Qualcosa di speciale

Il fotografo sta controllando gli ultimi scatti.
Gli stilisti stanno mettendo a posto i loro strumenti di lavoro.
Gli altri membri del team di produzione stanno velocemente smontando il set.
Un’altra sessione fotografica è finita, eppure Pietro è ancora lì, seduto su una sedia a contemplare … il nulla, probabilmente.
Non ha il telefono in mano, e il suo sguardo sembra perso nella profondità dei suoi pensieri.
Pensieri grigi quel giorno.
<<Ehi, bel maschione.>>
Queste parole riportano Pietro al presente, che si costringe ad alzare lo sguardo verso una figura che vedeva molto raramente: una giovane ragazza nera, alta, vestita in modo molto elegante, dai capelli mossi e corti … la signorina Borqued, una delle figlie dei capi dell’agenzia di moda per cui lavora.
<<Non te l’hanno mai detto che da triste sei meno bello?>> continua a parlare lei una volta ottenuta la sua attenzione.
<<Cosa?>> è la confusa risposta del ragazzo <<Non sono triste.>>
<<No?>> la ragazza sorride leggermente <<Sicuro? A me sembra che ti sia morto il gatto o qualcosa del genere.>>
<<No, no … Stella sta bene, anzi ieri mi ha pure distrutto il cuscino, quindi forse sta pure fin troppo bene … oggi sono semplicemente un po’ stanco, tutto qui.>>
<<Mh … tu dici? Mi hanno detto che sei così da un po’ di giorni però.>>
Il ragazzo esita un attimo prima di parlare ancora.
La signorina Borqued non era qualcuno con cui parlava spesso, anche perché non la vedeva quasi mai e le poche volte che capitava lei si limitava a fargli i complimenti per l’aspetto per poi spostare la sua attenzione su qualcun altro.
I due quindi non erano amici, e nemmeno “conoscenze”; erano due sconosciuti che ogni tanto si scambiavano un saluto, niente di più. Eppure, in quel momento, lei sembrava la persona più adatta con cui parlare anche se il ragazzo non aveva idea di come iniziare quella conversazione.
<<Che ne dici se andiamo a prendere qualcosa da mangiare?>> chiede a quel punto lei, come se avesse capito le intenzioni del ragazzo e avesse voluto facilitargli il lavoro.
<<Ora? Uh … sì, perché no. Non ho altri impegni oggi, quindi …>>
<<Perfetto! Dammi due minuti, finisco delle cose poi sarò libera anche io.>>
Pietro sorride e annuisce, e alcuni minuti dopo esce insieme a lei dal set, diretti verso un locale lì vicino.
Durante la camminata i due hanno parlato dei soliti argomenti di circostanza: la scuola, lo sport, il tempo, il lavoro … e nel farlo Pietro si è reso conto che la ragazza non sa quasi nulla di lui, cosa che è un po’ inedita in realtà, dato che il ragazzo è abituato ad essere circondato da persone che lo conoscono da ancora prima che lui si presentasse.
A scuola ad esempio tutti sanno il suo nome, anche i bidelli e i professori, mentre lui a malapena conosce una decina di ragazzi. Pure nella palestra di arti marziali che frequenta lo conoscono tutti, e spesso la sua fama lo segue anche nelle rare competizioni a cui prende parte.
Lui è una piccola celebrità, con centinaia di migliaia di seguaci su internet … la ragazza invece è un mistero; Pietro di lei non sa praticamente nulla, e non ci sono tracce della sua esistenza sui social.
La prima volta che la vide, anni fa, rimase sorpreso nel venire a sapere che fosse una Borqued: non capita tutti i giorni di vedere la figlia di una delle persone più ricche del mondo dopotutto …
Riflettendo su questo fatto Pietro inizia a sentirsi un po’ stranito; stava davvero camminando per strada con una Borqued? Era sicuro farlo? I miliardari possono camminare tranquillamente per le strade delle città o vanno in giro con delle guardie del corpo?
Alla fine i due raggiungono un bar in grado di offrire loro un posto tranquillo in cui sedersi mangiare e parlare.
<<Allora?>> chiede a questo punto la ragazza <<Cos’è che ti preoccupa? La tua vita mi sembra piuttosto buona. Hai un sacco di amici, un sacco di persone che ti amano e ti seguono, un sacco di soldi e un sacco di anni per goderteli … cosa c’è che non va?>>
Pietro abbassa lo sguardo verso il caffè che aveva ordinato e gli era stato portato.
<<Uhm … forse … mi manca qualcosa.>>
<<Qualcosa?>> la ragazza inarca un sopracciglio con interesse.
<<Sì. Normalmente non mi troverei qui ora.>>
<<E dove?>>
Il ragazzo sospira <<Da un’amica.>>
<<E perché non sei da lei allora?>>
<<Perché se n’è andata via.>>
<<Oh … capisco.>> è la risposta della Borqued <<Quindi è questo che ti rende triste?>>
<<Forse.>>
<<Ma tu sei pieno di amici.>>
<<Uhm …>>
<<Uhm …?>>
Il ragazzo sospira di nuovo <<Non lo so.>> ammette alla fine <<Mi diverto con i miei amici ma … delle volte non … non sembrano … non lo so. Non mi sembrano le persone con cui vorrei condividere la mia vita …>>
<<Uh? Davvero?>> è la reazione della ragazza <<Beh se non ti piacciono i tuoi amici puoi sempre fartene altri. Ci sono migliaia di persone che morirebbero pur di parlarti. Addirittura qui dentro.>>
Pietro alza lo sguardo verso la ragazza <<Qui dentro?>> chiede.
<<Sì.>> lei con un cenno del capo indica un tavolo un po’ distante da loro, un tavolo occupato da due ragazze che di soppiatto lanciavano occhiate curiose in direzione di Pietro.
Appena il ragazzo se ne è reso conto si è lasciato sfuggire un sorriso <<Non credo vogliano fare amicizia.>> ha detto.
<<No?>>
Lui sbuffa <<Nah, fidati … no.>>
Il silenzio cala un attimo tra i due.
I ragazzi sfruttano questo attimo di pausa per sorseggiare le bevande che avevano ordinato, dopodiché la signorina Borqued torna a parlare.
<<Quindi …?>> domanda <<Chi era questa tua amica?>>

Si chiama Luna, un nome davvero buffo a detta di Pietro.
Si erano conosciuti per caso, da piccoli, in un parco del loro quartiere; avevano entrambi sei anni, ed entrambi erano stati portati lì dai genitori una normalissima giornata estiva.
Il parco era pieno di persone, tra adulti, animali domestici ed altri bambini; Pietro si stava annoiando però, perché era lì solo con i suoi genitori che però non erano il tipo di persone che si mettevano a giocare a pallone con il figlio.
Alla fine il bambino, gelato alla mano, si era dato all’esplorazione del parco. All’epoca gli sembrava immenso, tutto era grandissimo rispetto a lui, dagli alberi alle semplici panchine, quindi girovagare per il parco da solo lo stava divertendo molto più del previsto … si sentiva come un esploratore alla scoperta di un nuovo mondo.
Ha incontrato Luna sull’erba, circondata da gatti grandi e piccoli; non era sola, c’erano altri adulti intorno a lei e lui all’epoca era piuttosto timido … non ha osato avvicinarsi, però tutti quei gatti avevano catturato la sua attenzione: erano piccolissimi e bellissimi, tutti con un pelo grigio o bianco, e notava che ogni tanto un adulto si avvicinava, ne prendeva e se ne andava via con un largo sorriso sul volto.
Essendo un bambino le sue abilità furtive non erano molto elevate, e infatti non ci è voluto molto prima che alcuni adulti notassero la sua presenza e il suo evidente interesse verso quei gatti … e quegli stessi adulti hanno sussurrato qualcosa all’orecchio della bambina, che un po’ timidamente e controvoglia si è alzata, ha preso un gattino e si è nervosamente avvicinata a Pietro.
Il bambino nel vederla avvicinarsi aveva capito di essere stato scoperto, e stava valutando la possibilità di scappare: i suoi genitori non volevano che parlasse con gli estranei, però ad avvicinarsi a lui era una bambina alta quanto lui, non un adulto grosso e pericolo … quindi forse poteva rimanere, e così ha fatto.
<<Ciao.>> lo aveva salutato la bambina <<Vuoi … un gatto?>>
Pietro si era indicato <<Io?>>
<<Sì. Vuoi un gatto?>>
<<Posso prendere un gatto?>>
<<Sì!>>
<<Davvero?>>
<<Sì!>> la bambina gli aveva allungato quello che teneva tra le mani; era minuscolo <<Si chiama Stella.>>
<<Stella?>> il bambino aveva preso il gatto tra le mani; era soffice e caldo.
<<Sì, perché è una femmina. I maschi si chiamano “Sole”.>>
<<Tutti?>>
<<Sì.>>
<<Perché hanno tutti lo stesso nome?>>
<<Perché li stiamo adottando! Non vivranno più tutti insieme.>> fu la risposta.
<<Adottando? Voi?>>
<<Sì! Cioè … non noi. Noi li stiamo facendo adottare dagli altri! Capito?>>
<<Ah … e perché?>>
<<Perché Stella, il mio primo gatto, ha fatto troppi gattini …>>
<<Oh … anche lei si chiama Stella?>>
<<Sì!>>
<<E … e quindi ora posso prendere questo gattino, giusto? Lo adotto.>>
<<Esatto! Tutti possono avere una Stella! Anche tu!>>
Pietro si ricorda solo che dopo quell’incontro si è messo a correre dai genitori con in mano il gatto che sarebbe diventato il suo animale da compagnia.

La signorina Borqued si lascia sfuggire un sorriso tanto dolce quanto divertito <<Aspetta, quindi … Luna era circondata da gatti che si chiamavano “stella”.>>
<<Esatto.>> sorride a sua volta Pietro <<Buffo, eh?>>
<<E dopo quel giorno che è successo? Come avete fatto a diventare amici? Avevi solo sei anni …>>
<<Beh … qualche settimana dopo sono tornato a quel parco con mamma, e l’ho rivista. Lei abitava da quelle parti quindi stava quasi ogni pomeriggio lì. Aveva un sacco di amici, e quando mi ha visto mi ha invitato a giocare insieme a loro.>>
<<E tu che hai fatto?>>
<<Ho accettato ovviamente. Abbiamo fatto castelli di sabbia e poi … non ricordo bene, però so che ci siamo divertiti. In quel parco c’erano delle piccole giostre, abbiamo giocato su quelle. Abbiamo saltato la corda e poi giocato a nascondino. Mamma dopo un po’ voleva andare via, io no. L’ho convinta a rimanere un po’ mentre gli altri bambini iniziavano ad andare via uno ad uno … e alla fine è rimasta solo Luna.>>
<<Perché lei abitava lì vicino.>> intuisce la Borqued.
<<Esatto, quindi poteva stare lì più a lungo degli altri.>> annuisce Pietro <<Abbiamo preso un gelato e le nostre mamme si sono conosciute. Non credo siano diventate amiche, ma un po’ hanno parlato e questo ci ha permesso di stare insieme per almeno un’altra mezz’oretta.>>
<<Poi però sei dovuto andare via.>>
<<Sì. Alla fine sono dovuto andare via.>>
<<E poi? Che è successo? L’hai rivista dopo qualche altra settimana?>>
<<A dire il vero no. All’epoca stavo andando a scuola e avevo fatto altri amici lì. Luna neanche me la ricordavo.>>
<<E come avete fatto a diventare così amici allora?>>

All’età di undici anni Pietro era diventato abbastanza grande per poter andare a scuola da solo, i genitori quindi hanno anche iniziato a farlo uscire per conto suo, a patto che però tornasse dopo poche ore.
Il padre gli aveva comprato uno smartwatch su cui il localizzatore GPS era sempre attivo, quindi i suoi avrebbero sempre visto i suoi spostamenti e avrebbero sempre saputo il dove andarlo a prendere se fosse stato necessario farlo; lo smartwatch inoltre li avrebbe subito avvertiti se fosse stato rimosso oppure spento, cosa che concedeva loro un certo livello di sicurezza nel lasciare il figlioletto fuori casa da solo.
Pietro comunque non usciva spesso da casa. Nel suo tempo libero disegnava e guardava i cartoni animati; usciva solo per andare alle feste di compleanno degli amici o per andare in palestra, dove aveva iniziato un corso di arti marziali.
Un giorno però vide un film per ragazzi molto interessante, incentrato sulla vita di un esploratore che disegnava sul suo diario tutte le creature particolari che incontrava nei suoi viaggi.
Quel film gli ha per un attimo acceso una gran voglia di avventura ed esplorazione, e così quello stesso giorno, dopo averlo visto, ha preso una matita una gomma un piccolo quaderno ed è uscito di casa alla ricerca di qualche animale selvatico da “studiare”, “esaminare” e disegnare.
In città ovviamente non ci sono animali selvatici oltre agli uccelli, così lui ha deciso di andare nell’unico posto in cui c’era la vaga possibilità di trovare qualche animale esotico … il parco dove era sempre presente Luna, e lì l’ha infatti trovata.
La riconosciuta subito, specie perché quel giorno non c’erano tante persone nel parco, così il bambino ha per un attimo messo da parte la sua missione esplorativa per andare a parlargli; lei era lì da sola, seduta su una panchina e piegata sul suo cellulare, con le cuffie alle orecchie.
<<Ciao!>> la ha salutata Pietro prendendo la sua attenzione <<Tu sei Luna, vero?>>
La bambina ha alzato la testa leggermente perplessa e infastidita, poi però ha sorriso nel rivedere quel volto familiare <<Oh! Pietro?>>
<<Sì! Ti ricordi di me.>>
<<Certo! Da quanto tempo … che ci fai qui?>>
Il bambino ha fatto spallucce <<Niente di speciale.>>
<<Devi studiare?>> gli aveva quindi chiesto lei, notando il quaderno nelle sue mani.
<<No no. Questo mi serve per disegnare.>>
<<Disegnare? Tu sai come si disegna a mano?>>
<<Sì.>>
<<Wow, bello! E cosa disegni?>>
<<Un po’ di tutto. Fiori … e occhi.>>
<<Oh … carino.>> ha sorriso lei <<Quindi sei qui per disegnare dei fiori?>>
<<No in realtà voglio disegnare degli animali selvatici.>>
<<Cosa?>> ha a quel punto esclamato Luna <<Animali … selvatici? Qui?>>
<<Sì.>>
<<Ma non ci sono animali selvatici qui. Ci sono soltanto … scoiattoli.>>
<<Beh, non sono selvatici quelli?>>
<<Sì ma …>> Luna si è guardata intorno <<sono difficili da trovare.>>
<<Non preoccuparti, io sono un esploratore esperto.>>
Lei ha sorriso divertita <<Ah sì?>>
<<Sì! Li posso trovare senza difficoltà.>>
<<Wow. Vuoi una mano? Anche io so esplorare.>>
<<Sì!>>
E così Luna si mise in tasca il telefono, e alzandosi dalla panchina seguì il bambino alla ricerca di questi scoiattoli selvaggi.

<<Immagino che da quel momento voi abbiate iniziato a vedervi di più.>> dice a questo punto la signorina Borqued.
<<Sì. Mi ero divertito un sacco quel giorno, così ho iniziato ad andare lì più spesso. Ho anche chiesto il suo numero di telefono e abbiamo iniziato a chattare.>>
<<Wow, sembra l’inizio di una classica storia d’amore …>> ridacchia maliziosamente la ragazza.
<<Nah. Eravamo solo amici.>>
<<Solo amici?>>
<<Uh-uh.>> annuisce Pietro.
<<Sicuro?>>
<<Sì.>>
<<Sicuro sicuro sicuro?>>
Il ragazzo sospira <<Sì! Davvero, solo e soltanto amici. Niente di più.>>
<<Beh tu sei un bel ragazzo … possibile che lei non ci abbia mai provato?>>
<<Forse le piacevo di nascosto … è possibile. Ma non credo. Non ha mai mostrato interesse.>>
<<Magari lo nascondeva bene.>>
<<Forse. Però a me non importava. Non andavo al parco perché mi piaceva … ma perché mi divertiva stare con lei.>>
<<E lei?> >
<<Beh lei … lei era sempre lì. Ma non per me.>>
<<E perché?>>
Il ragazzo sospira nuovamente, questa volta con maggiore malinconia <<Il perché l’ho scoperto dopo.>>

La famiglia di Luna non era proprio delle migliori. I suoi genitori litigavano spesso, e dato che lei abitava in un piccolo appartamento non riusciva a sfuggire alle urla degli adulti, cosa che la spingeva a usciva fuori di casa e starsene nel parco per conto suo.
Pietro la trovava lì quasi ogni volta che ci andava, indipendentemente dalle stagioni. Ma è stato durante un inverno che le ha chiesto il perché si trovasse sempre nel parco.
<<Non hai freddo?>> le aveva chiesto; lui d’inverno non usciva quasi mai, e infatti era la stagione in cui si vedevano meno spesso.
<<Nah … sto bene.>>
<<Sicura?>>
<<Sì.>>
<<Ma perché sei sempre qui?>>
Lei aveva sospirato <<Quei due urlano troppo.>>
<<Quei due?>>
<<Mamma e … l’altro.>>
<<Tuo padre?>>
<<Mhh.>>
<<Non … è tuo padre?>>
<<No.>>
<<Oh … va bene.>>
Una volta scoperto quello Pietro aveva deciso di passare più spesso al parco durante l’inverno, nonostante il freddo, e lei non poteva fare a meno che mostrare la sua gratitudine.
Ciò che non mostrava però erano interessi sentimentali.
A tredici anni Pietro aveva dato il primo bacio ad una sua compagna di banco, e lo aveva orgogliosamente raccontato a Luna, che si è limitava a fargli i complimenti e poi a fare battute divertenti a riguardo.
A quattordici anni Pietro si era ufficialmente fidanzato, e ancora una volta Luna era la ragazza con cui parlava della sua nuova relazione. Lei lo aiutava con consigli e vari incoraggiamenti, e non mostrava segni né di delusione né di gelosia … agli occhi di Pietro non era altro che un’amica. Forse la sua unica amica.
<<Che intendi dire?>> le aveva chiesto Luna quando il ragazzo le confessò questo suo oscuro pensiero.
<<Beh … non lo so. Gli amici che ho sono strani. Mi diverto con loro, è bello stare insieme ma … non lo so.>>
<<Pensi che siano “falsi?>> aveva intuito lei.
<<Non lo so … mi hanno sempre trattato bene.>>
<<E allora qual è il problema?>>
<<Beh … è questo il problema! Mi trattano in modo strano. Non lo so …>>
Lei allora si è messa a ridere <<Ma è normale! Guarda che ti ho visto su internet, eh? Hai quasi 70k di seguaci! Sei una celebrità!>>
<<Macché! Non sono così famoso.>>
<<Sì che lo sei! È normale che gli amici ti trattino in modo speciale.>>
<<Ma io non sono speciale quindi trovo strano essere trattato così.>>
Luna ha alzato gli occhi al cielo e sospirato rumorosamente <<Ma certo che sei speciale, Pietro!>>
<<Cosa? E perché? Non faccio nulla di speciale io.>>
<<Beh … intanto sei qui.>>
<<E quindi?>>
<<Guardati intorno! Vedi qualcun altro qui? No. Ci sei solo tu. Sei l’unico che viene a farmi compagnia, anche quando fa caldo o freddissimo. Questo inverno potevi startene a casa … e invece lo hai passato a tremare insieme a me.>> ha detto a quel punto lei <<Questa è una cosa speciale.>>
Pietro non sapeva come rispondere inizialmente, così ha sorriso nervosamente <<Tu dici?>> ha chiesto, non sapendo cos’altro dire.
<<Sì. Sei una persona speciale, e quindi ti meriti un trattamento speciale!>>
A Pietro non dispiaceva essere trattato in modo speciale alla fine, il comportamento dei suoi amici gli sembrava semplicemente strano, però dopo quella conversazione lo aveva anche iniziato a trovare giustificato. Lui in effetti era il ragazzo più popolare della scuola, ed era solo al suo primo anno di superiori!
Lo conoscevano tutti, anche gli alunni più grandi, addirittura i professori sapevano del suo nome … Luna aveva ragione, era una sorta di celebrità, e ogni volta che in classe apriva bocca tutti stavano in silenzio ad ascoltare.
Era strano, però stava iniziando a piacergli.
Aveva rotto con la sua prima fidanzata dopo un banale litigio, e se ne era fatta un’altra. Poi un’altra, e un’altra ancora.
In quel periodo stava iniziando a ricevere offerte di lavoro nel mondo della moda, e i suoi genitori stavano iniziando a fare molti più soldi di quanti ne facessero in precedenza tanto da arrivare a comprarsi una bella villetta con tanto di piscina privata.
La sua vita non stava andando bene solo da quel punto di vista però, perché anche a scuola riusciva a prendere dei bei voti, e a quindici anni è diventato una cintura nera; quello stesso anno la DBC, l’agenzia per cui lavora, lo ha assunto come modello a tempo pieno.
Lui raccontava a Luna delle sue conquiste e dei suoi progressi … e lei ascoltava.

<<Ed è una brutta cosa che lei ascoltasse?>> chiede a questo punto la Borqued.
<<Beh … inizialmente noi parlavamo di tutto. Ma in quei giorni parlavo solo io. Lei ascoltava e basta. Ogni tanto sorrideva.>>
<<E oltre a parlare cos’altro facevate?>>
<<Inizialmente ci vedevamo per fare tante cose … giocare, disegnare insieme … quei giorni però solo per parlare. E lei non parlava molto. Non più almeno.>>
<<E sai il perché?>>
<<Non lo so. Forse aveva dei problemi a casa.>>
<<Sembrava più triste … giù di morale?>>
<<No, era sempre lei, sempre sorridente e tranquilla … ma solo più silenziosa. Tutto qui.>> Pietro esita un attimo, poi sospira <<Forse … forse non dovevo dirgli tutte quelle cose.>>
<<Cosa?>>
<<Tutto quello che gli dicevo. Lei era … cioè … io mi ero appena trasferito in una casa più grande, ero diventato cintura nera, stavo iniziando la mia carriera … lei invece … non lo so. Non mi ha mai detto cosa facesse oltre la scuola, però la trovavo sempre al parco quindi forse non faceva nient’altro. Forse …>> il ragazzo esita, non sapendo bene come esprimere i pensieri che stava formulando in quel momento <<non lo so.>> si limita a dire alla fine.
<<L’hai mai invitata a casa tua?>>
<<Non mi ha mai chiesto di venire.>>
<<Quindi lei non è mai andata da te?>>
<<No.>>
<<Mai?>>
<<Neanche una volta.>>
<<Perché? Eravate amici, no?>>
<<Beh … io ero fidanzato, non volevo che qualcuno mi vedesse con lei.>>
<<Potevi invitarla per i tuoi compleanni. Perché non l’hai fatto?>>
<<Io non … non lo so, lei non mi ha mai chiesto di venire e io non ci ho mai pensato.>>
<<Capisco. E poi? Che è successo?>>
<<Abbiamo iniziato a sentirci sempre di meno. Io ero troppo impegnato, quindi andavo nel parco solo per fare due chiacchiere e poi andare via. Non avevo più il tempo di giocare con lei o … fare altro.>>
<<Vi sentivate per telefono almeno?>>
<<Ogni tanto, ma non più così tanto come un tempo.>>
<<E ora?>>
Lui sospira con malinconia <<Ora non c’è più.>>

L’ultimo giorno che Pietro vide Luna è stato qualche settimana prima il suo incontro con la signorina Borqued. Si sono incontrati sempre al parco, e il ragazzo è andato lì con la solita intenzione di rilassarsi un po’ e parlare della sua vita personale con la sua amica … che come al solito ha ascoltato in silenzio, facendo battute e commenti di tanto in tanto.
Sembrava una giornata normale, e in effetti lo era. Al termine del loro incontro però Luna gli ha dato la notizia. Ha detto che sarebbe partita, che non si sarebbero più visti, e il ragazzo inizialmente non ha potuto fare altro che augurargli il meglio con un largo sorriso.
Dopo quel giorno si sono sentiti solo per telefono, fino a quando lei ha smesso di leggere i suoi messaggi. Pietro ha inizialmente pensato di essere stato bloccato, ma quando ha notato che l’ultimo accesso della ragazza risaliva a diversi giorni prima ha capito che molto probabilmente lei aveva solo perso il telefono o cambiato numero.

<<E non l’hai più sentita?>> chiede la Borqued.
<<No. Non mi ha ricontattato, né tramite social né per telefono. È semplicemente scomparsa.>>
<<Credi stia bene?>>
<<Spero di sì. Non credo che sia … davvero “scomparsa”.>>
Il ragazzo aveva lo sguardo basso sulla sua tazza di caffè, vuota; stava ripensando agli ultimi giorni passati con lei, sul fatto che le cose potevano andare differentemente.
<<Quindi è per colpa sua che sei così triste.>> dice alla fine la Borqued.
<<Forse … cioè dopo che è partita non ero triste. Non ritenevo importanti le discussioni che facevo con lei. Però più passa il tempo più mi sento come se … se qualcosa mancasse. Non riesco a parlare con gli altri miei amici come parlavo con lei. E quindi un po’ mi manca.>>
<<Capisco …>> sospira la Borqued <<ti serve della compagnia quindi.>>
<<N … non lo so. Già la ho. Anche troppa. Il problema è un altro.>>
<<Ovvero?>>
<<Mi sento come se … non lo so.>> Pietro sospira <<Come se non stessi facendo nulla. Come se … se alla fine quello che faccio non avesse senso. Cioè, sto andando alla grande a scuola ma tanto è inutile. La maggior parte dei lavori che mi piacciono sono in mano ai computer, e realisticamente parlando non avrei neanche bisogno di lavorare. E sì, le sessioni fotografiche sono fighe ma fare il modello un po’ mi annoia, e poi …>>
<<E poi …?>>
<<Non lo so. È pieno di modelli là fuori. Non mi sembra una cosa tanto speciale quella che faccio. Non mi piace un granché.>>
<<Vorresti fare qualcosa di speciale quindi.>>
<<Non lo so.>>
<<Uhm … sembra che tu non sappia un sacco di cose, ragazzo.>>
Pietro si lascia sfuggire un altro sospiro <<Vorrei fare qualcosa che sia importante …cioè, forse sbaglio, ma io sento che sto sprecando il mio tempo. Non voglio vivere così. Posso fare di più.>>
<<Di più, eh?>>
<<Luna aveva dei problemi familiari. Io potevo aiutarla forse. Potevo … non lo so, fare qualcosa. Ma non ho fatto nulla, e ora è sparita.>>
<<Ti senti in colpa per quello?>>
<<Sento solo che mi piacerebbe poter fare qualcosa di importante. E quello che faccio ora non lo è.>>
<<E pensi che fare “qualcosa di importante” avrebbe cambiato qualcosa?>>
<<Sì … mi avrebbe fatto sentire meglio. Almeno avrei avuto una scusa per aver ignorato i suoi problemi.>>
<<Non potevi aiutarla comunque.>>
<<Ma avrei voluto farlo. Ed è questo il punto. Avrei voluto … anzi, avrei dovuto. Avrei dovuto provarci. Mi sarei dovuto preoccupare un minimo, mostrare un po’ di … di interesse. Invece …>> il ragazzo si blocca di colpo e non termina la frase.
<<Invece …?>> incalza la Borqued.
<<Invece nulla. Non ho fatto nulla.>> è la risposta.
La ragazza affila lo sguardo; c’è qualcosa che Richard non sta dicendo … qualcosa che non vuole dire.
<<Va bene … però mi ero ripromessa di risollevarti il morale oggi, e non sembri un granché sollevato.>> commenta la ragazza.
<<Tranquilla, sto bene.>> ribatte invece Richard, con un sorriso <<E il musone mi passerà subito. Non rovinerò più nessun’altra sessione, giuro.>>
<<Uhm … va bene, mi fido.>> dice a questo punto la Borqued mentre si mette a cercare qualcosa nella sua borsa <<Però nel caso non ti dovesse passare … tieni.>> dalla borsa la ragazza tira fuori una sorta di biglietto da visita e lo allunga a Pietro.
<<Cos’è?>>
<<Un invito.>> è la risposta <<Per la Divine European Academy.>>
Il ragazzo si congela, rimane paralizzato per qualche secondo; addirittura il suo respiro si ferma, poi osserva attentamente la ragazza alla ricerca di qualche segno di malizia o ironia, ma non lo trova.
<<Sai cos’è?>> domanda lei.
<<Certo che lo so.>> risponde il ragazzo <<Ma … perché?>>
<<Perché cosa?>>
<<Perché mi hai dato l’invito?>>
<<Beh, hai detto che volevi fare qualcosa di speciale, no?>>
<<Sì ma … questo è …>> Pietro abbassa lo sguardo sul biglietto da visita; è molto semplice nel suo desing, però molto duro, sembra quasi una carta di credito <<questo è un po’ troppo … no?>>
La ragazza si lascia sfuggire un sorriso divertito <<Non devi andarci per forza, ragazzo.>> dice lei <<Puoi dare l’invito a qualcuno dei tuoi amici se vuoi. Oppure puoi provare a venderlo … è illegale, ma ci sono siti in cui potresti farlo.>>
<<Io …ehm …>>
<<Beh, mentre ci pensi io me ne approfitto per andare. Si è fatto tardi.>> continua la ragazza, alzandosi dal tavolo <<Offri tu, vero?>> aggiunge con un sorrisetto malizioso.
<<Oh, ehm … s-sì, certo.>> risponde Pietro , colto alla sprovvista dall’improvviso termine della discussione.
<<Che galantuomo che sei.>> commenta la signorina Borqued allargando il suo sorriso <<Ci sentiamo alla prossima, allora.>>
<<C … certo. Alla prossima.>>
E detto ciò Pietro viene lasciato da solo.
La Divine European Academy … quello è uno dei posti più elitari, riservati e misteriosi in cui potrebbe mai entrare. Lì ci possono andare solo i ragazzi più talentuosi delle scuole europee, e chi non rientra in questa categoria non può nemmeno prendere parte ai test di ammissione dell’accademia, indipendentemente da quanto sia famoso o da quanto siano ricchi i genitori … ma ci sono delle eccezioni, e l’invito che il ragazzo ha per le mani è una di quelle.
C’è un problema però. Pietro va bene a scuola … ma non così bene. Non ha il massimo dei voti in ogni materia, per quanto ami disegnare non è un genio artistico, e per quanto sia forte non è neanche un maestro di arti marziali, quindi sebbene l’invito che stringe per le mani sia una delle vie alternative che lo possono portare in accademia, lui si sta domandando se vale anche solo la pena provarci.
Per entrare dovrà comunque affrontare i test di ammissione, e quelli sono tanto brutali quanto segreti. Quasi tutti quelli che li hanno affrontati hanno fallito, e tutti loro concordano su una cosa: è impossibile prepararsi ad essi.
Pietro non ha mai pensato alla Divine European Academy. Non ha mai preso in considerazione la sola possibilità di poterci andare, né ha mai mostrato interesse per quel luogo. Quindi perché è stato invitato lì? Non può essere un caso … la signorina Borqued lo ha sempre ignorato dopotutto, solo oggi ci ha parlato per più di dieci secondi, quindi è chiaro che le intenzioni della ragazza sono sempre state quelle di dargli l’invito.
Pietro si rigira il foglietto metallico per le mani.
Fino ad ora è andato avanti senza avere un reale scopo davanti a sé, e da quando Luna se ne è andata questa mancanza di obiettivi lo sta lentamente divorando.
Forse non entrerà mai nell’accademia, ma se dovesse riuscirci … chi lo sa. Forse lì dentro troverà qualcosa di nuovo da fare.
Qualcosa di speciale.