L’umano di cui sto analizzando i ricordi è ancora in stato di shock.
Ad averlo svegliato è stato il costante uggiolare dei suoi cani. Uggiolavano e abbaiavano da tempo, ma essendo in giardino i loro lamenti non hanno infastidito le orecchie del padrone, che è abituato a sentirli abbaiare per ragioni insignificanti.
Quando si è svegliato pensava di averlo fatto in un incubo però, pensava di aver assunto acidi veramente forti durante la nottata precedente, ma allo stesso tempo era consapevole che quell’ipotesi era abbastanza improbabile: lui non fuma, non beve neanche, e la notte prima l’ha finita sdraiato sul suo letto, posto da cui si è alzato.
Quindi non è stato rapito. Non è stato drogato. Ma allora perché quando si è svegliato era ancora notte? Perché era tutto così spaventosamente buio intorno a lui?
All’inizio pensava di aver dormito una giornata intera. È andato a letto che erano quasi le cinque, e svegliandosi ha seriamente creduto di averlo fatto durante la notte successiva, ma lo ha trovato strano: è estate, quindi la notte arriva molto tardi ed ha trovato improbabile l’idea di aver dormito dalle cinque di mattina fino alle dieci di sera del giorno dopo.
Si è alzato spaesato e confuso, e anche un po’ preoccupato a causa dei cani, che sembravano star impazzendo là fuori.
<<ORA ARRIVO, UN ATTIMO!>> ha urlato infastidito dai loro lamenti, e ancora un po’ assonnato si è soffermato a riflettere sulla possibilità di andare ad aprire la portafinestra del giardino per lasciare entrare in casa i cani e calmarli … ma guardando la finestra la voglia di farlo gli è passata subito.
Era buio lì fuori. Tanto buio.
Troppo buio.
Si è guardato intorno come per essere certo di non star ancora dormendo, quindi ha acceso la luce della stanza e ha preso in mano il telefono per controllare l’ora: quindici.
Secondo il telefono erano le tre di pomeriggio.
Però era notte fuori. Notte fonda.
La cosa che più lo ha preoccupato in assoluto sono state le chiamate perse e i messaggi non letti però. Il telefono era in modalità silenziosa, lo lascia sempre così quando vuole dormire senza essere disturbato, quindi quando lo ha preso in mano si è trovato una quantità inusuale di messaggi da leggere, la maggior parte inviati dai genitori.
Sono le quaranta chiamate perse da parte del padre ad averlo fatto andare davvero nel panico però. Se lui lo ha chiamato così tante volte allora deve essere successo qualcosa di davvero grave.
Normalmente penserebbe ad un’improvvisa morte in famiglia o a un qualche incidente sfortunato, ma considerando il buio intorno a lui e i cani che ancora stavano abbaiando e uggiolando, non è stato quello il suo primo pensiero. In realtà non ha avuto un reale pensiero, è stato più un susseguirsi di paure e angosce che non aveva mai provato prima d’ora e a cui all’inizio non riusciva a dare una spiegazione logica.
Aveva paura ma non sapeva di cosa.
Si è ritrovato col telefono in mano e la mente apparentemente disattiva per qualche minuto. Ha pensato diverse volte alla possibilità di star ancora dormendo e di essere in un incubo, ma più passava il tempo più si rendeva conto di essere sveglio. Sveglio e sempre più spaventato.
L’oscurità intorno alla sua casa iniziava a inquietarlo adesso. Non solo era inusuale, era anche innaturalmente pesante. È veramente troppo buio là fuori. Ma perché? Che sta succedendo? E i cani che abbaiano e uggiolano in lontananza non lo stavano affatto tranquillizzando, i loro lamenti stavano assumendo toni molto più cupi.
Sembrava quasi che stessero … piangendo?
Il suo subconscio stava già gridando dalla disperazione in quel momento, era terrorizzato da qualcosa ma ancora non riusciva a dare forma a quella cosa. Quindi il suo livello di paura e tensione è salito alle stelle, così come il suo livello di paranoia: da quel momento in poi ogni singolo rumore veniva captato e percepito come possibile pericolo dalle sue orecchie, e ha iniziato a sentirsi come quando guarda i film horror da solo.
Dopo cinque minuti di inattività e confusione ha preso il coraggio di chiamare la madre. Si guardava intorno facendo particolare attenzione alle finestre e alla porta della camera, che per lui era pericolosamente aperta: sapeva che non c’era nessuno in casa, ma da quella porta sarebbe potuto entrare una minaccia da in qualsiasi momento, così come dalla finestra.
<<Mamma?>> ha domandato a bassa voce, come per non farsi sentire da eventuali ladri dentro l’abitazione.
<<Lorenzo? Oddio, Lorenzo! Stai bene! Grazie al cielo!>> la voce della madre era tesissima e terrorizzata, cosa che ha messo in ansia anche il figlio.
<<Mamma … che … che … succede?>>
<<N-non lo so! Non lo so! È tutto buio qui qui! Ma dicono che è così dappertutto!>>
<<In … in che senso?>> Lorenzo ha lanciato uno sguardo alla finestra mentre lo diceva; sapeva di cosa parlava la madre, e anche se non voleva pensarci o soffermarsici sopra sapeva quali erano le origini di tutte le sue paure <<In che senso è tutto buio? Cosa significa?>>
<<Da te non è buio? C’è ancora il sole lì a casa?>>
<<Ehm … in realtà … credo sia notte …>>
<<No, non è notte! È così da questa mattina! Non si vede più niente, il cielo è buio, fuori è buio … Qui c’è un casino! Le persone sono tutte spaventate, si sono messe a urlare …>>
La voce della madre era rotta dalla paura e forse anche da delle lacrime. Nel sentirla in quello stato il cuore di Lorenzo rischiava di fermarsi. Mentre lei parlava e gli raccontava ciò che è accaduto lui ha anche smesso di respirare per un attimo.
<<Andava tutto bene, era giorno, io stavo a lavoro e poi … e poi … non lo so, all’improvviso si è fatto tutto buio. Il cielo è diventato nero. Nero. Neanche di notte è così nero. Ma tu dove sei? Perché non parli? Perché non hai risposto prima? Che stai facendo? Sei a casa vero? Non sei uscito, no? Oggi è la tua giornata libera, non devi uscire, non devi andare->>
<<S … sì, sono a casa mamma …>> è riuscito a dire lui con un po’ di fatica <<sto bene non->>
<<Oddio, grazie al cielo! Rimani lì! Non uscire! Non so cosa stia succedendo ma anche io proverò a tornare a casa.>>
<<Va bene …>>
<<Rimani lì! Chiudi le porte! Chiudi le finestre, chiudi tutto! Poi richiamami, capito? Ti richiamo io anzi! Ti richiamo tra poco. Va bene? Tu chiudi tutto. Stai attento! Non aprire la porta a nessuno, non fare niente e non uscire! Capito?>>
<<S … sì.>>
<<Mi raccomando, stai attento! Ti prego! E non uscire! Neanche per i cani! Neanche in giardino! Capito? Non so cosa stia succedendo quindi stai dentro casa! E tieni anche loro dentro. Anche se devono fare la pipì, va bene?>>
<<Certo. Va bene. Calmati ora. Tranquilla.>> la voce di Lorenzo era calma, ma questo solo perché era sotto shock.
<<Va bene, va bene … allora … ti chiamo dopo. Aspettami! Arrivo subito! Promesso!>>
E così è terminata la chiamata della madre, con i cani che continuavano ad abbaiare in sottofondo e il cuore di Lorenzo che non ne voleva sapere di smettere di battere.
Il ragazzo non si era mai sentito così in vita sua. Ciò che sta provando non è paragonabile a nessuna emozione provata nel passato. La sua è una paura talmente profonda da rischiare di sfociare nel reame della disperazione e della pazzia, ma è anche una paura senza un bersaglio preciso. Una paura senza colpevole.
Il sole è scomparso. Quindi? Ha paura che non torni più? Ha paura che moriranno tutti? Ha paura di rimanere perennemente nel buio? Forse ha paura di tutte queste cose contemporaneamente.
O forse ha solo paura dell’ignoto, del non sapere cosa stia succedendo.
Con le orecchie fischianti e la vista che gli si stava appannando, Lorenzo si è lentamente diretto verso il giardino della casa. Lì fuori ci ha trovato i cani, uno grande e giovane mentre l’altro più piccolo e vecchio; stavano ululando e abbaiando al cielo privo di corpi celesti.
Lorenzo non ha avuto il coraggio di guardare in alto però. Non voleva vedere cosa ci fosse là sopra. Ha aperto la porta-finestra che conduce in giardino e ha semplicemente intimato ai cani di entrare.
Loro ci hanno messo un po’, ma alla fine hanno obbedito. Lorenzo si è chiuso la porta dietro e ha deciso di tornarsene in camera sua, dove almeno c’è ancora la luce.
E ora è sulla sua scrivania davanti al computer. Ancora sotto shock. Ancora profondamente terrorizzato.
Questa storia appartiene all’Archivio Nero; se ti è piaciuta, ti consigliamo di dare un’occhiata alle altre storie dello stesso archivio.