Terzo giorno – 3/3

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Lorenzo si toglie le scarpe, quindi guarda le scale che portano verso l’alto e si porta un indice verso la bocca <<Rimani qui.>> sussurra mentre mi fa segno di non parlare <<Io vado.>>
Annuisco e lo osservo mentre sale le scale rapidamente ma silenziosamente. Da là sopra non sembra arrivare nessun tipo di rumore, ma comunque io non oso fiatare o muovere muscoloso. Guardo Lorenzo tesa come la corda di un violino e rimango in attesa.
Lui sale fino a quando non è in grado di vedere cosa c’è là sopra, ma non appena sporge la testa vedo i suoi occhi spalancarsi di colpo e la bocca aprirsi. Si volta di scatto verso di me e si alza in piedi solo per buttarsi giù per le scale.
<<CORRI!>> urla mentre sta scendendo, e va così di corsa da inciampare pure; io provo ad aiutarlo a rialzarsi ma lui con un balzo si rimette in piedi e mi afferra per un polso <<Corri cazzo!>> dice nuovamente, mentre da sopra inizio a sentire delle urla poco rassicuranti.
<<Corri!>>
<<Corri cazzo!>>
<<Cazzo!>>
<<Corri!>>
<<Corri!>>
Oh no … questo è il modo di parlare delle sagome, ma non ho tempo di rifletterci troppo perché Lorenzo mi sta trascinando verso il bar.
<<A … aspetta!>> provo a fermarlo, ma mi rendo conto di non avere neanche la forza di rallentarlo; provo a resistere alla sua presa, ma vengo semplicemente trascinata.
<<Che c’è?>> fa lui, mentre sento una gran quantità di passi scendere le scale.
<<Non andiamo lì!>> gli dico <<C’è il tuo amico e la signora!>>
<<E dove andiamo?>> esclama lui.
<<Ovunque ma non lì! Nella biglietteria!>>
Lui si ferma di colpo e mi guarda. Sa che ho ragione, ma non sa cosa fare.
<<No …>> dice poi lanciando uno sguardo alle mie spalle <<la biglietteria no. Ci ammazzerebbero lì. Entrano di sicuro.>>
<<E … e dove?>> domando mentre mi giro a mia volta, solo per vedere quelle che sembrano sei persone particolarmente decise a farci del male correrci contro.
<<N … non lo so …>>
<<Usciamo.>> dico io indicando una delle tante uscite <<Usciamo! Corri, corri!>>
<<Ma Andr->>
<<ANDIAMO!>> urlo io notando che quelle persone si stanno pericolosamente avvicinando, quindi lui stringe i denti e decide di ascoltarmi.
Continuando a tenermi per il polso prende a correre verso una delle uscite più lontane del bar e inizialmente il piano sembra funzionare. Le sei persone ci inseguono senza fiatare, ma … diamine se sono veloci.
Di questo passo ci prenderanno.
<<EHI!>> la voce di Elide coglie tutti alla sprovvista. Ha urlato contro il gruppo di persone dirette verso di noi, solo che è nella direzione opposta alla nostra, è all’entrata del bar <<Che state facendo? Voi chi siete?>> domanda al gruppo di gente che ci insegue.
<<No … NO!>> Lorenzo la guarda con volto disperato <<Vattene!>>
Elide gli lancia uno sguardo confuso, mentre il gruppo di sei persone non rallenta neanche per un secondo; quattro di loro prendono la direzione più corta, cioè quella che porta dalla signora, mentre due continuano verso di noi.
<<Oh Dio, oh Dio…dobbiamo->>
<<Dobbiamo andare!>> dico io mirando ancora all’uscita <<Non fermati! Corri!>>
Lui esita mezzo secondo ma alla fine mi ascolta, torna a correre trascinandomi nuovamente dietro e usciamo dalla stazione con le urla confuse e spaventate di Elide alle nostre spalle.
Io non ho il tempo di girarmi a guardare che gli stanno facendo. Non ho neanche il tempo di pensare a dire il vero. Stanno accadendo troppe cose tutte insieme. Mi limito a correre, sebbene sento che questa situazione non potrà continuare a lungo.
Io non corro così tanto da anni, neanche per prendere l’autobus quando sono in ritardo mi metto a correre. L’ultima volta che ho fatto una corsa era durante l’ultima lezione di educazione fisica a scuola, ed è passato un po’ da allora.
<<Nicky …>> sento dire da Lorenzo<<non fermarti.>>
<<S … scusa.>>
Lui si volta e nota dalla mia faccia che probabilmente non posso andare più avanti di così. Sto seriamente considerando l’idea di bloccarmi e vomitare sul posto.
<<Dai cazzo.>> lancia uno sguardo alle mie spalle, e la sua espressione non mi rassicura per niente <<Resisti!>>
<<Mi … mi dispiace. Vai … tu. Io … non riesco.>>
Lui stringe forte i denti, chiude gli occhi e con un ultimo strattone mi fa andare davanti a lui, solo per fermarsi di colpo e frapporsi tra me e i due che ci stanno inseguendo, ormai distanti pochi metri.
<<Che … che fai?>> gli domando io con il poco fiato che mi rimane, ma non risponde.
Scalzo ed esausto, ha deciso di affrontare quei due … non saprei come definirli. Zombie?
<<Hai qualcosa per combattere?>> mi domanda <<Riesci a rompere il vetro di una macchina?>>
<<Io … non ho niente.>>
<<Il vetro Nicky.>> e con la testa mi fa notare che si è fermato proprio in mezzo a due macchine parcheggiate; io mi sono appoggiata ad una di essa senza neanche rendermene conto <<Spacca un vetro.>>
<<V … va bene.>> dico cercando di riprendere quanto più ossigeno possibile durante questa brevissima pausa <<Ci provo.>>
Pochi secondi dopo i due zombie ci raggiungono.
Non sembrano veramente zombie però. Nel senso che non urlano, non fanno versi strani, e ovviamente non sono decomposti. Però sono sicuramente persone morte che camminano, e camminano anche piuttosto bene. Non sembrano affatto dei morti viventi. Sembrano dei viventi che ci vogliono morti.
Lorenzo resiste alla loro prima carica usando le due macchine come appoggio per sferrare al più vicino di loro un doppio calcio al petto. L’impatto è così forte che quello colpito cade a terra, lasciando all’altro la possibilità di avventarsi sul ragazzo.
<<Nicky, veloce!>> urla lui, mentre l’uomo che lo ha raggiunto gli sta stringendo la testa tra le mani e lo sta spingendo di peso verso la macchina alla mia sinistra.
Io però sono nuovamente paralizzata dalla paura. Che … che devo fare?
Il vetro.
Mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa per rompere il vetro di una macchina, ma non trovo nulla. Un sasso forse? Ma qui non ci sono sassi. Allora … aspetta.
Mi infilo la mano in tasca e tiro fuori il telefono, e mentre Lorenzo riesce a prendere l’attenzione di entrambi gli zombie io colpisco con le mie ultime forze il finestrino della macchina alla mia destra.
Prima di romperlo mi ci vogliono sette colpi, di cui due mi hanno anche fatto perdere la presa del telefono. Ma alla fine ci sono riuscita. Ho rotto il vetro, quindi prendo subito il pezzo più affilato che trovo e incurante dei tagli che mi sto procurando alla mano urlo e carico verso lo zombie più vicino, che mi sta anche dando le spalle.
Lorenzo ha detto che pure col collo rotto Jenny si muoveva, quindi non devo mirare né al collo né tantomeno alla schiena. Miro alla testa, così come i film sugli zombie mi hanno insegnata a fare.
Lorenzo sta lentamente cadendo verso terra, il che ha portato il suo aggressore principale a chinarsi per continuare a fare pressione su di lui, quindi per me è facile colpirlo direttamente sulla nuca e conficcargli il vetro fin dentro il cranio.
Il primo zombie perde la presa su Lorenzo e crolla su sé stesso. Questo da la possibilità al ragazzo di rotolare verso il secondo, che nel frattempo lo stava riempiendo di calci, e buttarlo a terra facendo leva sulle gambe.
Una volta per terra Lorenzo si comporta come un pazzo assatanato. Inizia a prenderlo a pugni e gomitate in faccia e continua fino a quando non vedo il sangue schizzare. L’uomo in tutto ciò continua a muovere le braccia e le gambe come se niente fosse, tenta di liberarsi del ragazzo, che però semplicemente non vuole saperne di scendere da lì; usando sie le sue gambe sia il suo peso rimane là sopra fino a quando l’uomo non la smette di combattere.
Lorenzo a questo punto si accascia su di lui per riprendere fiato, e anche io mi lascio cadere per terra facendomi scivolare sulla macchina più vicina per riposarmi.
Fortuna che non ho mangiato nulla, perché i conati di vomito sono più forti che mai adesso.
Rimango così per un po’, testa tra le gambe e bocca aperta per facilitare il vomito che però non ne vuole sapere di uscire.
La testa mi pulsa di dolore mentre il resto del corpo trema dalla stanchezza.
Oddio …
<<Ehi.>> la voce di Lorenzo mi fa alzare lo sguardo, anche se con molta fatica <<Andiamo.>> mi dice lui indicando con la fronte la direzione opposta alla stazione.
Io lo guardo negli occhi. È la prima volta che me ne rendo conto, ma sono azzurri. Li troverei belli, se non fossero ridotti così male.
<<Dammi un secondo.>> gli dico.
<<Non so … se lo hai.>> continua lanciando uno sguardo alla stazione <<Ho paura che possano vederci e seguirci. E a quel punto io->>
<<Va bene.>> stringo i denti, chiudo gli occhi e facendomi forza un’ultima volta mi tiro su; la testa inizia a girarmi, i muscoli urlano dal dolore al posto mio, ma riesco a rialzarmi. Di nuovo. <<Andiamo.>> gli dico.
Lui annuisce <<Andiamo.>>