Sorriso

La cliente di oggi è una ragazza alta. Lunghi capelli biondi, occhi color mandorla.
È nervosa. Continua a tamburellare con un tallone del piede, e si sta mordendo un labbro con regolarità.
È impaziente. Abbassa lo sguardo sull’orologio spesso.
Ma cosa più importante, è speranzosa. E lungi da noi voler deludere le aspettative di un cliente.
Entro nella stanza.
<<Salve.>> saluto.
Non appena mi vede gli occhi gli si illuminano, quindi si alza in piedi con scatto <<Salve! Buongiorno.>> saluta lei allungandomi una mano; è più fredda della mia.
<<Ho letto il suo rapporto.>> esordisco io, sedendomi al mio posto.
<<Sì.>> fa lei annuendo, tornando seduta.
<<Sa che per motivi legali non possiamo eseguire questa operazione senza una valida motivazione, giusto?>>
<<Sì sì. Mi pare di aver già scritto tutto. Manca soltanto questa cosa orale.>>
<<Esatto. Una piccola intervista, niente di ché. Non dovrà neanche essere troppo specifica, ci bastano pochi dettagli. E le ricordo che il tutto verrà registrato.>>
<<Sì, lo so.>>
<<Bene.>> le allungo un foglio <<Già dovrebbe saperlo, ma glielo ripeto. Lei adesso procederà con la rimozione forzata di determinati ricordi, ma non perderà solamente le informazioni visive bensì anche quelle sensoriali. Quindi odori, colori, suoni, emozioni e anche pensieri potrebbero essere cancellati. Volendo può decidere di lasciare alcune parti dei suoi ricordi intatti, come ad esempio volto, nome e specifici eventi.>>
Lei annuisce <<Va bene.>>
<<Ottimo.>> tiro fuori la mia penna e il mio taccuino <<Dunque … lei ci ha chiesto di togliere il ricordo di una specifica persona dalla mente. Il soggetto in questione è un uomo, coetaneo se non mi sbaglio. Lo conosce dalle elementari.>>
<<Corretto.>>
<<Le motivazioni che ci ha dato sono di tipo sentimentale, quindi lei vuole dimenticare i sentimenti che prova verso di lui. Giusto?>>
<<Esatto.>>
<<Bene. Mi racconti un po’ come lo ha conosciuto.>>
Lei sospira <<Beh … come ha detto lo conosco da quando sono piccola. Eravamo compagni di classe. Lui era un bimbo pieno di amici e faceva un sacco di casino, io me ne stavo più per le mie con un’altra mia amica invece. Lui abitava vicino a me però, quindi a partire dalle medie abbiamo iniziato a tornare da scuola insieme, a piedi.>>
<<E così facendo avete avuto occasione di conoscervi meglio.>> intuisco io.
<<Esatto.>> sorride lei <<Era l’unico momento della giornata in cui potevo parlarci, perché i suoi amici non c’erano. C’ero solo io. Ed era gentilissimo con me.>>
<<Quindi in classe non parlavate?>>
<<N … no. Lui era amico di tutti quindi aveva sempre qualcuno di più divertente di me con cui stare. Conosceva molti bambini di altre classi poi, quindi anche quando stavamo in giardino dopo la pausa pranzo era circondato da persone.>>
<<Capisco.>>
<<Comunque … temo che tutto sia iniziato in quel momento. Alle medie intendo, in quelle camminate che facevamo da scuola a casa. Io ero timidissima ma lui mi spronava sempre a parlargli. Sorrideva sempre. Faceva battute. Una volta mi ha anche comprato anche un gelato.>>
<<Oh … era un gentiluomo.>>
<<Sì …>>
<<E lei ha sviluppato dei sentimenti per lui?>>
<<Suppongo di sì.>> sospira con desolazione lei <<Comunque lui aveva già baciato qualcuna. In bocca dico. E c’erano altre bambine che gli facevano la corte, quindi io non parlavo mai dei miei sentimenti con lui, anche perché potevo parlargli solo durante quelle camminate pomeridiane … e non duravano un granché. Dieci, forse venti minuti al massimo. Non di più.>>
<<Uhm …>>
<<Quel periodo è durato per tutte le medie però, quindi non è stato corto.>> continua lei <<Il primo anno ci limitavamo a parlare di scuola, di professori antipatici, di materie da studiare per il giorno dopo … dal secondo in poi abbiamo iniziato ad aprirci molto di più però. Ho scoperto le sue passioni e lui le mie.>>
<<Siete diventati amici quindi.>>
<<Sì … ma no. In classe non parlavamo molto. Il suo gruppo di amici non faceva per me, e io non facevo per loro. E poi non ci sentivamo fuori da scuola, quindi d’estate non lo vedevo mai. Anche se lo pensavo sempre.>>
<<Immagino.>>
<<Tornava sempre tutto abbronzato, con la pelle un po’ bruciacchiata … e mi faceva arrossire. Avevo sempre le farfalle nella pancia quando lo vedevo per la prima volta dopo le vacanze. Lo guardavo sempre di nascosto.>> esita un attimo e il suo sguardo si intristisce un po’ <<Mi ricordo di un giorno … ero seduta al banco, e lui era in un banco lontano dal mio, attaccato alla finestra. Piedi sul tavolo, telefono in mano, baciato dal sole … ho questo ricordo in mente perché quella era una giornata particolarmente bella. Il professore non c’era e c’erano anche pochi alunni in classe, quindi tutti erano calmi e tranquilli. E io l’ho guardato per tutta l’ora.>> racconta con occhi malinconici <<Mi mancano quei giorni. Affianco a me c’era la mia migliore amica. Cercava di distrarmi da lui, voleva parlare dell’ultimo libro che aveva letto e voleva che le dassi dei pareri a riguardo, io però non potevo fare a meno di guardare lui e sognare … bei tempi.>>
<<Cosa è successo poi?>>
Lei scuote la testa <<Niente di speciale a ripensarci. Lui si è voltato e ha visto che lo stavo fissando. Io ho subito spostato la testa per la vergogna, ma dopo due minuti l’ho girata di nuovo verso di lui. E lui mi stava ancora guardando.>> dice con un leggero sorriso <<Ha aspettato per due minuti interi. E quando ha visto che lo cercavo con lo sguardo … mi ha sorriso. Dolcemente.>>
<<E quel sorriso significa molto?>>
<<No … non per lui. Ma all’epoca aveva reso l’intera giornata memorabile. Ancora me la ricordo infatti! Ancora la sogno. Ancora ci penso. Ancora mi viene da ridere … e piangere. Nel senso … mi ha beccato mentre lo fissavo, ma al posto di ignorarmi ha aspettato per due minuti che io tornassi a guardarlo così da potermi sorridere di rimando … e anche io ho sorriso di rimando! E ci siamo guardati negli occhi per … non lo so. Non so quanto. Secondi che son sembrati anni.>> racconta lei, mentre la voce si fa emotiva <<Oddio … ogni volta che ci ripenso la pancia mi si stringe. Sarà perché era bellissimo. Sarà perché mi sono fatta millemila film mentali. Sarà perché sono stupida … ma quel sorriso non mi ha fatto dormire quella notte. L’ho pensato, e ripensato, e ripensato … e una volta addormentata, l’ho sognato. E …>> si blocca un attimo <<quando mi sono svegliata il letto era sporco di sangue.>> gli sfugge un sorriso nervoso <<Era la prima volta che mi capitava. Ed è successo per colpa sua, perché ho pensato a lui tutta la notte. Ci crede?>>
<<Certo che ci credo.>> la rassicuro io con un sorriso delicato.
<<Già …>> sospira lei <<che bimba stupida che ero.>>
<<Le medie alla fine sono finite però.>> dico per spronarla ad andare avanti con la storia.
Lei sospira nuovamente <<Sì.>>
<<E cosa è successo tra voi due dopo?>>
<<Ho sperato in una nostra ultima camminata insieme. Ma non è successo. È andato a festeggiare la fine della scuola coi suoi amici … giustamente. E io sono tornata a casa da sola.>>
<<Mai più rivisto?>>
<<Certo che l’ho rivisto. L’anno dopo, alle superiori. Ho scelto la stessa scuola che ha scelto lui proprio per la sua presenza. Speravo di tornare a casa a piedi insieme a lui di nuovo. Che stupida …>>
<<Fammi indovinare. Non è successo.>>
<<Assolutamente no. Di mattina io andavo in macchina, e lui a piedi. Al ritorno lui se ne andava sempre coi suoi amici da qualche parte … e le poche volte che tornava a casa a piedi era comunque in compagnia di qualcuno.>>
<<E la vostra relazione in classe? Eravate ancora amici?>>
<<Amici?>> lei ci riflette un attimo <<Lui al massimo mi salutava quando si ricordava che esistessi, ma niente di più. Come al solito non parlavamo molto. Delle volte mi chiedeva dei favori, tipo delle monete per la merenda, dei fogli, delle penne … e io acconsentivo a tutto. Ma non interagivamo moltissimo. Quei giorni mi ero fatta anche più amici, quindi spesso stavo con loro mentre lui stava con il suo gruppo. Alla fine ha preso il motorino a sedici anni, e da quel giorno le nostre interazioni sono scese a zero fuori dalla scuola.>>
<<Eppure ha continuato a pensare a lui.>>
Lui fa un mezzo sorriso <<L’ho già detto che è bellissimo? In classe si faceva sempre notare, anche perché era bravissimo a scuola. Io … non troppo. Quella scuola non faceva per me. Ne dovevo scegliere un’altra. Ero andata lì per lui, non per le materie. Che stupida …>>
<<L’ha completata però? La scuola.>>
<<Certo.>>
<<E si è ambientata bene?>>
<<Sì … più o meno. Mai litigato, mai fatto scenate … i professori alla fine erano anche soddisfatti di me.>>
<<E questo ragazzo qui, dopo la scuola lo ha continuato a vedere?>>
<<Io …>> lei sospira <<no.>> ammette <<Dopo le superiori è scomparso. Lo vedo solo sui social, ma non gli scrivo. E lui non scrive a me. Ormai non siamo più amici. La nostra “relazione” è terminata con le medie. E l’ultima cosa di cui abbiamo parlato>> fa un mezzo sorriso malinconico <<erano i compiti di scienze per il giorno dopo.>>
<<Capisco.>>
<<Mi sono fidanzata all’università.>> parla lei con rinnovata energia <<Il mio ragazzo è veramente gentile. Non è bellissimo come lui. Non è molto atletico. Non è neanche troppo bravo a scuola. Ma mi fa sorridere! Ha sempre la battuta pronta!>> dice lei lasciandosi sfuggire per l’appunto un sorriso <<Lui è …>> si blocca un attimo <<credo che lui pensi la stessa cosa di me. Non sono il massimo, ma sono il meglio che poteva avere. Già. Questo è quello che penso anch’io. Non è il massimo. Ma non è neanche male.>>
Io annuisco <<Ma quindi … perché vuole dimenticare la persona di cui mi ha parlato? Se non la vede più, che problema c’è?>>
<<L’altro giorno l’ho rivisto. Da lontano. Sotto al sole. Rideva. Era con amici, e probabilmente la fidanzata.. Lui … è bellissimo. Come al solito. E vederlo sorridere mi ha ricordato di quel giorno alle medie, del giorno in cui mi sono fatta tutti quei film mentali, del giorno che non se ne vuole andare dalla mente per colpa di uno stupido, singolo, sorriso.>>
<<E ciò cosa ha comportato?>>
<<Un crollo.>> dice lei <<Perché ho pensato a come … a come sarebbe stato bello essere un pochino più carina. Un pochino più estroversa, più simpatica, più intelligente, interessante … Ho pensato che … che quel giorno non tornerà più. Che non importa cosa accadrà, non starò più su un banco di scuola a pensare al nulla con la mia migliore amica di fianco e il mio amore segreto dall’altra parte della stanza. Ho pensato di aver … perso. Perso occasioni, perso tempo, perso lui e i cinque anni di superiori fatti solo per poterlo vedere ma mai parlarci … ho perso tutto.>>
<<Lei è ancora molto giovane però.>> le ricordo.
<<Già. È questo il problema. Questa vita ti da i migliori anni quando sei ignorante e stupida. E quando cresci e finalmente capisci qualcosa … è tardi. Perché ora io devo studiare. E lavorare. Non è come quando andavo alle medie, che non facevo nulla. Non è come alle superiori, che era tutto facile. No. Ora in classe non ho tempo per guardare i ragazzi, a malapena posso guardare i prof mentre spiegano …>> fa un sospiro <<io … il punto è che sono fidanzata. E il ragazzo con cui sto è davvero speciale. Vorrei amarlo come ho amato lui. Vorrei vederlo come vedo lui. Non trovo giusto il fatto che mentre mi …>> esita un attimo prima di continuare, poi riprende a parlare con voce più bassa, come se non volesse farsi sentire da nessuno, neanche da me <<che mentre mi masturbo … penso a lui. Capisce? Non lo faccio pensando al mio ragazzo … lo faccio pensando all’amico d’infanzia che non vedo da anni, perché alla fine, anche se provo a ignorarlo, so che lui è meglio del mio attuale fidanzato. A scuola è sempre stato uno dei più bravi, nello sport è sempre stato uno dei più forti, e … beh, è anche uno dei più belli che io conosca.>>
<<Capisco. Ma forse dovrebbe pensare che lui non sia poi così>>
<<Lo so.>> taglia corto lei <<So cosa vuole dirmi, in molti lo hanno detto. E avete ragione. Nessuno è perfetto. Il punto è che sebbene io lo sappia … il mio cuore non lo sa. Ancora sogno quel sorriso. Ancora sogno quella classe. Ancora sogno quello sguardo. Ancora perdo sangue sul letto quando succede. E sono stanca. Voglio dimenticarlo. Lui mi ha rapito il cuore quel giorno … e voglio riaverlo. Voglio riaverlo e darlo a chi dico io. A chi voglio io. Al mio fidanzato.>>
<<Molto bene. Esattamente cosa vuoi dimenticare di lui? Volto? Emozioni? Sentimenti?>>
<<Tutto.>> sputa lei <<Lui non deve esistere.>>
<<Vuole eradicare completamente quella persona?>>
<<Sì. Completamente.>>
<<Non glielo consiglio. Amicizie in comune, parenti … lui stesso potrebbe finire per incontrarla e a quel punto ci sarebbe un problema, capisce? Inoltre, per questioni legali, non possiamo cancellare completamente la memoria di una persona riguardo un’altra persona senza avvertire quella persona.>>
<<Quindi … voi lo avvertirete?>>
<<Esatto. Arriverà una lettera a casa sua che dirà che lei si è chimicamente dimenticata della sua esistenza. Non saprà i dettagli né le motivazioni, ma almeno se mai la rivedrà non farà il rischio di correrle in faccia e salutarla.>>
La ragazza ci riflette qualche secondo, poi sospira <<Ci sono alternative? Non voglio che vada a dire ai suoi amici una cosa del genere. Non voglio incappare in uno di loro senza rendermene conto, né voglio che … che faccia cose strane, ecco. Non voglio che una volta dimenticato torni da me per farsi ricordare o cose così.>>
<<Possiamo prevenire una cosa del genere molto facilmente. Possiamo immettere nel tuo cervello una repulsione istintiva per quel ragazzo. Anche senza ricordarsi di lui, lei lo eviterà.>>
<<Uhm … beh …>>
<<E infine ci sono alternative molto più discrete.>>
<<Ovvero?>>
<<La sola rimozione dei sentimenti e delle emozioni.>>
<<Cioè?>>
<<Lei si ricorderà di lui. Di quel sorriso. Della vostra adolescenza. Delle vostre chiacchierate pomeridiane. Ma il suo cervello non rievocherà né le emozioni né i sentimenti che ha provato e sta provando ora. In poche parole lui diventerà come lo zio che ha visto da piccola di cui si ricorda ma di cui, alla fine, non gli importa nulla. Capito? Sarà … come quelle persone che vede per strada. Sa della loro esistenza, ma non ci fa realmente caso. Sono irrilevanti. E come loro, anche lui diventerà irrilevante.>>
<<Oh … e in questo caso lui non verrebbe avvertito, giusto?>>
<<Esatto. Non verrebbe avvertito.>>
<<Uhm … va bene. Ma … i sentimenti->>
<<Non si preoccupi, lei proverà comunque i sentimenti per il suo attuale fidanzato. Non verrà alterato nulla. Le uniche cose a cambiare saranno i sentimenti che prova verso questa persona.>> gli spiego io <<Descriva quel sorriso che tanto la tormenta.>>
<<Beh … l’ho già detto. Bellissimo. Dolce. Sotto ai raggi del sole, quindi anche splendente … unico. Lontano. Troppo lontano, almeno per me.>> e sospiro <<Non lo so… che altro dovrei dire? Fantastico? Angelico?>>
<<Bene. Ora pensi al sorriso di una persona qualunque che ha visto per strada. Lo ha in mente?>>
<<S … sì.>>
<<Bene. Descriva quello.>>
<<Beh … è un sorriso normale.>> è la sua risposta <<Forse un po’ allegro, perché stava ridendo a una battuta, ma … un sorriso normale.>>
<<Esatto. “Normale”. Dopo l’operazione quel sorriso angelico che la tormenta diventerà proprio questo, un sorriso normale. Dimenticabile. Relativamente inutile. Lei si ricorderà di lui quando lo vedrà per strada, ma non si ricorderà di averlo amato, né si ricorderà di aver mai provato nulla per lui. Lo vedrà esattamente come vede tutti gli altri passati. Se è bello come dice, lo vedrà com uno dei tanti ragazzi “carini” che camminano per strada. E se è davvero così bello come lo descrive manterrà il suo sguardo su di lui per qualche secondo in più del normale, ma alla fine … >>
<<Alla fine lo distoglierò.>> termina la frase lei <<Come faccio con tutti gli altri ragazzi carini che incontro.>>
<<Esatto. Non rimarrà più, mai più, a fissarlo.>>
Lei sorride, con un pizzico di sollievo e felicità <<Grazie.>> dice <<Quel sorriso … non mi stava più facendo sorridere ormai.>>
Io chiudo il taccuino su cui ho preso le note <<Bene. Direi che siamo pronti.>> mi alzo in piedi <<Prego, mi segua.>>
<<Sì!>> lei si alza a sua volta <<Andiamo.>>

Il cliente di oggi è una giovane donna. Alta, lunghi capelli scuri.
È ansiosa, la decisione che sta prendendo la sta tormentando.
Delle volte piega le mani in preghiera, poi alza lo sguardo al cielo come se fosse alla ricerca di una risposta.
Entro in stanza.
<<Salve.>>
<<Salve!>> risponde subito lei, alzandosi <<Come stai?>>
<<Bene, grazie. Lei?>>
<<Bene … più o meno.>>
Le sorrido leggermente e mi metto seduto al mio posto; lei mi imita.
<<Vedo che è molto tesa.>> le dico.
<<Già …>>
<<Ha preso una decisione molto difficile.>>
Lei annuisce <<Ma è anche quella giusta.>>
<<Bene.> > tiro fuori un foglio e glielo allungo <<Dovrebbe già saperlo, ma per motivi legali lei deve avere una buona motivazione personale per eseguire questa operazione. Inoltre deve anche fare questa piccola intervista registrata.>>
A lei sfugge un sorriso nervoso <<La mia motivazione credo che è abbastanza valida.>> dice <<Come già sai, sono qui da poco. Sono una immigrata. E sto seguendo il programma di integrazione statale.>>
Io tiro fuori il mio taccuino e la mia penna <<Sì, lo so.>>
<<Ho mandato tutti i documenti, giusto?>>
<<Sì, sì. Li abbiamo. Ciò che voglio è che lei mi racconti brevemente com’era la sua vita nel suo paese d’origine, e cosa l’ha spinta ad andarsene.>>
<<Uhm …>> lei si ferma un attimo a pensarci su <<beh … in realtà non era malissimo. Quando ci penso mi vengono sempre in mente cose belle. Come il cibo. O il sole.>> e sorride <<Qua fa sempre freddo. Lì invece fa molto caldo, però non è umido quindi non sudi molto. Mi ricordo che da bambina mi arrampicavo sugli alberi per mangiare la frutta che cresceva. E che di mattina, all’alba, quando ancora non c’era il sole era bellissimo giocare fuori di casa perché c’era la nebbia fresca e non faceva caldo come il resto del giorno. Mi ricordo i bambini piccoli che correvano dietro alle macchine, le poche volte che passavano per il villaggio. E mi ricordo che di notte ci sedevamo intorno al fuoco a raccontarci delle storie.>>
<<Ed erano belle queste storie?>>
<<Uhm … erano storie per bambini più che altro. Alcune però facevano paura. Di notte ad esempio era vietato andare in cucina. Credono che di notte in cucina passano gli spiriti e che se li vedi in faccia, muori.>>
<<Oh …>>
<<Non dobbiamo neanche accendere la luce per dargli fastidio. Dobbiamo fare silenzio quando camminiamo di notte in casa, o si accorgono che sei sveglio.>>
<<E tu ci credevi?>>
Lei sorride in modo colpevole <<Certo.>> dice <<Però … non sembrava così stupido da bambina. Perché delle volte, quando non riuscivo a dormire, sentivo il rumore dei piatti e delle pentole venire dalla cucina. E morivo di paura.>> e gli sfugge una risatina <<Meno male che gli spiriti sono gentili e non entrano nelle stanze!>>
<<Già.>>
<<Lì ci sono tante leggende e credenze. E accadono anche cose strane. Sono contenta che qui sia tutto più normale.>> e ride di nuovo <<Lì succedono anche cose brutte però. Mi ricordo ancora di un amico che avevo da bambina, a scuola. Lui era gentilissimo. Sorrideva sempre. Era magrissimo ma aveva sempre una faccia allegra. Se qualcuno gli domandava come stava, lui diceva che stava bene. Poi però è morto di fame in casa dei suoi genitori. Non avevano abbastanza soldi per comprare da mangiare.>>
<<Oh …>>
<<La sorella è viva invece. Lei andava in giro a chiedere a tutti se avevano dei soldi per la merenda. Urlava, piangeva, era davvero antipatica! Credo che rubava anche delle volte. Lui era troppo gentile per rubare, non lo faceva mai. E non chiedeva mai nulla. Non si lamentava mai. Era davvero tanto educato. La sorellina piccola invece cercava sempre qualcosa da mangiare.>> lei sospira <<E infatti ora lei è viva. E lui è morto.>>
<<Ha visto tante persone morire?>>
Lei fa un mezzo sorriso <<Non lo so. Ho visto mio cugino morire di malattia a nove anni. Una sera lui ha detto che gli faceva male la pancia. Non era una cosa nuova, gli faceva spesso male la pancia, ma in genere gli passava dopo un po’. Quella sera lui ha pianto tanto invece. Non abbiamo dormito perché ha pianto tutta la notte. La mattina dopo ero stanchissima, non smetteva di piangere. Alla fine quando facevo colazione l’ho sentito smettere. Ero contentissima! Sono corsa dalla nonna a dirle che finalmente era passato il mal di pancia. Ma la nonna non sorrideva.>>
<<Perché era morto?>>
<<Sì. Aveva smesso di piangere perché era morto. Lo abbiamo sotterrato dietro casa.>>
<<Sa cosa avesse?>>
<<Un tumore alla pancia? Non lo so. Lo hanno portato in ospedale, ma i medici hanno chiesto troppi soldi per curarlo. E noi non li avevamo. Quindi … non sapremo mai cosa aveva.>> sospira lei <<Però ho un sacco di cugini io. Uno mi ha infilato un bastoncino nell’orecchio, quando eravamo piccoli. Credo che mi abbia danneggiato il nervo quella piccola peste, perché certe volte ancora mi fa male.>> e sorride leggermente <<E poi c’era la mia amica. Dicevamo che avremmo fatto tutto insieme, che saremmo rimaste sempre insieme, che … che avremmo avuto lo stesso fidanzato addirittura. La stessa casa. Gli stessi figli.>> e scoppia a ridere <<Che stupide.>>
<<Che fine ha fatto lei?>>
<<Lei? Si è fidanzata. E indovina? Ha subito cambiato idea! Il suo fidanzato era suo, e solo suo. Non ci siamo parlate molto da quel momento, fino a quando non è venuta a casa mia a chiedermi aiuto.>>
<<Per cosa?>>
<<Per ritrovare il fidanzato che l’aveva messa incinta e poi è sparito!>> e detto ciò scoppia a ridere <<L’abbiamo cercato ovunque. E quando l’abbiamo trovato è saltato fuori che in realtà lui non era il papà, ma qualcun altro. Alla fine l’ho lasciata alle sue ricerche. Avevo perso una giornata intera a fare domande a tutto il villaggio per trovarlo, e quando abbiamo scoperto che forse è stata una ricerca inutile mi sono stufata. Però ammetto … che mi sono divertita. Quel giorno abbiamo di nuovo chiacchierato, come due migliori amiche. È stato l’ultimo giorno in cui abbiamo davvero parlato. Ed è stato divertente. Me lo ricorderò sempre. “Io e la mia amica alla ricerca del fidanzato perduto!”. Sembra uno di quei film comici che trovi a tre euro nei supermercati.>>
<<Cosa l’ha spinta ad abbandonare il suo paese?>>
<<Volevo viaggiare. Non sapevo niente del resto del mondo. Non pensavo che ci fossero posti così ricchi in giro. Così un giorno ho fatto le valige e me ne sono andata. Pensavo che mi sarei divertita, e sono partita insieme ad altre persone.>> lei sospira <<Attraversare il deserto non è stato molto divertente purtroppo. Lì la gente moriva di sete. Due persone sono morte perché …>> esita e rabbrividisce <<la donna ha avuto “le sue cose”, e dato che stavano morendo di sete hanno deciso di bere quelle!>>
<<E tu come hai fatto a sopravvivere?>>
<<Avevo le mie scorte di acqua. E le tenevo ben nascoste dagli altri. Fortuna che dopo il deserto le cose sono migliorate. Ho visto tanti posti caldi e belli. C’era gente che scappava dalla guerra e altri che scappavano dalla fame. Io ero solo curiosa invece. Il mondo era grandissimo, ed era bellissimo.>>
<<Ora però si è fermata però.>>
<<Sì … sì, devo fermarmi. Sono incinta. Non posso continuare a viaggiare, quindi le mie avventure finiscono qui. Le persone sono gentili da queste parti però. Davvero tanto gentili. Ma per restare devo fare questo programma di integrazione.>>
<<Va bene. Sa in cosa consiste questa operazione?>>
<<Più o meno … dimenticherò il mio passato?>>
<<Non solo. Le verrà creato un passato fittizio. Daremo alla sua lingua un accento locale, così le persone crederanno che sei nata qui. Dopodiché creeremo una famiglia, morta da tempo, che a sua volta abitava qui. Le daremo un’infanzia in questa nazione, un’origine in questa nazione, e lei penserà di venire da uno dei piccoli paesini sperduti di questo posto. Avrà le stesse credenze del posto e le stesse tradizioni. Cambieremo anche il suo nome e il codice genetico sia suo che di suo figlio.>>
<<Che succederà a mio figlio di preciso?>>
<<Non essendosi ancora sviluppato, possiamo fare ancora molto. Prima di tutto cambieremo le sue sembianze somatiche. Sarà come tutti i bambini locali quindi molto diverso da lei, ma cercheremo di mantenere alcuni tratti dove possibile.>>
<<Ma se sarà diverso penserà che io non->>
<<Lei penserà di averlo fatto con un uomo del posto, che poi è morto o l’ha abbandonata. Quindi crederà che il figlio ha ereditato tutto da lui, e questo è ciò che gli dirà.>>
<<Ah …>>
<<Questo vale sia per il figlio che ha in grembo, che per i suoi futuri figli.>> dico io guardando la donna <<Da questo momento, tutti i figli che farà saranno fatti seguendo i tratti somatici della popolazione locale. Non importa l’uomo con cui li farà.>>
<<Quindi se dovessi sposarmi con un uomo del mio paese …>>
<<Vostro figlio avrà comunque le sembianze somatiche tipiche di questa nazione.>>
<<Strano …>>
<<Queste sono le regole. Ma guardi il lato positivo: lei potrà scegliere molte cose di lui. Potrà scegliere se avere un figlio sportivo o uno studioso. O magari un appassionato di musica. Potrà scegliere se averlo dai capelli biondi, rossi, neri, castani … se dargli gli occhi blu, o verdi, o magari entrambi.>>
<<Preferisco lasciare al caso queste cose.>>
<<Ne è sicura?>>
<<Non vorrei scegliere per lui qualcosa che poi non vuole fare.>>
Io sorrido rassicurante <<Tranquilla, lei non sceglierà il suo futuro lavoro, bensì le sue future predisposizioni. Se lei ad esempio vuole avere un musicista come figlio, lo creeremo con un cervello dotato di un’elevata intelligenza musicale. Sarà lui stesso ad appassionarsi di musica, e lo farà da solo, lei non dovrà fare nulla. Capito? Non lo costringeremo a intraprendere una strada specifica, ciò che gli daremo sarà una semplice “spinta” nella direzione scelta da lei.>>
Lei annuisce <<Va bene. E per quanto riguarda la mia famiglia? Quella vera intendo. Mi hanno detto che avrei potuto rivederla, ma se mi dimentico di loro come farò a farlo?>>
<<I suoi ricordi verranno conservati.>> le spiego <<Una volta all’anno lei tornerà qui e glieli ridaremo. Una volta all’anno si ricorderà della sua vera vita, e della sua vera originale. Potrà quindi contattare la sua famiglia e, chissà, forse anche andare a trovarla.>>
<<Quanto dura questa cosa?>>
<<Potrà mantenere i suoi ricordi fino a un massimo di un mese. Ma ci sono delle condizioni da rispettare. Suo figlio, ad esempio, non dovrà sapere nulla di tutto ciò, motivo per cui lei non potrà interagire con lui quando riavrà i ricordi.>>
<<Capisco. E dopo mi dimenticherò di nuovo di tutto?>>
<<Esattamente.>>
<<Ma cosa mi spingerà a tornare qui una volta all’anno se mi dimenticherò di tutto?>>
<<Lei crederà di avere una malattia rara per la quale deve venire a fare un ricovero ogni anno, un ricovero che dura fino un mese di tempo al massimo. Con questa scusa giustificheremo le sue assenze anche al figlio e al resto dei suoi conoscenti.>>
<<Capisco.>>
<<Bene.>> mi alzo in piedi <<Mi segua allora. Abbiamo molto da fare.>>

Il cliente di oggi è un uomo sulla trentina.
È alto, robusto, capelli rasati e scuri.
Sembra nervoso ma sta facendo di tutto per non farlo vedere.
Entro in stanza.
<<Salve.>>
<<Ehi.>> mi saluta lui <<Salve.>>
Io avanzo verso il mio posto e mi metto seduto davanti a lui.
<<Dunque …>>
<<Sì.>> parla lui <<Sono qui perché alla fine ho deciso di fare questa cosa, questa … cancellazione della memoria, ecco.>>
<<Bene.>> gli allungo un foglio <<Dovrebbe già saperlo, ma>>
<<Sì, sì, lo so. Devo fare un’intervista in cui dico perché voglio farlo, giusto? Ma viene registrata la conversazione, o è privata?>>
<<È privata>> confermo io <<ma viene registrata, sì. Nessuno la può vedere ovviamente.>>
<<Neanche il governo?>>
<<Se anche fosse, non potrei dirglielo.>>
Lui fa un mezzo sorriso <<Giusto. Vabbè, ehm … allora, mi chiamo>>
<<Mi deve solo dire gli elementi più importanti.>> lo interrompo io, prendendo in mano il mio taccuino e una penna <<Ci serve per l’operazione.>>
<<Ah … va bene. Allora … io sono sempre stato un ragazzo un po’ … attivo diciamo. Da piccolo facevo sempre qualche casino, mamma mi sgridava sempre e quel cogl-, ehm, e quello che sarebbe dovuto essere mio padre, che in realtà è un tizio a caso per quanto mi riguarda, non c’era mai a casa. E quando c’era non faceva altro che litigare con mamma. Insomma, un’infanzia di merda.>>
<<Capisco.>>
<<A scuola non facevo troppo schifo, ma non mi impegnavo per un cazzo. Piuttosto che studiare usavo il mio tempo libero a fare altro. Ricordo che da ragazzino rubavo la frutta, insieme a degli amici. Poi la rivendevamo al mercato tipo. Abbiamo fatto tante altre cose, tipo …insomma, le solite cose. Un po’ di furti, venduto della droga, l’abbiamo anche usata … Ricordo anche di aver rubato la moto a uno stronzo, e gliel’ho buttata nel fiume.>> a quel ricordo gli sfugge un sorriso <<Quanto se lo meritava … poi vabbè, ho iniziato a fare a pugni. Mi sono iscritto a un corso di MMA e sono diventato così bravo che un giorno ho gonfiato mio padre. L’ho mandato in ospedale, e lui in risposta lui mi ha cacciato di casa. Quindi sono andato a vivere insieme a degli amici. Mi divertivo con loro, bevevamo, scopavamo, facevamo quello che ci pareva. Era tutto perfetto.>>
<<E quindi perché sei qui?>>
Lui sospira e il volto si fa meno luminoso <<Beh, ho fatto un po’ di cazzate. Un po’ tante. E ora ho la possibilità di rifarmi una vita e quindi … non dico che vorrei dimenticare tutto, però ci sono cose che non riesco a fare per colpa dei sensi di colpa.>>
<<Non c’è bisogno di “dimenticare tutto”.>> gli spiego io <<Possiamo inibire i sensi di colpa volendo, in particolare quelli riguardanti gli eventi che vorrebbe dimenticare.>>
<<Sì … mi avevate detto che era possibile … beh, non sarebbe male. Non voglio dimenticare, voglio solo smettere di pensarci.>>
<<Capito. Ma esattamente cos’è che la turba?>>
<<Un po’ di cose.>> sospira lui <<Da giovane io e i miei amici avevamo preso di mira un ragazzo. Mi ricordo di averlo schiaffeggiato una volta, e lui ha semplicemente accettato lo schiaffo. Ho iniziato a farlo ogni volta che faceva “qualcosa che non mi piaceva”, e anche i miei amici poi hanno iniziato a farlo. A un certo punto ha iniziato a fare quello che volevamo. Credo che avesse qualche malattia mentale, non lo so … i genitori a casa sua non lo aiutano per niente, era sempre solo.>> racconta <<Mi ricordo che lo facevamo andare in giro nudo e gli facevamo i video. Gli facevamo mangiare i pomodori crudi finché vomitava. Ci divertivamo a pisciargli addosso. Era divertente. Lo abbiamo usato per le consegne di erba nelle scuole a un certo punto. Era così stupido che neanche sapeva cosa stava portando.>>
<<Che fine ha fatto?>> domando io a questo punto.
<<Non lo so. Ricordo solo che l’ultima volta che l’ho visto per strada è scappato via. Non so altro.>> dice <<Mi dispiace perché sono certo che avesse delle malattie mentali. Però in quei momenti era troppo divertente fare quello che facevamo, quindi …>>
<<Non te ne sei preoccupato.>>
<<Già. E poi c’è stata la storia di un tipo della mia scuola. Non andavo forte a scuola, però avevo un sacco di amici … e c’era questo tipo qui. Mi faceva un po’ pena, si vergognava di tutto, stava sempre zitto … e questo mi dava fastidio. Lo prendevamo in giro spesso, e lui andava sempre a piangere dai professori quando poteva. Quanto lo odiavo per quello. Ero meglio in tutto rispetto a lui. Era più brutto, più basso, un sacco più debole, e anche più stupido perché lui studiava e malgrado ciò delle volte prendeva i miei stessi voti, che neanche compravo i libri di scuola. Eppure lui pensava di essere meglio di noi solo perché si comportava bene e non faceva mai casino, capito? Pensava che saremmo finiti in prigione o a lavorare come operai in qualche fabbrica. Pensava di essere superiore quando in realtà neanche riusciva a guardare in faccia le persone quando ci parlava. Mi faceva schifo cazzo.>> racconta <<Era riuscito a fidanzarsi un giorno. Mi dava fastidio che fosse fidanzato. Non volevo che lo fosse.>>
<<Eri invidioso?>> domando io.
<<No … la ragazza era brutta, io mi scopavo ragazze mille volte meglio … però mi dava fastidio che fosse fidanzato perché dato che io cambiavo ragazza spesso lui pensava di essere migliore perché stava sempre con la stessa. Diceva che il suo era “vero amore” e che io non lo avrei mai potuto provare. Quindi quando potevo lo prendevo per il culo in presenza della fidanzata. Ho iniziato a provocare anche lei. Mi ricordo che gli sputavamo in testa quando li beccavamo fuori da scuola. O gli urlavamo dal motorino, lanciandogli addosso delle cose. E un giorno, non so il perché, ha litigato con quella tipa. Io sapevo chi era, la conoscevo per via di altri amici, e l’ho fatta invitare da un’amica a una festa. È venuta e sono riuscito a scoparmela. Non è stato difficile perché non ho neanche dovuto sedurla, le ho solo detto che volevo far ingelosire il suo ragazzo, e lei è stata d’accordo perché ha detto che aveva litigato con lui e quindi lo odiava e altre cazzate. Quindi me la sono scopata, ho fatto delle foto e gliele abbiamo mandate. Lui l’ha subito chiamata, e lei ha risposto mentre ancora glielo stavo sbattendo nel culo.>> gli sfugge un sorrisetto divertito <<Bei tempi cazzo … mi sentivo come se fossi in cima al mondo. Un dio. Lui è rimasto zitto, ci ha sentiti scopare per qualche minuto, e quando ho iniziato a dirgli nel dettaglio cosa stavo facendo alla sua ex fidanzata e ha staccato la chiamata. A scuola ci siamo tutti messi a prenderlo per il culo mille volte di più, io e i miei amici dicevamo cose del tipo “ci siamo scopati la tua tipa” e via dicendo. Una volta si è arrabbiato così tanto che ha provato a risponderci, e lo abbiamo riempito di botte. L’ho riempito di botte. Da solo. Mi sono sentito soddisfatto da morire. L’ho massacrato e gli ho pisciato addosso. Da quel giorno non l’abbiamo più visto, ha cambiato scuola.>> dice <<So che fine ha fatto però, si è suicidato poco fa. Sembra che fosse depresso, senza un soldo e che stesse facendo un corso per disintossicarsi da qualche strana droga. Prima di morire mi ha scritto per dirmi che era colpa mia e altre cazzate. Si è suicidato perché quel coglione è andato a cercarmi sui social.>>
<<Cosa te lo fa pensare?>>
<<Beh, ho vissuto dieci volte meglio di lui. Il mio profilo è pieno di foto di amici, ragazze, vacanze … e ora ho una casa, una moglie, un lavoro, un bel un po’ di soldi da parte, e mi sono anche ripulito dal punto di vista legale. E poi … beh, io la scuola l’ho finita, lui no. Avendola cambiata ha ricominciato tutto da capo, e da quello che ho capito è stato bocciato e poi si è lasciato andare ed è diventato un drogato fallito. Probabilmente è andato a cercarmi sui social per vedere dove fossi finito, e dopo aver visto quanto quanto faceva schifo la sua vita rispetto alla mia se l’è tolta. Prima di farlo mi ha scritto però. Quello stronzo. Mi ha scritto e ora non faccio altro che pensarci.>>
<<Cosa le ha scritto?>>
Lui sbuffa <<Mi ha detto che per colpa mia e degli altri non è mai riuscito a socializzare, cazzate così. Non ho letto tutti i messaggi, non avevo né tempo né voglia, così gli ho detto che se continuava a rompere mi sarei scopato anche la madre e poi l’ho bloccato. Non pensavo si sarebbe suicidato però. Cioè … non credo neanche che mi dispiaccia, non me ne frega un cazzo di lui … però quando guardo mia moglie ci penso.>>
<<E perché?>> domando.
<<Lei è incinta. Forse ho paura che mio figlio diventi uno sfigato come lui, chi lo sa. Però queste sono paure stupide, quindi vorrei togliermi dalla memoria quel tipo. Magari non tutto … solo le emozioni che provo adesso. Non voglio dimenticarlo, però vorrei smettere di pensarci, capito? Io non farò come i suoi genitori, non crescerò una mammoletta incapace di guardare negli occhi le persone.>>
<<Capito.>>
<<E poi, parlando di bambini … c’è una cosa che voglio assolutamente dimenticare. Ti ricordi che ho detto di aver vissuto con della gente? Le cose sono andate bene fino a quando non sono peggiorate. Verso la fine una mia amica è rimasta incinta di un tipo a caso e non aveva neanche i soldi per l’affitto. Volevamo buttarla fuori di casa.>>
<<E lo avete fatto?>>
Lui scuote la testa abbassandola <<Peggio. Ha partorito, e … ha venduto il bambino.>>
<<L’ha venduto?>>
<<Non da neonato. Abbiamo provato a tenerlo tutti insieme, ma costava troppo in quel momento. All’età di tre anni lo ha venduto a dei strani tizi su internet per un po’ di soldi. Dopo quel momento … beh, quel gruppo ha iniziato a diversi. Lei ha iniziato a dire di sentire delle voci quando dormiva o stava da sola, altri nostri amici avevano incubi strani, e io alla fine ho deciso di andarmene da lì.>> racconta <<Ora so che fine ha fatto quel bambino però, perché la polizia mi ha raggiunto e fatto delle domande. È stato messo in una gabbia e usato come schiavo sessuale fino a un anno fa. Quando l’hanno tirato fuori di lì era … cioè non sapeva ancora leggere e scrivere, non sapeva neanche camminare, e aveva dieci anni. A malapena parlava.>> ha detto con voce un po’ debole <<Ha detto a quelli che lo hanno preso che voleva rivedere la mamma. Che … che non si sarebbe più comportato male, che non avrebbe più pianto. Quindi ha chiesto se poteva tornare dalla mamma.>>
<<E …?>>
<<La polizia mi ha raggiunto per fare domande sulla madre. Non so il come mi abbia trovato, non ne ho idea. Io ho raccontato quello che sapevo, e poi mi sono lasciato il passato alle spalle. Però ogni volta che vedo mia moglie, che è cinta … penso a loro. A tutta queste persone che ho conosciuto e che hanno avuto una vita di merda. Ma non voglio farlo. Voglio potermi godere la mia vita in pace senza dover pensare ai fallimenti degli altri.>>
<<Va bene.>> dico io <<Quindi … lei vuole ricordarsi di loro, ma smettere di provare sentimenti per loro?>>
<<Esatto! Sì, voglio ricordarmeli tutti. Ma non voglio pensarci troppo, non voglio perderci le giornate o le nottate. Quando avrò mio figlio voglio potermelo godere in pace. Sto lavorando duro per lui. Voglio dargli una gran bella vita.>>
<<D’accordo.>> annuisco io <<Se questo è tutto, possiamo proseguire con l’operazione.>>

Il cliente di oggi è un uomo sulla mezza età, e sta andando verso la sessantina.
È basso, molto magro, capelli corti e naso molto grosso.
È tranquillo, e sicuramente speranzoso. Mi sta attendendo con pazienza; è abituato a farlo immagino.
Entro in stanza.
<<Salve.>> lo saluto.
<<Salve! Buongiorno.>> risponde lui alzandosi in piedi.
Ci stringiamo le mani e ci mettiamo seduti ai nostri posti.
<<Dunque …>>
<<Sì.>> sorride lui <<Oggi è il gran giorno. Perderò … un pezzo di cervello!>> e ridacchia nervosamente.
<<Non proprio. Non perderà un pezzo fisico del suo cervello, bensì una sua funzione.>>
<<Quella più importante.>> aggiunge lui.
<<Forse.>> tiro fuori un foglio e glielo mostro <<Allora … per motivi legali lei deve avere una buona motivazione personale per eseguire questa operazione. So che le ha già date per iscritto, ma come ben sa dobbiamo fare questa piccola intervista registrata.>>
<<Sì, lo lo so.>> annuisce lui, rileggendo il foglio che già dovrebbe conoscere.
<<Bene. Allora … mi dica pure cos’è che l’ha spinta a voler compiere una tale scelta. Sono tutto orecchi.>> prendo penna e taccuino, pronto a scrivere degli appunti.
<<Beh …>> lui esegue un lungo sospiro <<da dove iniziare? Ho … 54 anni. E sono single.>>
<<Da quanto tempo è single?>>
A lui sfugge un mezzo sorriso amaro <<Da sempre.>> è la risposta <<Mai fidanzato. Mai baciato una donna. O un uomo, se è per questo.>>
<<Capisco. Però lei vuole farlo, giusto? Altrimenti non avrebbe fatto questa richiesta.>>
<<Esatto. Vorrei farlo. Ci ho provato … tantissime volte. Ci ho provato da bambino. Da ragazzino. Da ragazzo. Da adulto. Ora che sono vecchio non voglio più provarci però. Ma non voglio neanche avere rimpianti. Alla fine ho fatto quello che potevo. Se ho sbagliato qualcosa è giusto che io rimanga da solo … ma non voglio soffrire la solitudine. Non voglio più soffrire, sono stanco. Non posso chiedere di essere nato ricco. Non posso chiedere di essere nato bello. Non posso chiedere di essere nato intelligente o talentuoso in qualcosa. Ma almeno posso chiedere di non soffrire, e quindi … chiedo questo.>>
Io annuisco <<Questa operazione le toglierà ogni stimolo e desiderio sessuale e sentimentale nei confronti di altri animali e oggetti. In poche parole toglierà dal suo cervello feticismi, fantasie, desideri, volontà e sogni legati alla sfera sessuale e sentimentale. MA non la priverà della possibilità di sperimentare tale esperienze, ciò significa che se mai dovesse trovare la donna giusta, forse il primo bacio potrebbe ancora darlo. Ma fino ad allora non soffrirà più per la sua situazione sentimentale.>>
Lui fa un mezzo sorriso <<Ma come funziona?>> domanda <<Diventerò una sorta di … zombie?>>
<<No, no. Le spiego. L’amore, gli orgasmi, tutte queste belle cose qua hanno origine nel cervello. Esistono per spronare gli umani a procreare, è questo il loro obiettivo ultimo, ed è per questo che avere relazioni sessuali o amorose è così bello … perché il cervello premia gli umani per aver raggiunto tale obiettivo.>>
<<Capisco. E questa operazione cosa cambierà?>>
<<Cambierà il suo obiettivo. In poche parole … immagini di avere una lista di “missioni” nel cervello. La prima è “procreare”, e questa cosa è quella che da il maggior numero di ricompense. Serotonina, ossitocina, autostima, testosterone, dopamina, adrenalina … tante belle cose. Capito?>>
<<Sì.>>
<<“Mangiare”, per esempio, è in questa lista. Però è una missione molto semplice, quindi da poche ricompense. Capito?>>
<<Sì.>>
<<Bene. Noi cosa faremo? Toglieremo la missione “procreare” da questa lista.>>
<<E questo mi permetterà di essere felice?>>
<<No. Ma le impedirà di essere triste a causa del fatto che è single.>> spiego io <<Lei ora soffre di una leggera depressione. Si sente incompiuto, perché la maggior parte degli uomini della sua età hanno avuto almeno una storia d’amore. Si sente in qualche modo inferiore a loro. Si sente come se le mancasse qualcosa. Si sente solo, anche quando è insieme a parenti o amici. Si sente demotivato, come se non avesse nessun motivo per continuare a vivere. Dopotutto la sua missione ultima, “procreare”, è qualcosa che non può fare. Che senso ha continuare a vivere quindi? Lei, essendo un animale, vive solo per mandare avanti la linea di sangue. E non potendo farlo non ha motivo di vivere. È così che ragiona il cervello, ed è per questo che ora si sente così depresso.>> gli spiego <<Ma togliendo questa “missione” … tutti questi pensieri negativi svaniranno. Pensi ad esempio … al testosterone. Certo, lei ormai ha una certa età, però rifletta su questa cosa. I maschi che hanno regolare attività sessuale producono molto più testosterone di chi invece non lo ha. Sa perché?>>
<<Perché … il cervello li premia?>>
<<Esatto! Ovviamente è più complicato di così, ma questa è la base. Ma sa questo che significa?>>
<<No …>>
<<Che è il cervello a generare testosterone. Lo produce lui, non viene da fuori. Viene da dentro. Stessa cosa vale per la dopamina, l’ossitocina, la serotonina … tutte queste cose vengono da dentro, ma vengono prodotte solo come “ricompensa”. Ciò significa che lei, non avendo mai baciato nessuno, non ha mai provato quella “magica” sensazione che per molti è normale e comune. Mai … ma se noi facciamo in modo che il cervello ti dia la ricompensa anche se tu non hai completato la missione, allora>>
<<Allora la proverò!>> esclama lui.
<<Esatto. Saprà cosa si prova nel baciare qualcuno … anche senza doverlo baciare.>>
<<W … wow.>>
<<Già.>> sorrido io <<Togliendo la missione di procreare dal suo cervello, esso aumenterà le ricompense a tutte le altre missioni in automatico. Capito? Mangiare diventerà più bello. Dormire diventerà più bello. Parlare con gli amici, guardarsi un film, leggere, seguire le sue passioni e i suoi interessi … all’improvviso lei inizierà a sentire un senso di pienezza, di felicità, di completezza … E questo perché il suo cervello inizierà a dare le ricompense che avrebbe dovuto darle in caso di fidanzamento quando farà altre cose. In pratica … tornerà ad avere un motivo per vivere. Anzi, più di uno.>>
<<Wow. Ma … ehm … domanda un po’ stupida, ma>>
<<L’orgasmo?>> intuisco io, e lui sorride in modo colpevole.
<<Esatto, sì. Quello. Che succede con l’orgasmo?>>
<<Secondo lei, l’orgasmo dipende dall’organo genitale?>>
<<Ehm … sì? Ma immagino di no, altrimenti la domanda sarebbe troppo facile.>>
<<Esatto. No. Cioè … ora, sì. Però pensi alle donne. Quando vengono stuprate non provano l’orgasmo, no?>>
<<No.>>
<<Perché è il cervello a decidere quando causarne uno e quando no. Perché anche quello non è altro che una ricompensa. E anche quella è una delle ricompense che verrà renderizzata in un’altra missione.>>
<<Tipo?>>
<<Abbiamo avuto un caso come il tuo in passato. Molti in realtà. Il cliente in questione era un’artista. E indovina?>>
<<Ha iniziato ad avere orgasmi mentre … faceva arte?>>
Io ridacchio <<Esatto. Non si bagnava i pantaloni come un bambino, ma sì … era un disegnatore, e quando disegnava qualcosa di davvero bello orgasmava. In pratica lui ha iniziato a masturbarsi pensando di disegnare a qualcosa di bello … disegnare in sé è diventato un po’ come l’operazione sessuale attiva, ovvero piacevole ma un po’ faticosa, e quando il disegno usciva bene, aveva un orgasmo. Quando invece usciva male …>>
<<Non lo aveva.>> intuisce l’uomo.
<<Esatto.>>
<<Strano …>>
<<Sì. Sicuramente è strano. Impossibile da capire per le persone normali. Queste sono cose che vanno provate.>>
<<E questo tizio qui … è felice ora?>>
<<Non so se è felice o meno. Gli umani sono creature difficili da rendere felici. Ma diciamo che non ha più problemi di cuore. Ora quando vuole fare sesso, gli basta disegnare. Non dipende più né dalle donne né dagli uomini. È … “libero”, da un certo punto di vista. La sua felicità ora dipende solo da lui. Se disegna bene, gode. Se disegna male rimane a bocca asciutta. Non c’è nessuno che deve accontentare e nessuno che deve inseguire. Ma è comunque un uomo, e quindi …>>
<<Sì.>> sospiro io <<Avrà i suoi problemi.>>
<<Esatto. E poi disegnare non è facile. Durante le visite di controllo ci racconta che delle volte si ritrova a invidiare i disegnatori più bravi di lui. Ci dice che va sempre alla ricerca della matita migliore e della carta più pregiata. Ci dice che delle volte si masturba nel vedere altre persone disegnare, e che adesso trae godimento nel ricevere complimenti per i suoi disegni. In poche parole la competizione ha solo cambiato terreno, ma è sempre lì.>>
<<Ma almeno non è impossibile.>>
Io annuisco <<Giusto. Almeno non è impossibile.>>
<<E per quanto riguarda le altre cose? Dopamina? E … ehm … testosterone?>>
<<Lui produce testosterone disegnando, sì. È migliorato molto fisicamente infatti. Ha anche una salute molto più solida. Sorride molto di più. È … felice. Si tiene in forma. E vive con la specifica intenzione di diventare il miglior disegnatore del mondo, perché ormai è questa la sua missione principale. Gli altri umani devono procreare. Lui deve disegnare.>>
<<Va bene. A me sta bene. Ma quindi questa operazione toglierà anche gli altri pensieri negativi?>>
<<Oh sì. La sensazione di inadeguatezza che prova quando parla con uomini sposati sparirà, perché ormai quello non sarà più il suo metro di giudizio. L’invidia verso gli uomini più belli? Sparirà anche quella, perché la bellezza non le servirà più per ottenere ciò che vuole. La timidezza e il nervosismo che ha nel parlare con le donne? Sparirà anche quella, perché loro non avranno più alcun valore per lei. Vedrà uomini e donne allo stesso modo.>>
<<Potrò comunque avere amici?>>
<<Certamente. Ma le sconsiglio di fare attività sessuali. Si ricorda la storia sullo stupro? Bene … senza quelle magiche ricompense del cervello usare il suo organo genitale non sarà affatto piacevole. Anzi, sarà molto doloroso.>>
<<Lo dovrò usare solo per andare in bagno praticamente.>> ride l’uomo con un po’ di nervosismo.
<<Esatto. Non servirà ad altro.>>
<<E … potrò comunque provare amore, no?>>
<<Certo! Potrebbe addirittura trovare l’amore.>>
<<Nel senso … di una donna?>> domanda lui, e io annuisco <<E come? Se non voglio più fare sesso come …>>
<<Lei non ha amato sua madre o suo padre?>>
<<Beh, sì …>>
<<Ma non voleva fare sesso con loro, no?>>
<<No.>>
<<Esatto. L’amore è più del sesso. Non lo cercherà attivamente, né si sentirà “solo” da single, e dal momento che non vorrà più procreare la presenza di una donna nella sua vita sarà del tutto superflua ed inutile. Non la vorrà. Non ci penserà. Non la cercherà. Ma … potrebbe trovare qualcuno a cui affezionarsi, un giorno. Qualcuno per cui varrà la pena vivere un po’ di più. Qualcuno con cui invecchiare. Magari un uomo, chissà. Non deve per forza essere una donna, lei da dopo l’operazione sarà completamente asessuale dopotutto. Quindi sì, potrebbe trovare questa persona, questa “anima gemella” … e in quel caso potrà amarla e volergli bene, non a livello sessuale ma sentimentale.>>
<<Come un fratello.>> intuisce lui.
<<Esatto. Come un fratello.>>
Lui sorride <<Oh … va bene.>>
<<C’è … qualcos’altro che vuole dirmi? Qualche episodio o persona particolare da cancellare?>>
Lui ci riflette un attimo, poi fa spallucce <<Bah … dopo quasi sessant’anni di vita credo che cancellare qualcuno dalla mia memoria sia inutile. Tanto avrò l’alzheimer tra poco. Farò da solo, e sarà anche gratis!>> e detto ciò ride, sempre con un pizzico di nervosismo <<Volendo essere seri … no. Ogni esperienza che ho avuto vale, e poi … non ho mai incontrato brutte persone. Anzi, quello brutto sono io.>>
<<Mi vuole raccontare qualche episodio legato a questo argomento?>>
<<Uhm … due forse. Non sono proprio episodi, ma storie. Una riguarda un mio caro, caro vecchio amico. Lo conosco dall’asilo. Lo conoscevo anzi. A tredici anni siamo andati in vacanza insieme, come tutti gli altri anni, solo che quella volta è successo qualcosa di nuovo. Un giorno ricordo che non ha passato la giornata con me a giocare. No. L’ha passata con una bambina. Io ero ancora nella fase: “che schifo le bambine!”, e lui pure in realtà, solo che ha finito per baciarla. Per gioco o curiosità. Da quel giorno le cose sono cambiate. A scuola si è fatto nuovi amici, persone con cui uscire a coppie, persone con cui “rimorchiare” … persone sicuramente meglio di me. Siamo rimasti amici nel corso del tempo, perché avevamo troppo in comune. Però questo mi fa riflettere. Se fossi nato come lui, o come i suoi amici, saremmo rimasti migliori amici. Sarei andato a rimorchiare insieme a lui. Avrei portato la mia fidanzata a quelle uscite a coppie. Sarei stato con lui e i suoi amici a parlare di ragazze. Avrei fatto tante cose che ora neanche comprendo appieno …>>
<<Che fine ha fatto?>>
<<Oh, è morto.>> è la risposta <<Alla Morte non importa se sei bello o brutto. Lei è come la Fortuna, è cieca.>> e si mette a ridere <<Il che è una sfortuna paradossalmente, perché se vedesse quanto sono brutto diventerei immortale!>> e sorride nuovamente, e dopo aver ripreso la compostezza torna a riflettere sul suo passato <<Poi c’è … lei.>>
<<Lei?>>
<<Una bella, bellissima ragazza che ho conosciuto all’università. Oh, questa è bella come storia. Io non ho mai mirato a belle ragazze, perché … insomma, non sono stupido. Miravo sempre a quelle brutte, ma non ha mai funzionato. Però lei … oh, lei … lei era bella. Ed era super amichevole con me. Super dolce. Parlavamo tanto e alla fine ho avuto il coraggio di invitarla fuori. Lei ha accettato. Abbiamo mangiato fuori, insieme, da soli … tante volte. Ma …>> sospira <<indovina?>>
<<Lei era solo un amico.>> intuisco.
<<Oh sì. Le ho lasciato un fiore una volta. Come sorpresa.>> si da una botta in testa <<Che stupido. Un fiore. Si rende conto? Mi meritavo la pena capitale. Però lei è stata gentile. Mi ha gentilmente rifiutato. E siamo rimasti amici, fino alla fine dell’università. Poi … ognuno per la sua strada.>>
<<L’ha mai rivista?>>
<<Anni dopo. Per strada. Lei era mano a mano con un militare. Alto, muscoloso, bellissimo anche lui. E teneva per mano un altro piccolo maschietto, un bimbo che era alto quanto me, pensi un po’. Ora quel piccoletto sarà un modello di un metro e novanta probabilmente, o qualcosa del genere.>>
<<Cosa le ha detto?>> domando io, riferendomi alla donna.
<<Niente. Non si è ricordata di me. Ero evaporato dalla sua mente … tale è il mio peso.>> risponde lui con un leggero e amaro sorriso <<Ma … non importa. Non voglio dimenticare i suoi bei capelli bruni. Il suo bel sorriso. Non voglio neanche dimenticare il mio amico e le giornate passate insieme da piccoli. No … non voglio dimenticare nulla. Sono un perdente. Ho perso già tanto nella vita. Non voglio perdere anche i ricordi.>>
<<Capisco.>>
<<Ma, alla fine>> dice, riprendendosi dal malumore <<sono fortunato. Ora sono qui! Sono sopravvissuto finora! E la tecnologia ha fatto passi da gigante! Quindi … sì, non mi lamento. Potevo nascere venti anni prima, e mai arrivare qui oggi. Potevo nascere cento anni prima, e morire di vaiolo! Potevo nascere in una nazione in guerra … potevo nascere malato … potevano accadere tante cose.>>
<<Poteva andare peggio.>> gli dico io.
<<Esatto! Poteva andare peggio. Quindi perché lamentarsi? E poi adesso che farò questa cosa, chissà … magari anche io avrò orgasmi mentre disegno, eh? Finalmente saprò cosa ha provato il mio amico quarant’anni fa.>> e sorride <<Un po’ in ritardo ma … meglio tardi che mai, no? Forse ora saremmo potuti nuovamente essere amici. Ora forse … sarei di nuovo stato alla sua altezza.>> deglutisce leggermente <<Chissà …>>
<<Chissà.>> gli faccio eco io, finendo di scrivere gli appunti <<Beh … ho tutto quello che mi serve. Lei è pronto?>>
<<Prontissimo!>>
<<E allora andiamo.>>

Il cliente di oggi è una donna sulla cinquantina.
È vestita in modo molto elegante, fin troppo considerando ciò che è venuta a fare.
È tranquilla e serena, non sembra avere dubbi in volto.
Entro in stanza.
<<Salve.>> la saluto.
Lei si alza in piedi e mi sorride con allegria <<Buongiorno.>>
Ci stringiamo la mano <<La vedo in forma.>>
<<Per ora lo sono, sì!>>
Ci sediamo, ognuno al proprio posto.
<<Dunque …>> prendo un foglio e glielo allungo <<dovrebbe già saperlo, ma per motivi legali lei deve avere una buona motivazione personale per eseguire questa operazione.>>
<<Certamente. L’importante è che si possa fare. Il mio paese sarà anche uno dei più ricchi al mondo, ma su alcune cose è ancora molto indietro.>>
<<Capisco.>>
<<Devo … raccontare la mia storia? Qualcosa del genere? So che chi viene in genere racconta di qualcosa.>>
<<Nel suo caso specifico, mi serve solamente sapere i momenti in cui questa idea ha preso forma. Bisogna giustificarla.>>
Lei annuisce <<Capito. Beh … la prima volta che ci ho pensato è stato da piccola.>> dice lei <<Non troppo piccola, ero un’adolescente. Ero poverissima, in una scuola altrettanto povera e pessima. Niente amici, niente supporto di alcun tipo, l’istruzione era orribile lì e i ragazzi pessimi. Mi dicevano e facevano cose orribili … e tornavo a casa a piangere. Ero malata all’epoca. Una malattia genetica degenerativa. Ogni mese dovevo andare all’ospedale, per questo eravamo così poveri. Le cure mediche erano davvero costose. E non avevo un papà.>>
<<Un pessimo inizio.>> osservo io.
<<Già, orribile. Mamma …>> lei sospira <<faceva ogni tipo di lavoro. E anche di più, pur di trovare i soldi necessari alle mie cure. Malgrado ciò abbiamo perso la nostra prima casa e abbiamo iniziato a vivere in una singola stanza in un appartamento condiviso con altri.>>
<<Convivenza pacifica?>>
<<Macché. Una signora, la padrona di casa, si lamentava sempre dei “ladri”. Perdeva le cose a causa dell’alzheimer, poi dava la colpa o a noi o agli altri inquilini. E questi altri poi erano orribili. Sporchi. Fumavano. Almeno provavano ad essere simpatici, ma mamma odiava l’odore del fumo, specie da quando aveva iniziato a lavorare in un locale notturno. Non tornava mai la sera. Di mattina ero a scuola. Di pomeriggio dormiva. Eravamo nella stessa stanza ma ci parlavamo pochissimo, gli unici momenti che avevamo per stare insieme erano i giorni in cui andavamo in ospedale per le visite o i ricoveri.>>
<<So che lei è guarita però.>>
<<Sì … sono sopravvissuta all’adolescenza e dopo quegli anni infernali …>> fa un mezzo sorriso <<siete arrivati voi. Un’azienda medica che aveva trovato la cura a così tante malattie genetiche. Usavate il CRISPR mi pare … è quello che avete usato per me. Avete curato la mia malattia. E lo avete fatto gratis, perché era ancora un procedimento sperimentale all’epoca.>>
<<E così è guarita.>>
Lei sorride tristemente <<Già … ma a quel punto è stato il turno di mia madre. Troppo fumo passivo, e … l’HIV. Non avevamo un soldo perché io non lavoravo. Ci ho provato. Ho davvero provato a farlo. Ma i soldi che facevamo non bastavano, lavorare come cameriera o inserviente non mi permetteva di fare nulla. Alla fine siamo stati cacciati da quell’appartamento, e siamo finiti per strada.>>
<<Non avevate nessuno da cui andare?>>
Lei scuote la testa <<Mamma non aveva nessuno a cui rivolgersi … e io non avevo nessun amico. Alla fine lei è morta. Questa è stata la prima volta che ci ho pensato davvero. Io … io volevo vivere per lei. Per ripagarla di tutti i sacrifici che aveva fatto per me. Aveva venduto anima e corpo per impedirmi di morire da giovane, e quando ho avuto la cura gratuitamente ho per un attimo sperato di poter cambiare la mia vita, di poter trovarmi un lavoro, di avere degli amici, di mandare mamma in pensione …>>
<<Ma non è stato possibile.>>
<<No. Mi è stato impedito dal fato. Da madre natura. Da … da questo mondo crudele. E ancora peggio … ero da sola. Senza un tetto. Senza niente. E senza nessuno.>>
<<Come è sopravvissuta?>>
<<Come?>> lei sbuffa <<Come tutti i barboni. In realtà … non so neanche io come abbia fatto. So solo che i giorni passavano. E poi i mesi. E poi gli anni. Fino a quando … non ho rivisto un compagno di scuola.>>
<<Dove?>>
<<Per strada.>> risponde lei <<Mi ha riconosciuta, ma è stato gentile. Mi ha comprato dei vestiti e pagato il pranzo. Ha sentito la mia storia e mi ha offerto un lavoro come badante per la sua di madre. Lui … è abbastanza ricco. Non so se fosse uno di quelli che mi prendeva in giro o no, in realtà tutti lo facevano quindi non fa molta differenza. Però in quel momento è stato gentile. Ho accettato il lavoro. È grazie a lui che oggi ho la possibilità di venire qui. È a lui e alla sua generosa famiglia che ho lasciato le poche cose che ho.>>
<<Capisco.>> io sospiro <<Dunque … è sicura al 100% di procedere, giusto?>>
<<Sì. Non ho motivo di non farlo.>>
<<Sa come funziona il procedimento?>>
<<Credo di sì. Dicono che sia bello.>>
<<Bellissimo.>> confermo io <<La metteremo in una stanza. Le faremo ingoiare una pillola bianca. E nell’arco di cinque minuti … lei sarà morta.>>
<<Tutto qui?>>
<<Tutto qui.>
<<I resti del suo corpo verranno poi recuperati da un’ambulanza, come da contratto. Verrà portata nell’obitorio della sua città natale.>>
<<Buono. Non so dove sia stata buttata mia madre. Spero solo di essere buttata vicino a lei.>> abbassa leggermente lo sguardo, e nel farlo vedo un lampo di paura attraversare i suoi occhi <<Quindi … non farà male? Neanche un po’?>>
<<Neanche un po’. La pillola è un estremo concentrato di dirina. Inibirà il suo cervello, impedendogli di generare alcun tipo di pensiero o sensazione negativa. Una volta inibite le sensazioni negative, verranno attivate quelle positive. Tutte. Proverà gratitudine. Gratificazione. Soddisfazione. Felicità. Avrà addirittura un orgasmo, accompagnato da un’improvvisa esplosione di endorfine ed euforia. Il suo cervello a quel punto rilasserà tutti i muscoli a causa del piacere. Tutti … anche quelli involontari. Quindi anche il cuore.>>
<<Morirò d’infarto quindi.>> intuisce lei.
<<Sì, ma non se ne accorgerà. Arrivati a quel punto il suo cervello avrà già cessato di produrre pensieri. L’unica cosa che sentirà, dall’inizio alla fine del processo, sarà il piacere. E dal momento che ad essere disattivate saranno anche le sensazioni che regolano la percezione del tempo … quei cinque minuti saranno i minuti più lunghi e belli della sua vita.>>
<<Ironico.>> commenta lei con un sorriso triste.
<<Dunque … vuole procedere all’assunzione della pillola bianca?>>
Lei mi guarda dritto negli occhi, poi annuisce <<Sì.>> dice <<Non ho altro per cui vivere. E poi preferisco morire nel bel mezzo di un orgasmo, che morire in mezzo a una strada come mia madre. Quindi … sì. Sono pronta.>>
<<Allora mi segua.>>