Non nati 1/5

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Il soggetto che stiamo prendendo in esame si chiama Simone.
Da quello che so lui è stato uno dei primi umani a esseri nato senza genitori. Non nel senso che era orfano, ma nel senso che è stato creato artificialmente in laboratorio.
È nato in un sito di coltivazione sperimentale monitorato e autorizzato sia dall’Unione Europa che dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, cosa che lo ha ufficialmente reso uno dei primi esseri umani a essere stato legalmente creato.
Quelli come lui erano riconoscibili da un semplicissimo dettaglio: non avevano l’ombelico. Dettaglio che in molti ignoravano però, perché nessuno era ancora abituato a questa nuova realtà. Questa tecnologia era nuovissima dopotutto, e aveva travolto l’umanità con improvviso anticipo. Nessuno si aspettava di poter creare un umano già dal ventunesimo secolo, e quando la Divine Tech Company ha fatto sapere di poterlo fare in molti non ci hanno creduto … inizialmente.
La tecnica usata dalla DTC è stata tenuta segreta però, ed era anche impossibile da replicare. Ciò ha portato a molte cose, tra cui al fatto che i privati, le aziende e i singoli individui non hanno potuto abusarne, solo le nazioni e i soggetti più ricchi e potenti del mondo hanno potuto sfruttare questa tecnologia.
Sono sorte varie regole e varie leggi da rispettare, se ne è parlato un po’ nei giornali e in televisione, ci sono state anche un po’ di proteste a sfondo umanitario e religioso … ma poi tutto si è zittito. Tra un attacco terroristico, un mezzo disastro ambientale, una pandemia globale e altre vicende più “interessanti” e “attuali”, le persone si sono velocemente dimenticate di questo argomento.
I governi no però.
L’Italia, ad esempio, era il governo europeo con il più alto numero di anziani tra la propria popolazione. Ciò era un bel problema all’epoca, cosa che le ha dato il diritto di richiedere dalla DTC una coltivazione legale di umani, così da poter risolvere il problema creando nuovi giovani senza dover necessariamente importare immigrati da altri luoghi.
Essa è stata forse la prima nazione ad averlo fatto in modo così diretto ed aperto. Era certo che altre nazioni lo stessero già facendo, ma in segreto.
Dopo una lunga trattativa, l’Italia ha ordinato un numero di umani pari a dieci milioni di individui: cinque milioni di maschi e cinque milioni di femmine, da distribuire equamente su tutto il territorio italiano nell’arco di 25 anni, per un totale di 400.000 nuovi (non) “nati” all’anno.
Questi umani sarebbero stati messi all’interno di orfanotrofi creati appositamente per l’occasione, orfanotrofi gestiti in parte dallo stato italiano, in parte dall’Unione Europea e in parte dalla DTC.
Gli orfanotrofi in questione davano una grande libertà ai bambini che ospitavano, erano sempre puliti e ben tenuti, il cibo era diverso ogni giorno, e la struttura era tecnologicamente all’avanguardia.
Videogiochi, televisori, letti ad acqua, piscine … c’era tutto lì dentro. E Simone ha passato la sua infanzia dentro uno di questi.
Avendo dato la possibilità di poterlo fare, i bambini venivano adottati proprio come quelli messi nei normali orfanotrofi … ma da quello che ci sembra di capire le adozioni non sono state quasi mai “felici”, quasi tutti volevano far ritorno all’interno dell’orfanotrofio, non solo per continuare a stare con chi ormai consideravano fratello ma anche perché questi orfanotrofi erano ottimi posti in cui vivere, dotati di ogni lusso che un bambino potrebbe volere.
Simone è uno dei “fortunelli” che ha evitato l’adozione.
All’età di diciotto anni è stato introdotto al mondo del lavoro, e da quel momento in poi ha avuto libertà e privilegi che gli altri bambini non potevano avere, come ad esempio una cameretta privata e la possibilità di dormire fuori la notte.
Fu poco dopo il compimento del suo ventesimo anno d’età che le cose cambiarono.
Era un giorno qualunque, e lo sto rivivendo tramite i suoi occhi proprio in questo momento.
Simone è in giardino, tranquillo. Sta chiacchierando con tre suoi amici, un altro maggiorenne e due minorenni. Niente di strano sta accadendo, e non ci sono grosse novità all’orizzonte. È una giornata normale passata in modo normale.
I bambini che passeggiano per il giardino dell’orfanotrofio lo salutano spesso. Lui è uno dei ragazzi più conosciuti, è preso come esempio e modello per molti, è visto come un fratellone maggiore dai piccoletti e come fonte d’ispirazione per quelli più grandi: è uno dei più bravi nelle attività sportive e in quelle didattiche, ed è anche quello che ha le migliori storie da raccontare dato che spesso esce fuori sia per lavorare che per divertirsi con amici esterni all’orfanotrofio.
All’improvviso il suo sguardo ricade su una figura che gli pare famigliare però. Un ragazzino alto, dall’aspetto apparentemente esile e dai capelli scuri … un ragazzino che però non vedeva da anni.
Simone si alza dalla sedia su cui è seduto, dice che ritornerà a breve ai suoi amici e avanza curioso verso il ragazzo ormai sedicenne che è stato adottato all’età di dodici anni.
Il nome del ragazzo era Elia Gumiero.