Nel nulla 5/5

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<<Cosa è successo a quel punto?>>
Elia sospira <<Beh … ero così impanicato che non ricordo molto. Ho urlato un sacco credo, e facendolo mi sono reso conto che l’unica voce che sentivo era la mia. Marco non era più con me, era sparito anche lui. C’ero solo io e … basta. Ed era tutto fottutamente buio.>>
<<Non c’era proprio nessuna fonte di luce?>>
<<Beh, sì, c’era in realtà. Quando i telefoni si sono spenti è diventato tutto buio, ma io non mi ero mosso dal punto in cui ero. Ero rimasto dove c’era la porta. Quindi dopo un po’, quando ho capito che ormai Marco era scomparso e che ero da solo, mi sono girato e a memoria ho raggiunto la maniglia. Ho aperto la porta e dall’altra parte c’era Fenny.>>
<<Lei brillava ancora?>>
<<Pochissimo. E in lontananza. Ma sì, brillava ancora.>>
<<Suppongo tu l’abbia raggiunta.>>
<<Cazzo sì. Era l’unica cosa che potevo vedere. L’unica. Sono corso verso di lei senza esitazione. Ero anche scalzo, quindi mi sono pure fatto male uscendo di casa, ma non me ne fregava nulla. Sono corso verso di Fenny e l’ho recuperata. Era debolissima. Caldissima. E sporca di cenere. Il pelo sembrava che stesse bruciando, pian piano, tipo brace.>>
<<Cos’hai fatto a quel punto?>>
<<Mi sono guardato intorno. Mi sentivo come se fossi davvero in un fondale marino. Era tutto così … troppo buio. Non era normale. Ma niente era normale ormai. Poi ho iniziato a sentire delle voci. E della musica, tipo … concerto? Orchestra? Non lo so. Era tutto lontanissimo.>>
<<Che voci sentivi?>>
<<Di persone. Adulti e bambini. Mi sono spaventato e sono corso all’indietro verso la casa. Non la vedevo ovviamente ma sapevo che era lì. Ho raggiunto l’entrata e ho sentito dei passi sia davanti che dietro di me. Alcuni passi erano pesanti e veloci, altri leggeri. Ho avuto paura anche ad aprire bocca, la luce di Fenny non bastava neanche a farmi vedere dove mettevo i piedi poi, quindi … beh, mi sono cagato sotto. Non sapevo cosa fare. Non sapevo se rientrare o no. E alla fine ho deciso di no.>>
<<Cos’hai fatto?>>
<<Ho cercato un angolino in cui nascondermi. Non volevo che quei “passi” mi trovassero. Ma poi ho anche sentito dei pianti.>>
<<Pianti?>>
<<Sì. Erano lontani e sommessi. Per un attimo ho pensato che si trattasse di Brigitte, volevo provare a chiamarla, ma avevo troppa paura per farlo quindi sono stato zitto. Non sapevo neanche dove andare o come muovermi. Mi sono solo appoggiato al primo muro che ho trovato e mi sono accovacciato lì. E mi sentivo comunque troppo scoperto.>>
<<Ti sei più mosso da lì?>>
Elia scuote la testa <<No. Fenny sembrava che stesse per morire. Si è spenta, lentamente. Quando ha smesso di fare luce non ho più visto nulla. Quindi ho chiuso gli occhi e ho solo sperato di non morire con lei. Di non essere mangiato o preso da qualcosa. Di non … di non essere finito all’inferno.>> dice lui con un sorrisetto un po’ imbarazzato <<Dio, che paura che avevo. Ero certo di star impazzendo. Il cuore batteva così forte che rischiavo un infarto. A dire il vero se fossi morto d’infarto … cioè a posteriori ammetto che non sarebbe stato bello, ma in quel momento se avessi avuto un infarto e fossi svenuto tipo, sarei stato felicissimo. Non volevo rimanere un secondo di più lì.>>
<<E alla fine cos’è successo?>>
<<Ho sentito altri passi. Erano lontani ma stavano puntando a me, ne sono certo. Sentivo che si stavano avvicinando. Non ho avuto il coraggio né di aprire gli occhi né di alzare la testa. L’avevo abbassata, nascosta tra le gambe. Non volevo sentire né vedere nulla. Quei passi si stavano avvicinando però, sempre di più. Si facevano sempre più vicini e pesanti. Ho trattenuto il fiato. Ero certo che fosse arrivata la mia ora. Pensavo di essere morto.>>
<<E invece?>>
<<I passi erano proprio davanti a me. Non avevo il coraggio di muovermi. Avevo Fenny stretta in una mano ma a causa della paura e la tensione la stavo stringendo forte. Troppo forte. Neanche ci pensavo a lei. L’ho stretta così forte che ha iniziato a diventare calda. Caldissima. Normalmente avrei lasciato la presa, stavo impazzendo dal dolore, ma non volevo muovermi, volevo far finta di non essere lì, e così ho stretto forte il pugno e ho cercato di ignorare il dolore. E lei … si è sciolta.>>
<<Si è sciolta?>>
<<Sì. È diventata come sabbia. Sabbia bollente. Cenere. E non appena è successo … tutto è tornato normale. I pianti si sono fermati. I passi sono scomparsi. E al posto di quella strana musica e quelle strane voci sono tornato a sentire la voce della televisione, quella che avevamo lasciata accesa in salone ad alto volume.>>
<<Tu cosa hai fatto a quel punto?>>
<<Avevo i brividi ovunque. Sono rimasto immobile per un po’. Un bel po’. Poi però ho avuto il coraggio di aprire gli occhi e … beh, era tutto normale. Il buio era scomparso, anche se era notte. Lì non ci sono alberi quindi la notte è molto luminosa, la luce della luna e delle stelle si riflette sul mare e quindi non è mai davvero buio. In quel momento mi sono reso conto che mi ero messo sul portico di casa, quindi mi sono tirato su e guardandomi la mano ho notato che era piena di cenere. Molta era caduta a terra. Ho lasciato perdere e sono corso dentro casa per cercare i miei amici … ma niente. Era vuota. I loro telefoni squillavano ma nessuno rispondeva. Tranne quello di Tommy. Il suo non squillava neanche … il suo numero risultava inesistente.>>
<<Cosa hai fatto poi?>>
<<Non ho dormito quella notte. Sono stato fuori, sulla spiaggia. Mi sentivo più al sicuro lì. A un certo punto è arrivata la polizia e … boh, non ci ho più capito nulla. Cercavano di parlare inglese per comunicare con me, ma sia io che loro non eravamo proprio ferrati in quella lingua. Il giorno dopo ho chiamato i miei genitori. Non gli ho detto tutto, ho solo detto che era successo un casino e che mi serviva aiuto. Loro mi hanno detto di denunciare le scomparse e poi andare al centro cittadino, in un hotel, e provare a riposarmi. Mi hanno detto che stavano cercando di capire come aiutarmi. Alla fine è andato tutto bene comunque. E per quanto riguarda Fenny … l’ho ritrovata. Sul portico della casa, dove c’era la cenere.>>
<<E …?>>
<<L’ho presa con me.>>
<<Davvero?>>
<<Sì. Perché era l’unica cosa che faceva luce in quel posto buio. Ho pensato che se quella notte fosse capitato di nuovo almeno avrei avuto Fenny con me … così l’ho presa e l’ho portata in albergo. Gli altri sono scomparsi del tutto invece, e nessuno li ha più trovati. Sono stati dati per dispersi, ma questo già lo saprai. Io invece … eccomi qui. Mi hanno interrogato tutti quando sono tornato a casa, polizia, parenti, giornalisti, psicologi, amici, parenti degli amici … e adesso voi.>>
<<Nessuno crede alla tua storia però.>> noto io.
<<E fanno bene. Neanche io ci crederei. Ho smesso anche di parlarne, non voglio che tutti mi vedano come un drogato pazzo o qualcosa del genere. Ho anche dovuto cambiare scuola per questa cosa … lì tutti mi guardavano in modo strano …>>
<<Però i video che avete fatto quel giorno li hanno visti tutti.>>
<<Sì ma non sono video incriminanti. Le foto di Tommy potrebbero benissimo essere ritoccate. Non ci vuole un cazzo a cambiare la luminosità di un posto. E i video … beh, non riprendevano niente di particolare. Solo dei ragazzi e degli adulti che girano per casa. Quindi non sono prove. Lo psicologo con cui ho parlato ha anche ipotizzato che in realtà noi fossimo stati drogati da qualche rapitore e l’effetto della droga mi avesse fatto sognare quelle cose.>>
<<Capisco.>> io apro la cartella contenente i documenti relativi al suo caso e gli mostro una fotografia. Una di quelle scattate da Tommy quando era “invisibile”. Elia la guarda e nel farlo i suoi occhi si ingigantiscono. Vibrano per un secondo, scuote la testa, poi guarda me.
<<Cosa …?>>
Gli ho mostrato altre foto, come le foto che Brigitte ha messo sul suo profilo il primo giorno. Elia le ha guardate stupito … e ha avuto un fortissimo ed evidente brivido.
<<Che cazzo significa?>> domanda.
<<Cosa?>>
<<Queste?>> me le rimostra <<Chi è lui?>> e induca un ragazzino molto più piccolo di loro.
<<Non te lo ricordavi, vero?>> domando io.
Gli occhi di Elia tremano visibilmente, così come le labbra. Nella sua mente lampi di ricordi stanno squarciando il suo cervello.
<<Marco e Brigitte avevano un fratellino.>> gli spiego io <<Per questo in camera vostra c’erano già due letti. Per questo Marco litigava col padre per quanto riguardava le sigarette. Purtroppo non so il nome di quel ragazzino, è scomparso dai dati anagrafici. È scomparso anche dalla fotografie, come avrai notato. E come puoi ben vedere è scomparso anche dalla memoria delle persone. Ma tu ora lo stai ricordando, vero?>>
<<S … sì …>> Elia lascia cadere la fotografia sul tavolo <<Timmy. Lo prendevamo in giro perché era stato chiamato come il padre, ma con una lettera diversa. Cazzo … il piccolo Timmy. Cazzo! Sì che me lo ricordo! Era lui che … aveva finito il prosciutto dandolo a Fenny, ora ricordo! Era lui che aveva pranzato con Tommy quando noi siamo stati fuori … oh cazzo.>> scuote la testa <<Oh cazzo. Ma che significa? Perché mi sono dimenticato di lui?>>
<<Ascoltando bene la tua storia ho notato una cosa. Voi lasciavate spesso Fenny a casa, senza però nessuno a custodirla, giusto?>>
<<No! C’era Timmy!.>> scatta subito lui <<Timmy rimaneva sempre a casa con lei. E dormiva con lei i primi giorni. Stava sempre con lei! Adorava quel pulcino … ecco perché Marco lo odiava … era tipo mezzo geloso del fatto che il fratellino giocasse sempre con Fenny e non più con noi …>>
Io annuisco <<Esattamente. Per questo non te lo ricordi più. È stato il primo a sparire. Nelle tue prime versioni della storia, quelle che hai dato alla polizia non appena sei tornato dalla Grecia, tu lo menzionavi il piccolo Timmy. Infatti, nei vecchi dossier, Timmy esiste. Anche lui è nella lista dei “dispersi”. Andando avanti però hai smesso di fare il suo nome, e gli altri hanno smesso di scriverlo. Ora, infatti, non te lo ricordi più. Nessuno si ricorda di lui. Praticamente non è mai esistito.>>
<<Ma … per … perché?>> Elia mi lancia un sguardo disperato <<Avevate detto che mi avreste spiegato cosa è successo se avessi fatto questa intervista. Avevate detto che mi avreste aiutato a ritrovarli.>> mi ricorda lui <<Io ho detto tutto. Ora tocca a voi.>>
<<Hai ragione.>> ammetto io <<C’è una spiegazione a tutto ciò ovviamente. Ma prima di dartela devi parlarmi di Fenny. Dov’è?>>
Lui esita un attimo <<Lei … sta sempre con me. La porto ovunque.>>
<<Quindi è qui?>>
<<No. L’ho lasciata fuori dall’edificio. È cresciuta, non è più un pulcino. Sa volare ora.>>
<<Capisco …>>
<<Che volete sapere su di lei?>>
<<Vorremmo vederla.>>
Lui fa una mezza smorfia <<Col cazzo. L’ho già detto a mille persone diverse, Fenny non si tocca. Tutte le volte che la mostro a qualcuno succede sempre qualcosa di strano. L’altro giorno l’ho lasciata libera per più di un ora … e il mio telefono ha iniziato a squillare. A chiamare era Marco, ma quando rispondevo non parlava nessuno … sentivo solo una musica in lontanaza.>>
<<Lo sappiamo.>> lo rassicuro io <<Sappiamo come funziona. E tranquillo, non vogliamo separarti da lei. Anche perché se lo facessimo tu spariresti.>>
<<Cosa?>>
<<Stai già sparendo, anzi. Fenny sta solo rallentando il processo.>>
<<Che …>> il volto del ragazzo si sta sbiancando <<che vuoi dire?>>
<<Prendi il tuo telefono.>>
Lui esita, ma dopo avermi guardato a lungo negli occhi decide di farlo; prende in mano il telefono <<Quindi? Se mi scatto una foto mi vedo ancora.>>
<<Non è quello il punto. Vai nei messaggi.>>
<<Perché?>>
<<Vacci.>>
Lui fa <<Quindi?>>
<<Guarda l’ultimo messaggio.>>
<<Non … non vedo niente di strano.>>
<<Ah no? Non ti sembra strano che l’ultima persona ad averti scritto … lo abbia fatto una settimana e mezzo fa?>>
Lui rabbrividisce <<Ehm …>>
<<Ed era tua madre, giusto?>>
<<Sì …>>
<<Quand’è l’ultima volta che l’hai vista?>>
<<Oggi …>>
<<Sicuro?>> gli lancio uno sguardo <<L’hai … vista?>>
<<L’ho sentita andare a lavoro.>>
<<Quindi l’hai solo sentita.>>
<<Beh, ecco …>>
<<Ti ha fatto la colazione?>>
<<No …>>
<<Ti ha salutato almeno?>>
<<No.>>
<<Neanche per sapere se stavi bene?>>
<<Ecco … ehm …>>
<<Hai detto che hai cambiato scuola, giusto? E quella nuova? Ti sei fatto nuovi amici?>>
<<Ancora non ci sono andato.>>
<<Ah no?>>
<<No … non l’ho trovata. Cioè … ho abbandonato quella vecchia, ma ancora non ho trovato una nuova scuola in cui andare. Alla fine abbiamo deciso di aspettare il prossimo anno e ricominciare da capo.>>
<<Quindi non stai neanche andando a scuola.>>
Lui torna a guardarmi con volto disperato <<Senti, io->>
<<Apri i tuoi social.>>
<<Eh?>>
<<I social. Aprili.>>
Lui obbedisce subito, con evidente nervosismo in volto <<Fatto. Quindi? È tutto normale qui. Io non pubblico molte foto, è normale che siano poche.>>
<<L’ultima che hai messo quanti mi piaci ha?>>
<<D … dieci.>>
<<E quella prima?>>
<<Ventitré.>>
<<Quella prima?>>
<<Duecentosette.>> risponde <<E quella prima novecento. Però quelle più vecchie ne hanno tremila … cinquemila …>>
<<Lo hai notato, eh?>> dico io <<La media delle tue foto è di tre o cinque mila “mi piaci”. Le ultime ne hanno avute sempre meno di mille invece. E l’ultima in particolare l’hai fatta proprio una settimana fa. Quando hai ricevuto il tuo ultimo messaggio. E … quanti “mi piaci” hai detto di avere?>>
Lui torna a guardarmi con occhi spalancati <<Dieci.>>
<<E di chi sono?>>
Va subito a controllare, e nel farlo iniziano a tremargli le mani <<Marco … Brig … Timmy … Tommy … Sara …>> continua a leggere <<E gli altri … non li conosco. Non so chi siano questi. Però se vado nei loro profili non vedo nulla. Sono profili finti, non hanno foto. Neanche una foto profilo. Neanche i profili di Marco e Brig hanno le foto del profilo. Sono per forza profili falsi.>>
Io sorrido <<Ironico detto da te.>>
<<Eh?>> lui torna a guardarmi.
<<Neanche tu hai la foto profilo.>>
Lui controlla, e si paralizza <<Cazzo …>> mormora <<Io l’avevo però …>>
Io chiudo il taccuino <<Ascolta ragazzo.>> gli dico, costringendolo a rialzare la testa <<Ora tu hai due scelte. Uscire da quella porta, chiamare Fenny, portarla qui e poi lasciarti aiutare. Oppure uscire da quella porta … e non tornare più. Mai più. Né qui … né a casa tua.>>
Lui deglutisce <<Non ho molte scelte vedo …>>
<<No. In realtà credo che tu non ne abbia neanche una.>>
<<Già.>>
<<Già …>>
Lui alla fine si alza <<Va bene.>> si avvicina all’uscita <<Lo avete il mio numero, giusto?>>
<<Sì.>>
<<Allora … esco, chiamo Fenny, e rientro. E se non rientro in meno di 5 minuti, vi prego … chiamatemi.>>
<<Chiamarti è inutile.>> gli dico.
<<Perché?>>
Io tiro fuori il mio telefono e compongo il suo numero davanti ai suoi occhi.
Ma la chiamata non va a buon fine. La segreteria dice che il numero chiamato è inesistente.