mio momento di scendere dall’autobus mi sono alzato senza neanche salutare, troppo nervoso e spaventato per farlo, ma lui mi ha fermato immediatamente.
<<Dove vai?>> mi ha chiesto, lanciandomi uno sguardo quasi confuso.
<<Uhm … i-io scendo qui. Devo prendere il treno per tornare a casa.>> gli ho spiegato.
<<Devi aiutarmi con i compiti. Siediti.>> è stata la sua risposta.
<<M … ma hai detto che non puoi mandarmeli.>>
<<Infatti li fai sul mio telefono.>>
<<Ora?>>
<<Dopo. Mentre mi alleno.>>
<<D … dopo?>>
<<Sì. Ora mangio, poi mi alleno. E tu fai i compiti.>> detto ciò è tornato a guardare lo schermo del suo cellulare, come se la discussione fosse terminata lì; io ero così stordito che sono rimasto in piedi per alcuni minuti senza sapere bene cosa dirgli.
Me ne potevo andare tranquillamente, però lui mi stava praticamente invitando a casa sua … come potevo rifiutare?
Sono tornato seduto affianco a lui, sebbene con un po’ di incertezza.
Il resto del viaggio è stato silenzioso. Lui si è messo ad ascoltare la musica, mentre io mi sono messo a guardare dei video. Ogni tanto alzavo gli occhi verso le sue scarpe … erano uno spettacolo bellissimo, lì in bella vista sul sedile dell’autobus.
Le cose sono andate avanti così fino a quando non siamo entrambi scesi dall’autobus.
<<Seguimi.>> mi ha detto lui una volta giù, e senza dire altro mi ha fatto strada fino ad un locale che pareva un bar ma che in realtà vendeva anche dei primi e dei secondi piatti … una sorta di tavola calda.
<<Mangiamo qui?>> gli ho chiesto io.
<<Io mangio qui.>> mi ha risposto lui, dopodiché ha ordinato un vero e proprio pranzo, e io lo ho imitato perché non sapevo cos’altro fare.
Anche in quel frangente non abbiamo parlato per niente. Lui mi ignorava, è stato sempre col telefono in mano, io invece ero perplesso e nervoso e non sapevo il cosa stessi facendo lì e il come fossi finito in quell’assurda situazione.
Dopo aver mangiato si è lasciato andare in un rumoroso e soddisfatto rutto, dopodiché ha preso la mia attenzione e ha indicato il cassiere con un cenno della testa <<Paghi tu.>> mi ha informato.
<<C … cosa?>>
<<Non ho soldi con me.>>
<<N-neanche io!>>
<<Tu hai la carta. Paghi sempre con quella al bar della scuola.>> è stata la sua risposta.
<<Sì ma … non ho tanti soldi dentro.>>
<<Tu non eri quello con la piscina in casa?>>
<<Che … che vuol dire?>>
<<Che i soldi dovresti averceli, no?>> detto ciò è tornato a concentrarsi sul suo telefono.
Ero furioso, la sola idea di essere stato trattato così mi faceva ribollire il sangue di rabbia. Prima mi dice di fargli i compiti, poi di pagare per il pranzo … in quel momento stavo davvero pensando di rispondergli male.
Ma non l’ho fatto perché ho spostato lo sguardo sulle sue scarpe ancora una volta: aveva un piede comodamente appoggiato sulla sedia affianco alla mia, e quella visione mi ha fatto riflettere sul fatto che andare a casa per fargli i compiti significava anche avere accesso alla sua collezione di scarpe sportive. Perché rovinare questa possibilità per un pranzo? Aveva ragione, a me i soldi non mancavano quindi non me ne importava molto di pagare per lui… era il suo modo di parlare che mi infastidiva, ma ho deciso di lasciar correre e di assecondarlo.
Quella era la prima volta che gli pagavo qualcosa … e non sarebbe stata l’ultima.

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