Sono incredibili i passi da gigante fatti dalla tecnologia negli ultimi anni considerando che questa macchina si sta davvero guidando da sola.
Non credo sia possibile comprare automobili completamente automatiche ora come ora, nessuno che io conosca ne possiede una; il più ricco tra i miei amici ha una macchina che gli facilita la guida sulle autostrade e i parcheggi, ma niente di più.
Questa macchina invece è venuta a prendermi al molo, e da lì si è mossa in automatico verso la nostra destinazione senza che io dovessi fare o dire niente. Non c’è neanche il volante qui sopra, né un “pannello di controllo”. C’è solo una radio e quattro comodissimi sedili.
È incredibile, ma è anche vero che è facile per questa macchina guidarsi da sola. Qui non c’è niente che possa ostacolare i suoi movimenti, e la strada percorsa è perfettamente dritta.
Che posto strano.
Dopo un corto ma comodo viaggio la macchina rallenta, e con un paio di rapide e precise manovre parcheggia proprio davanti al cancello della villa in cui presto lavorerò; quando il motore si spegne la cinta si toglie da sola, e la portiera della macchina si apre in automatico.
Wow.
Scendo fuori stiracchiandomi; mi sento come se qualcuno mi avesse appena fatto un lungo massaggio … viaggiare in questa macchina è stato un lusso indescrivibile.
Il bagagliaio nel frattempo si apre, quindi vado a recuperare le mie valige, e una volta prese il mio telefono vibra. Lo prendo in mano, e noto che a chiamarmi è il numero che ho salvato come “capo (?)”.
<<Pronto?>> rispondo mentre mi metto le cuffie così da non dover reggere il telefono in mano.
<<Ehi ragazzone, sei arrivato?>> risponde una voce allegra e femminile.
<<Ciao Hanna! Sì, sono qui davanti alla casa … il viaggio è stato lunghino. È grande quest’isola, anche se … insomma, non c’è molto da vedere qui intorno.>> dico io guardandomi ancora una volta intorno <<Però è enorme cavolo.>>
<<Eh già! Ora ti apro, aspetta.>>
Il cancello emette un suono abbastanza familiare, quindi avanzo verso di esso e noto che si è aperto.
<<Sono dentro.>> dico io attraversandolo <<Wow … che lusso! Non pensavo che le agenzie di moda facessero così tanti soldi.>>
<<Ti piace, eh?>>
<<Assolutamente. È fichissimo qui. E poi il pavimento non è niente male. È morbidissimo. Sembra davvero di star camminando su una nuvola.>>
<<Te l’avevo detto che togliersi le scarpe era la cosa migliore da fare. Il pavimento assorbe anche cattivi odori e umidità, e cambia colore. Quando devi pulire diventa bianchissimo, così vedi subito sia la polvere che le briciole. Mentre di notte diventa più scuro, così non infastidisce la tua vista.>>
<<Wow, che roba …>>
Raggiungo il portone della villa, ma la porta è ancora chiusa. Credendo che Hanna sia dall’altra parte mi fermo in attesa che la apra, e nel frattempo studio i colori della struttura, che sono molto accesi e definiti: giallo, bianco, grigio, blu, rosso, verde e marrone.
<<Ehm … sono arrivato.>> dico al telefono dopo aver atteso un po’.
<<Avvicinati. La casa è per la maggior parte automatica.>>
<<Ah …>>
Mi avvicino alla porta, che come promesso si apre lateralmente; in effetti, ora che ci faccio caso, la porta non ha una maniglia. È completamente automatica.
Dietro di essa c’è un atrio illuminato e ordinato.
<<Wow …>> dico <<cazzo, ehm, volevo dire cavolo se è bella!>>
<<Bene. Ti presenterò la casa adesso, passo per passo. E ti dirò anche le regole. Sei pronto?>>
<<Sì.>>
<<Lascia le valige all’entrata, così non ti appesantisci.>>
<<Va bene.>>
Come previsto la villa è molto grande.
C’è una cucina moderna col bancone da bar e un accesso diretto al giardino che gode di ciò che sembra un piccolo laghetto termale artificiale.
Sempre collegata alla cucina c’è la sala da pranzo dotata di un televisore gigantesco, di un divano comodissimo, un biliardino, una piccola libreria e tante altre cose che non sono riuscito ben a inquadrare.
Nel piano superiore ci dovrebbero essere le camere da letto, ma non posso andarci perché io dormirò in un altro luogo e quella zona mi è preclusa; a quanto pare mi è addirittura vietato fare le scale.
Scendere le scale mi è permesso però, ma sotto non ho trovato una cantina come mi aspettavo, bensì molto di più.
C’è una palestra sotterranea super attrezzata, gigantesca, dotata anche di un ampio poligono di tiro e un ring per gli sport da combattimento; la palestra ha un aspetto superbo e moderno, e credo che la utilizzerò molto se mi sarà permesso farlo dato che sono un tipo abbastanza sportivo.
La palestra non è l’unica cosa che ho visto. Ci sono dei corridoi che portano in altre zone sotterranee, la maggior parte di essi chiusi però; oltre alla palestra solo altre due zone sono aperte, però quando mi sono affacciato ad una di esse una bruttissima sensazione di disagio e malumore mi ha colpito: Hanna mi ha spiegato che quel posto è una sorta di discarica, e infatti viene chiamata “Fornace” perché a quanto pare i rifiuti vengono bruciati lì.
L’altra zona disponibile è il magazzino, luogo dove il cibo viene tenuto fresco dentro dei grossi refrigeratori. La cosa bella? Il magazzino è direttamente collegato alla cucina, e c’è anche un piccolo ascensore che serve a portare al piano superiore scatole o contenitori grandi.
Esplorandolo in modo superficiale mi sono reso conto che il magazzino è veramente molto grande … alcune cose contenute lì dentro sono abbastanza inusuali poi. A cosa servono queste gigantesche … gabbie?
Ora sono tornato nell’atrio. Hanna mi ha appena detto dove dormirò, ovvero in un piccolo edificio separato alla villa messo nel giardino.
<<Va bene … ma tu dove sei?>> domando io.
<<Io?>>
<<Sì. Non sei in casa, giusto?>>
<<No. Non vengo quasi mai a casa.>>
<<Ah …>>
<<Se venissi non servirebbe la tua presenza, no? Sei qui per fare da custode ai piccoli nel mentre io non ci sono.>>
<<Già, hai ragione.>> dico io guardandomi intorno con un po’ di confusione; le valigie sono scomparse <<A proposito, loro dove sono? A scuola?>>
<<Stanno fuori, ma torneranno a breve.>>
<<Capito.>>
<<Il telefono ti avvertirà quando entreranno.>>
<<Davvero?>>
<<Sì. L’applicazione della casa ti permette di tenere sotto controllo l’intera struttura. Inoltre ti invierà spesso dei messaggi dove ti sarà scritto cosa devi fare. Segui ogni ordine e ogni consiglio. Ti aiuterà a svolgere il tuo lavoro senza intoppi.>>
<<Figo! Io non l’ho installata l’applicazione però. Come si fa?>>
<<Non preoccuparti, l’installazione è automatica per chi viene a lavorare qui. Già dovresti averla.>>
<<D-davvero?>> faccio io tirando il telefono fuori dalla tasca <<Interessante …>> aggiungo nel mentre noto che c’è davvero una nuova applicazione dedicata alla casa nella schermata della “home”.
<<Questo era tutto. Ascolta sempre ciò che i piccoli hanno da dirti. In mia assenza sono loro i capi, capito?>>
<<Capito.>>
<<Bene. Goditi la tua permanenza. Nella tua stanza troverai un bagno privato dotato di idromassaggio! Ti consiglio di farne subito uso. Nell’armadio troverai anche dei vestiti della tua misura, si tratta della tuta che dovrai indossare per stare qui. Mi raccomando, non girare per casa senza la tuta.>>
<<Va bene. Grazie!>>
<<Non c’è di che! Ci sentiamo, ragazzone.>>
La telefonata si interrompe.
Io torno a guardarmi intorno con un po’ di confusione … sono nell’atrio e avevo lasciato le valigie qui. Dove sono finite? Erano proprio qui davanti alla porta di casa.
Che strano ….
Il telefono vibra. Mi è arrivato un messaggio? Che Hanna si sia dimenticata di dirmi qualcosa? Anche perché oltre a lei nessuno mi scrive più.
Controllo, e noto che ad avermi scritto è stata la stessa casa; a quanto pare l’applicazione che si è installata da sola ha anche un sistema di notifiche.
Apro il messaggio e leggo: “Benvenuto nella Villa Borqued numero H28! Sarà un piacere averti come servo! Raggiungi il tuo dormitorio!”
Dormitorio? Sta parlando dell’edificio dedicato alla servitù che si trova nel giardino?
La schermata sul telefono cambia in automatico mostrandomi quella che pare una bussola; “Segui la freccia!” dice una scritta mentre la freccia indica verso il salone.
Ma che diavolo …?
Vabbè, seguiamola. Vediamo dove mi porta.
La freccia mi conduce fino al giardino e poi fino all’edificio dedicato alla servitù, che è a tutti gli effetti una casetta monolocale.
Avvicinandomi ad essa la porta si apre da sola, mostrandomi un dormitorio in grado di ospitare fino a 25 persone. I letti sono completamente spogli però, solo uno ha le coperte e il cuscino … e quindi suppongo che quello sia il mio.
Mi avvicino ad esso e lo tocco con una mano; il materasso è squisitamente morbido, sembra riempito di acqua, mentre le coperte hanno un delizioso profumo di bucato. Qualcuno deve averle lavate da poco, la stessa persona che mi ha preso le valigie immagino.
Il telefono vibra; un altro messaggio della casa.
“Bagno caldo in preparazione”.
Nel mentre lo leggo un suono proveniente alla mia sinistra mi costringe a spostare lo sguardo in quella direzione, e lì noto una porta che proprio in questo momento si è aperta da sola; oltre la porta la luce è già accesa, e c’è un rumore che proviene da lì, il costante rumore dell’acqua che scorre.
Attraverso la porta e la prima cosa che vedo è la vasca idromassaggio, vasca che può anche essere usata come doccia volendo.
È una vasca larga, pensata per essere usata da più persone, infatti è divisa in cinque parti uguali e quindi può essere utilizzata da cinque persone contemporaneamente; una delle cinque parti è piena d’acqua fumante.
Un altro messaggio mi arriva proprio in questo momento.
“Bagno caldo pronto”.
<<Wow.>> commento io <<Beh … grazie, casa.>> detto ciò mi spoglio e come suggeritomi da Hanna mi faccio il bagno.
A svegliarmi è la suoneria del telefono.
Apro gli occhi di scatto e balzo immediatamente in piedi.
Cavolo, mi ero sdraiato un attimo dopo il bagno e mi sono subito addormentato, questo letto fa davvero miracoli. E … WOW, mi sento come se qualcuno mi avesse prima fatto un massaggio e poi riempito di zuccheri. Ho così tanta energia e voglia di vivere che mi sentirei pronto a lavorare anche se dovessi farlo in miniera.
Prendo il telefono in mano per vedere chi è che mi chiama, ma ad emettere la suoneria è stato un allarme dell’applicazione della casa, che mi sta avvertendo con un messaggio che i bambini sono già rientrati da un pezzo.
Oh cavolo! Per quanto tempo ho dormito?
Mi devo assolutamente rivestire! Con gli occhi cerco rapidamente i pantaloni ma … dove sono? Li avevo lasciati qui …? No, forse in bagno.
Corro nel bagno, ma non li vedo neanche lì. Anzi, sembra che io non ci sia mai stato qui. La vasca che ho utilizzato è pulita e lucida proprio come le altre e l’umidità è completamente scomparsa … non è rimasta alcuna traccia del mio passaggio, neanche mezza goccia.
Maledizione, addosso ho solamente le mutande, non posso farmi vedere dai bambini in questo stato! Che fine hanno fatto le mie cose? Ma perché mi deve succedere questo proprio il primo giorno di lavoro?
Un attimo …
Torno nel dormitorio e avanzando verso il mio armadio quest’ultimo si apre mostrandomi una serie di tute grigie tutte uguali ma fatte su misura per me: maglietta, giacchetta elegante, pantaloni, calzini, guanti … c’è tutto qui dentro.
Queste devono essere le tute di cui mi ha parlato Hanna.
Mi vesto frettolosamente, e una volta indossata la tuta il cassetto inferiore dell’armadio si apre mostrandomi uno smartwatch grigio; non ho bisogno di indicazioni per capire che devo indossarlo, ormai ho capito come funziona questa casa.
Non appena lo ho sul polso lo smartwatch vibra, e guardandolo noto che la casa ha un lavoro da farmi fare: vuole che raggiunga la cucina e mi metta a preparare il pranzo per i bambini.
Cavolo, vorrei tanto presentarmi prima di mettermi al lavoro!
Vabbè, spero che non si spaventino nel caso dovessero vedermi lì.
Esco dal dormitorio e avanzo verso la cucina.
I vestiti che ho addosso sono strani … calzini pantaloni e maglietta sono super aderenti, così tanto che sembrano che si siano appiccicati alla mia pelle, però non danno fastidio, mi piace la sensazione che mi stanno lasciando addosso, e a ogni passo che faccio questa sensazione aumenta la mia voglia di mettermi al lavoro.
Mi sento … carico. Non so bene il come spiegarlo, ma mi sento come se potessi correre per ore senza mai fermarsi, specie con questi vestiti addosso. Non so il perché. Sarà il buon profumo che hanno probabilmente.
Raggiungo la cucina.
Non c’è nessuno qui.
Ho tanta voglia di andare al piano di sopra per vedere se i bambini sono nelle loro camere, ma lo smartwatch vibra ricordandomi il mio lavoro.
Avanzo verso i fornelli, e noto che sopra ci sono già le pentole e le padelle che dovrò utilizzare; affianco ad esse ci sono molti ingredienti, tutti freschi e pronti all’uso.
Chi ha preparato questa roba? I bambini? Oppure qualche altro servitore?
No, impossibile … io dovrei essere l’unico servo qui dentro, il mio è l’unico letto con le coperte dopotutto.
Un brivido percorre il mio intero corpo e io mi lancio un altro sguardo intorno; la cucina è vuota, non vola una singola mosca qui dentro, niente fa rumore. È tutto immobile e silenzioso … ma quindi chi è che sposta le cose?
Le mie valige, i miei vestiti, le pentole, gli ingredienti … chi ha spostato queste cose? Un parente dei bambini?
Lo smartwatch vibra di nuovo, quindi mi metto subito al lavoro.
È la casa a dirmi cosa fare, è lei a darmi le ricette. La cosa non mi infastidisce, anzi la casa mi è molto di aiuto. Però … c’è qualcosa che non va. Molti ingredienti erano già fuori dalla dispensa e pronti all’uso, ma per alcuni di essi mi sta venendo il dubbio.
Ho appena utilizzato delle uova ad esempio. Toccandole mi sono reso conto che sono molto fredde, come se fossero appena uscite dal frigo, e pensandoci bene non mi pare di averle viste prima, quindi … erano qui fuori o dentro al frigo? E se erano dentro al frigo, chi le ha tirate fuori? Io non di certo, e non ho neanche sentito il frigo aprirsi.
Che strano … mi sento confuso.
Finisco di preparare la prima portata e la appoggio sul bancone dietro di me, mettendomi a lavorare sulla seconda; lo smartwatch vibra ogni volta che mi distraggo e mi mantiene sempre occupato con qualcosa da fare, così tanto occupato che quando finisco la seconda portata mi volto e noto che … la prima è scomparsa?
Qualcuno l’ha presa.
Ora inizio ad inquietarmi. Ora non ho più dubbi. C’è qualcuno qui dentro … qualcuno oltre ai bambini.
Anzi, parlando dei piccoletti … dove sono? Ancora non li ho visti né sentiti.
Lo smartwatch vibra.
Torno a concentrarmi sui fornelli. Finisco di preparare la seconda portata, e voltandomi per appoggiarla sul bancone dietro di me noto che la prima è tornata … vuota; i piatti sono puliti però, le posate non sono state usate.
Il cuore mi sta battendo forte.
Qualcuno ha mangiato e poi … lavato i piatti?
Appoggio la seconda portata sul bancone, dopodichè rimetto i piatti della prima portata al loro posto e a quel punto lo smartwatch vibra in maniera più intensa.
“Complimenti! Hai appena guadagnato venticinque minuti di pausa! Puoi usarli come meglio credi!” c’è scritto sullo schermo, e un conto alla rovescia di 25 minuti appare al posto del solito orario.
Quando alzo lo sguardo noto che la seconda portata è sparita esattamente come la prima.
Ma che sta succedendo? Chi è che ruba da sotto al mio naso i piatti? Che i bambini mi stiano facendo una sorta di scherzo?
Istintivamente sposto lo sguardo sulla strada che conduce all’atrio. Da lì posso raggiungere le scale che portano ai piani superiori, dove dovrebbero dormire i bambini, però Hanna è stata chiara a riguardo: non posso salire là sopra.
Quindi che posso fare?
Beh … ho 25 minuti di pausa, quindi potrei sfruttarli per cercare le mie cose. Da qualche parte devono pur essere finite.
Corro verso la casetta dei servitori e una volta dentro la ispeziono da cima a fondo, guardando anche sotto ai letti e sopra agli armadi, malgrado ciò non ritrovo né la mia valigia né i miei vestiti.
Quando finalmente mi arrendo mi rendo conto di un’ultima cosa … forse quella più brutta.
Anche il mio telefono è scomparso.
Sono in palestra.
Lo smartwatch mi sta dicendo quali esercizi compiere e come compierli, e io sto seguendo le sue indicazioni alla lettera.
Mi sento bene. Mi sento forte. E allenarmi non mi ha mai dato così tanta soddisfazione in vita mia. Dovrei essere ansioso dopo quello che è successo in cucina, dovrei essere angosciato dopo aver scoperto di aver perso il telefono, dovrei essere preoccupato per la situazione in cui mi sono cacciato … dovrei essere spaventato di questa casa enorme, illuminata e vuota.
Invece sono calmo. Tranquillo. Sereno. Mi sento come se tutto stesse andando bene.
Ma perché? Mi sento confuso dal mio stesso corpo.
Sapevo che non avrei mai dovuto accettare l’offerta di quell’uomo, ma non avevo molte altre scelte. O questo lavoro oppure … beh, meglio non pensarci. Fatto sta che è un lavoro decisamente poco comodo perché da qui mi è impossibile tornare casa … se la avessi.
E ora che ho anche perso il telefono non ho veramente modo di andarmene. Non posso neanche richiamare Hanna a pensarci bene. Sono completamente in balia della casa e dei suoi … abitanti.
Eppure non sono preoccupato.
“Complimenti!” trovo scritto sullo smartwatch al termine del mio allenamento “Ti sei guadagnato una pausa 25 minuti! Sfruttala come meglio credi.”
Un’altra pausa … bene.
Mi asciugo il sudore ma non perdo tempo a farmi la doccia nel bagno della palestra. Ho 25 minuti di tempo per fare le mie ricerche, e ho assolutamente bisogno di farle.
Il mio corpo è pigramente soddisfatto però, ed è stanco a causa degli esercizi che ho appena compiuto, quindi ogni singolo passo è pesante.
Aspetta … Pesante? Strano, fino a poco fa i passi erano così leggeri che mi sembrava di volare. Possibile che mi sia stancato così all’improvviso? Se la casa non mi avesse detto di fermarmi avrei continuato ad allenarmi senza problemi.
Che mi succede?
Esco dalla palestra e risalgo le scale per tornare verso la cucina.
I piatti sono lavati e puliti, così come le pentole, ma non sono stato io a pulirli; il salone è ordinato e silenzioso come sempre, così come il giardino; il silenzio qui è assoluto, e …
Eh?
Sento una voce provenire dal salone, e la cosa mi spinge a correre fin lì per vedere chi è che parla … ma mi ritrovo solo davanti al televisore acceso.
Falso allarme. Non ho neanche bisogno di chiedermi chi lo abbia acceso, dato che è stata la casa a farlo. Tutto è automatico qui, dopotutto.
Guardo il televisore con più attenzione: il programma trasmesso è … aspetta, non posso crederci! Questo è uno degli anime che stavo seguendo quando ancora avevo una casa! Ma … in che canale lo stanno trasmettendo? Non pensavo che certi anime venissero trasmessi in tv! Anche perché non è ancora stato tradotto nella mia lingua, ci sono i sottotitoli infatti.
Non vedo simboli di nessun tipo ai lati del televisore e non vedo neanche il telecomando ora che ci penso. Come faccio a cambiare canale?
Il volume del televisore si alza leggermente. L’anime ha appena fatto partire la sua sigla, e dato che una puntata dura circa 20 minuti teoricamente potrei sedermi sul divano e passare la mia pausa a guardarla.
Però chissà che episodio sarà. Forse è un episodio che ho già visto, o forse è uno di quelli a cui ancora non sono arrivato.
Rimango in piedi davanti al televisore in attesa che finisca la sigla, dopodiché … NON CI CREDO! Questo è l’esatto episodio che mi sarei dovuto vedere quella notte! Che fortuna!
Aspetta … fortuna? Possibile che sia un caso?
No … non è un caso. La casa conosce i miei gusti. Qualcuno deve averglieli detti … ma chi? E come?
Va bene … per ora facciamo il suo gioco.
Mi siedo sul divano e … WOW. Quanto è morbido. Quanto è comodo! Mi sento così bene qui sopra.
Appoggio i piedi sul tavolino davanti a me, e spostando lo sguardo alla mia sinistra vedo … una bottiglietta di acqua frizzante? È fresca, sembra appena uscita dal frigo. Chi …?
Lasciamo perdere.
La prendo, la apro, bevo e mi concentro sull’anime.
Quando la puntata finisce lo schermo del televisore diventa completamente bianco e una scritta appare sopra di esso.
“Pausa finita! Vai in giardino! Devi innaffiare le piante!”
Mi alzo.
Sono carico di energia. In genere l’idea di innaffiare delle piante mi avrebbe sottratto dal corpo ogni singola goccia di energia in mio possesso, ma questo non sta succedendo. Mi sento talmente carico che volendo potrei mettermi ad innaffiare un bosco intero.
Esco in giardino, e proprio davanti alla portafinestra trovo tutti gli strumenti necessari al mio lavoro.
Li prendo e, senza farmi domande, seguo le istruzioni che la casa mi manda sullo smartwatch.
Questa casa è molto strana.
Il primo lavoro che mi ha fatto fare è stato cucinare, ma ciò non mi sorprende: sapevo che avrei dovuto cucinare una volta accettato questo lavoro.
Il secondo compito che mi ha dato è stato allenarmi però, e mentre il terzo è stato quello di innaffiare le piante il quarto compito è stato quello di meditare.
Che tipo di lavori sono questi? Ma cosa più importante … perché sto venendo pagato per allenarmi in una palestra e meditare? Non capisco.
Una volta che è scesa la sera ho cucinato la cena sia per me che per i bambini, e ancora una volta non li ho visti né sentiti.
Uscendo in giardino è stato possibile notare che luci al piano di sopra erano accese, quindi qualcuno doveva per forza essere lì. Però poi ho notato un’altra cosa: tutte le luci della casa sono accese. Sempre. Non si spengono mai ed è impossibile spegnerle perché non ci sono neanche gli interruttori.
In giardino ho notato anche un’altra cosa. Una cosa che mi avrebbe dovuto uccidere di paura … ma che in quel momento non mi ha fatto nessun tipo di effetto.
Il cielo era nero. Completamente nero. Luna, stelle, nuvole … non c’era niente là sopra, e fuori era così buio che la casa sembrava l’unica cosa esistente al mondo.
Una cosa del genere mi avrebbe dovuto far urlare dalla paura. Lo so perché mi conosco. Invece sono rimasto calmo e composto. Non avevo paura.
Ho dormito nella casetta dei servi verso le 23; non appena ho appoggiato la testa sul cuscino mi sono addormentato, e non ricordo di aver sognato nulla … ricordo solo di aver aperto gli occhi “un secondo dopo”, solo per ritrovarmi all’alba del giorno successivo.
Mi sono fatto la doccia, mi sono rimesso la tuta (pulita e profumata), e infine … beh, infine eccomi qua.
Ho appena finito di fare colazione, e teoricamente i bambini l’hanno già fatta. Non li ho sentiti scendere dal piano superiore però, ciò significa che sono ancora in casa, quindi ora non mi resta che farlo. Sì, non posso attendere oltre. Devo farlo. Devo salire le scale e vedere cosa c’è lassù.
La mia pausa di 25 minuti è iniziata da poco. Non c’è momento migliore in cui farlo.
Prendo un largo respiro e …
Cos’è questa? Ansia? Non la sentivo dal giorno precedente.
Mi avvicino alle scale dell’atrio, e oltre all’ansia inizio a provare qualcos’altro … angoscia? No, qualcosa di peggio. Paura.
Ho paura di salire queste scale. Ma perché? Ho paura di essere licenziato forse? In effetti Hanna mi ha detto che mi è vietato il solo andarci … quindi sì, potrei essere licenziato se lo facessi.
Ma non ho scelta. Questa casa è troppo strana. E fa sentire strano anche me.
Hanna mi capirà.
Metto un piede sul primo gradino e … oddio … che stanchezza. Perché la mia gamba è così pesante? Mi sono allenato ieri troppo. Per non parlare di tutti i piatti che ho cucinato, e della fatica che ho fatto in giardino … Dio, che stanchezza. Dovrei proprio riposarmi.
Mi manca il fiato. Mi viene da vomitare. Mi sono affaticato troppo.
Però … però si tratta solo di una rampa di scale dannazione! Non posso vomitare dopo aver fatto solo un gradino!
Metto un piede sul secondo gradino e … ahia, il ginocchio! Che male che mi fa! E anche la schiena! Cavolo, mi servirebbe proprio un massaggio ora. Ma quand’è che mi sono ridotto così? I gomiti, le dita, il collo, addirittura le palpebre … mi fa male tutto!
Ma questa cosa non è normale.
No, non può essere normale. Sono le scale a farmi questo effetto?
Provo a salire ancora un po’, e …
Oddio … ma che sto facendo? Hanna ha detto che è vietato stare qua! E ora mi licenzierà! Sì, lo farà, perché mi sta vedendo! È chiaro che mi sta vedendo! Ci sono delle telecamere! E poi sono certo che la persona che sposta le cose mi sta spiando proprio in questo momento, nascosto chissà dove!
Mi guardo intorno con preoccupazione: dov’è? Chi c’è qua dentro?
E se in realtà qui dentro non ci fosse nessuno? E se in realtà questa fosse una casa fantasma? E se Hanna fosse morta e fosse il suo spirito a spostare le cose? Oh no … oh no che sto facendo?
Il cuore sta battendo così forte che potrebbe fermarsi da un momento all’altro.
Alzo lo sguardo in alto e … non vedo nessuno. Oltre le scale non c’è nessuno. Eppure mi sento osservato, come se qualcosa lì sopra mi stesse guardando. Qualcosa di invisibile … il fantasma! E si sta avvicinando! Lo sento!
ECCOLO CHE ARRIVA!
Indietreggio così tanto velocemente che cado a terra.
Ora sono di nuovo interamente nell’atrio.
Mi gratto la testa, dopodiché mi rialzo.
Ma che mi è successo? Perché sono caduto dalle scale come un imbecille?
Mi tocco il petto, ma il cuore sembra battere a velocità normale; mi tocco le ginocchia, ma non sento dolori provenire da lì; saltello sul posto, ma non percepisco nessun tipo di stanchezza fisica o fastidio.
Questo significa solo che … mi sono immaginato tutto? Anche il fantasma deve essere stato frutto della mia immaginazione, perché ora non percepisco niente intorno a me e cosa più importante non ho più paura.
Beh è chiaro che lì sopra io non ci possa andare, quindi mi avvicino alla porta d’ingresso ma a differenza delle altre non si apre. Rimane chiusa. E non essendoci né una maniglia né un pulsante è abbastanza chiaro il messaggio che la casa mi sta facendo passare: da qui non si esce.
Ma se io volessi uscire? Possibile che non possa? Questa cosa è illegale! La casa mi sta praticamente rapendo! Però, ora che ci penso … anche se uscissi dove potrei andare? Questa è la villa più isolata del mondo praticamente, e poi io non ho altri posti in cui andare.
Sospiro.
Da qui non si esce. E a dirla tutta non voglio neanche uscire.
Ignorando le scale che portano al piano superiore avanzo verso il salotto.
Il televisore è acceso, e c’è la sigla del mio anime preferito che mi invita a mettermi seduto sul divano.
E non vedo nessun motivo per cui rifiutare.
Questa storia appartiene all’Archivio Giallo; se ti è piaciuta, ti consigliamo di dare un’occhiata alle altre storie dello stesso archivio.