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Ed eccomi qua!
Questo sì che è stato un viaggio rapido, ora però devo capire dove sono finito.
Mi guardo intorno sfruttando la mia capacità di vedere abbastanza bene anche nella penombra. È vero, non posso vedere al buio come quasi tutti gli umani credono, però è anche vero che a noi felini basta un piccolo barlume di luce per avere una visione chiara dell’ambiente circostante.
Vediamo un po’ … sono in una camera da letto. La luce che entra dalla finestra basta e avanza per farmi notare molte cose, tra cui l’arredamento della stanza e i vari oggetti che contiene.
Vecchi giocattoli in disuso, un computer portatile sopra una scrivania, un letto occupato da un umano, degli armadi, un pavimento abbastanza polveroso … una stanza normale oserei dire. Nulla di strano.
Il mio bersaglio è sul letto, sta dormendo. Non avrò un udito canino ma sento il suo respiro da qui. Percepisco anche il suo odore nell’aria, quindi questa è sicuramente la sua stanza.
Mi avvicino al letto. Il materasso non dista molto da terra quindi non fatico ad arrivare là sopra con un balzo, e una volta fatto mi avvio verso la faccia dell’umano: devo assicurarmi che sia davvero lui e che non abbia sbagliato bersaglio.
Uhm, vediamo un po’ … non vedo rughe, tatuaggi o cicatrici … i capelli sono biondi e giudicare dal volto pare molto giovane. Sì, è lui.
Perfetto, e ora iniziamo con la prima parte del piano.
Con la coda inizio ad accarezzargli il collo, poi il mento e infine la punta del naso. Il risultato è quello che speravo: dopo essersi agitato un po’ nel sonno apre lentamente un occhio per capire cos’è che gli sta dando fastidio, e per qualche secondo mi fissa senza fare nulla.
Il suo occhio è scuro, marrone, ed è immobile. Probabilmente sta ancora un po’ dormendo quando decido di miagolargli in faccia, e questo mio gesto lo fa svegliare completamente. Vedo le sue pupille dilatarsi di colpo per adattarsi all’oscurità della stanza, e un attimo dopo si tira su con un espressione per metà sorpresa, per metà spaventata e per metà assonnata.
Mi guarda senza sapere bene cosa sta accadendo, aguzza lo sguardo per assicurarsi di essersi davvero svegliato, strabuzza gli occhi per scacciare la pesantezza delle palpebre, e una volta constatato che io sono davvero davanti a lui salta giù dal letto e corre ad accendere la luce.
Io mi limito a rimanere seduto nel punto in cui ero prima, e lo guardo in attesa di una sua mossa.
A giudicare dal volto è spaventato, e lo posso capire: si è svegliato nel bel mezzo della notte con un gatto del tutto sconosciuto davanti al muso, quindi è già tanto se non si è messo a urlare o a prendermi a calci.
<<Mamma!>> lo sento dire a un certo punto mentre apre la porta senza però distogliere lo sguardo da me <<Ma’!>> ripete con voce più alta, e notando che non risponde si volta rapidamente verso l’esterno della stanza <<MAMMA!>>
<<A-arrivo!>> sento dire dalla voce di una donna lontana <<Un attimo!>> dopo aver sentito pochi rapidi e pesanti passi vedo fare capolino una donna alta e in pigiama <<Che c’è?>> domanda al figlio, e lui in tutta risposta mi indica.
<<Guarda lì.>> dice, e la madre sposta il suo sguardo stordito e infastidito verso di me.
Anche lei si è appena svegliata, quindi deve prima strofinarsi gli occhi e mettermi a fuoco per capire bene cosa sono, ma dopo essersi avvicinata di qualche passo sembra finalmente comprendere la mia natura.
<<Ma è un gatto.>> dice lanciando uno sguardo perplesso al figlio <<Mi hai svegliata per un gatto?>> gli chiede con tono quasi rimproverante.
<<Sì!>> esclama lui <<C’è un gatto in camera mia!>>
<<S-sì, questo lo vedo …>> fa lei sbadigliando.
<<E cosa ci fa qui?>> continua lui.
<<Beh, questo non lo so.>> lei si strofina ancora una volta gli occhi e torna a guardarmi con rinnovata curiosa <<Uhm … beh è carino però. Guarda che occhi che ha. Tutti gialli.>>
<<Mamma …>>
<<Ma è vero!>> fa lei avvicinandosi ancora; ora è proprio davanti a me e mi sta studiando con lo sguardo <<Ha degli occhi stupendi. Pure il pelo non scherza. Sembra fatto d’oro. Questo è proprio un bel gattino.>>
<<Attenta che ti morde se ti avvicini troppo!>>
<<Ma dai! Non è mica un cane. I gatti non mordono, vero?>> lei avvicina il suo indice al mio volto, probabilmente per toccarmi il naso, e io per tutta risposta gli lecco la punta del dito e inizio a fare le fusa <<Oh … guardalo, che cucciolo!>>
Il ragazzo sospira nel sentire le parole addolcite della madre, e si avvicina con meno ansia e tensione di prima; mi guarda con ancora un po’ di sospetto ma la paura sembra scomparsa.
<<Che ci fa in camera mia?>> domanda <<La finestra è chiusa. La porta era chiusa. Come ha fatto a entrare?>>
La donna mi prende in braccio mentre il figlio parla, e inizia a coccolarmi. Io seguo il copione e continuo a fare le fusa e miagolare dolcemente. So perfettamente che la madre del mio bersaglio adora i gatti, specie se sono piccoli come me.
<<Non so come sia entrato>> dice lei iniziando a camminare <<ma sicuramente ha fame.>>
<<Ha fame?>>
<<Sì! Vedi che faccia che ha?>>
<<Ma è un gatto! Tutti i gatti hanno quella faccia!>> protesta il figlio mentre la segue.
<<Ma che dici? Questa è la faccia che fanno quando hanno fame.>>
Vengo portato in cucina. La donna mi lascia sul tavolo dopodiché prende una ciotola e apre il frigo tirando fuori una scatola bianca. Il ragazzo nel frattempo mi fissa sempre a distanza di sicurezza, come se avesse paura di essere assalito da un momento all’altro. È veramente sospettoso questo umano.
<<Mamma …>> parla ancora dopo che ci siamo guardati negli occhi per circa cinque secondi <<non ti sembra strano che sia entrato in casa nostra anche se tutto era chiuso?>>
<<Magari avevi la finestra aperta.>> continua lei versando del liquido bianco dentro la ciotola.
<<Ma se ti ho detto che era chiusa!>> ribatte subito lui.
<<Sicuro di averla chiusa bene?>>
<<Sì!>>
<<Sicuro, sicuro, sicuro?>>
<<Sì, ti dico di sì, era chiusa! Vai a vedere anzi, non l’ho toccata quando mi sono alzato. Scommetto che è ancora chiusa!>>
<<Forse era già in camera tua allora.>> ipotizza lei.
<<E come ho fatto a non vederlo fino ad ora?>>
<<Forse eri distratto. Sei sempre distratto tu …>>
<<No! Nessuno si distrae così tanto da non vedere che in camera sua c’è un gatto!>>
<<Tu potresti farlo, fidati.>>
<<Mamma!>>
<<Beh, forse era nascosto sotto al tuo letto e non lo hai visto.>>
<<E che ci faceva lì?>>
<<Non lo so, ma se tu pulissi più spesso la tua stanza forse non ci troveresti gli animali là dentro. Se invece fai il pigrone ecco cosa succede.>>
<<Ma … ma che c’entra questo ora? I gatti non sono mica ratti!>> protesta ancora lui.
<<Magari è entrato un topo e il gatto l’ha seguito.>>
<<Ma mica vivo in una fogna! È pulita la mia stanza!>>
<<Se lo dici tu … Ma intanto era nella tua stanza che c’era un gatto selvatico, non nella mia.>>
La madre appoggia la ciotola davanti a me. Io annuso il liquido che contiene e dall’odore intuisco che si tratta di latte.
Uhm … latte … per quanto buono possa essere mi farà venire la diarrea se ne bevo troppo. Però un paio di gocce non me le toglie nessuno. Spero solo che sia latte intero e non scremato.
<<Guarda che carino che è …>> commenta la donna mentre bevo <<probabilmente si è perso, povero cucciolo.>>
<<Sì, si è perso dentro camera mia.>> continua il figlio <<Sul mio letto. Davanti a me.>>
<<Forse è andato da te per chiedere aiuto.>>
<<Certo, infatti è risaputo che uno dei tipici comportamenti dei gatti randagi è proprio quello di chiedere indicazioni agli umani quando si perdono.>> commenta con ironia lui.
<<Magari non è randagio.>> continua la madre.
<<Non mi sembra che abbia un collare però.>>
<<Sì, ma guarda che pelo che ha. È troppo bello per essere randagio. I gatti randagi sono sporchi, questo qui è dorato invece. Sembra uscito da una lavanderia.>>
<<Sì ma comunque sia questo gatto mi ha svegliato mentre dormivo. L’ho trovato sopra al mio letto che mi fissava.>>
<<Vuol dire che gli piaci!>> dice subito lei accarezzandomi la testa <<Guarda quanto è bello … e comunque non possiamo continuare a chiamarlo gatto. Dobbiamo dargli un nome.>>
<<Un nome?>> fa lui <<Scherzi? Mica è nostro!>>
<<Beh ma finché è qui dobbiamo pur chiamarlo in qualche modo, no?>>
<<Sì, gatto. È un gatto, chiamiamolo gatto!>>
<<Ma no, poverino.>>
<<Ma non è un offesa! È un gatto! Come vorresti chiamarlo se no? Felino?>>
<<Chiamiamolo Toffo!>>
<<Toffo?>> esclama il ragazzo con disgusto.
<<Batuffolo?>>
<<Mamma, ti prego …>>
<<Batoffo!>>
<<E se invece chiamassimo qualcuno che lo venga a prendere, così torniamo a dormire e basta?>>
<<E chi?>>
<<La lavanderia da cui è uscito.>> è la sua ironica proposta.
<<Le lavanderie sono chiuse a quest’ora.>> è la risposta acida della madre.
<<E allora chiama un canile.>>
<<Non esistono canili per gatti.>> continua lei.
<<E allora buttalo fuori dalla finestra! È pieno di gatti randagi lì fuori, si farà un sacco di amici. E i gatti cadono sempre in piedi, quindi non si farà neanche male.>>
<<Batoffo, non lo sentire.>> si limita a dire lei rivolgendosi a me <<Lui è sempre così quando lo svegliano, vedrai che dopo si calma e diventa simpatico.>>
<<Oddio …>> sento dire dal ragazzo <<vabbè ma’, facci quello che vuoi con lui, basta che non lo fai entrare in camera mia. Io vado a dormire che sono le quattro di mattina. E domani devo pure andare a scuola, cazzo …>>
<<Ecco, bravo, vai a dormire e modera le parole, che stai disturbando Batoffo.>>
<<Sì ma tu non chiamarlo così. Non sappiamo neanche se è un maschio.>>
<<Sì che è un maschio, ho controllato prima.>> risponde la mamma.
<<Sì ma non chiamarlo Batoffo. Ti prego. Chiamalo … che ne so … >>
<<Batoffo va benissimo. Gli sta bene come nome.>>
<<Sì, certo. Finché non ti graffia e non ti attacca la rabbia.>>
<<I gatti non hanno la rabbia.>>
Il ragazzo sospira in modo sconsolato <<Vabbè, ciao.>> detto ciò lo sento allontanarsi; rialzo la testa dalla ciotola solo per vederlo uscire dalla cucina e dirigersi nuovamente in camera sua.
<<Non fare caso a lui, Toffo.>> sento dire dalla madre mentre mi da un’altra piccola carezza <<Domani cercheremo il tuo padrone, va bene? E se non ne hai uno rimarrai qui con noi.>>
Io lancio uno sguardo alla donna: ha gli occhi scuri come il figlio, e sembra davvero felice di poter coccolare un tenero gattino come me.
Beh, che dire … Per ora sembra filare tutto liscio come l’olio.