Prima notte – 3/4

Durata lettura: medio-corta

Bum. 
Bum.
Bum.
<<-azzo!>>
Bum.
<<-os- ca- suc-de?>>
Bum.
<<C-c-zo-no-ti?>>
Bum.
<<Corr-!>>
Bum.
Bum.
Apro gli occhi.
Mi fa male tutto, a partire dal collo. Dormire seduta su una sedia è veramente scomodo, specie se la sedia non ha neanche uno schienale.
Bum.
Sbadiglio e mi stiracchio. Sembra che la situazione intorno a me non sia cambiata. Fuori è ancora buio, e intorno a me –
Bum.
Mi blocco di colpo: cos’è stato questo rumore?
Mi volto verso la porta della biglietteria, che avevo chiuso a chiave prima di mettermi a dormire. Qualcuno sta abbassando ripetutamente la maniglia e sta cercando di entrare, ed è quello il rumore che sentivo mentre dormito, quel “bum bum” che mi ha fatto svegliare.
Ma allora … non stavo sognando?
<<Anna!>>
<<Corri cazzo!>>
Mi volto di scatto verso il vetro della biglietteria, quello che da sulla parte esterna della stazione. Neanche queste urla facevano parte del mio sogno quindi. Sono urla reali.
Ma cosa …
Bum.
Torno a guardare la porta. La persona che sta tentando di aprirla non si limita ad abbassare la maniglia ma sta anche cercando di buttarla giù a spintoni.
Non capisco …
Bum.
Questo ultimo colpo mi è sembrato più forte di quello precedente, cosa che mi fa trasalire dalla paura.
<<Ehi.>> dico con voce tremante e spaventata, nel mentre mi alzo in piedi e recupero il mio telefono <<Chi è?>> nessuna risposta, solo un’altra botta <<Ragazzi, siete voi? Volete entrare? Ragazzi?>> ancora una volta nessuna risposta <<R … ragazzi?>> quando la porta riceve un altro colpo mi lascio completamente andare alla paura.
Accendo il telefono e istintivamente faccio il numero della polizia, ma trovo occupato.
Che stupida. È ovvio che sia occupato. Che senso ha rispondere a me in una situazione del genere? Chissà in quanti stanno chiamando la polizia ora.
A questo punto decido di chiamare papà. So che è inutile, ma le mie dita stanno agendo da sole. I miei genitori mi hanno detto che per qualsiasi problema devo chiamarli, quindi li chiamo, anche solo per sentire le loro voci e sapere come stanno.
Ma neanche lui risponde.
Provo con mamma e la cosa non cambia: nessuno risponde.
Ma perché? Perché?
Rispondete, dannazione!
Bum.
Alzo lo sguardo nuovamente sulla porta. Non sembra che si stia rompendo, però i colpi mi sembrano sempre più forti di quelli precedenti. Ma chi sarà?
<<Ehi!>> urlo a questo punto <<Chi sei? Che vuoi? Non ho niente io! Se vuoi ti do il portafoglio, te lo passo da qui. Dal bancone.>>
Nessuna risposta.
<<Mi hai sentito? EHI!>>
<<EHI!>>
Trattengo il respiro.
Ha risposto.
Ma … quella voce … è …
<<Mi hai sentito?>> continua la persona dall’altra parte.
<<S … sì! Ti ho sentito! Ti ho sentito!>> gli dico dico io a questo punto.
<<Sì!>>
<<Sì! Ti ho sentito!>> ripeto.
<<Se vuoi … dal bancone.>>
<<C … cosa?>>
<<Se vuoi. Dal bancone. Mi hai sentito?>>
Bum.
<<Non … non capisco, cosa dal bancone?>>
<<Siete … voi?>>
<<Eh?>>
<<Ragazzi. Dal bancone. Se vuoi. Mi hai sentito?>>
<<Io …>> mi volto verso la parte vetrata della biglietteria ma non vedo nulla <<non capisco …>>
<<Non capisco.>> ripete la persona oltre la porta.
<<Co … cosa? Cosa … cosa vuoi? Non ho capito cosa vuoi!>> gli rispondo a questo punto io.
<<Dal bancone. Se vuoi. Ragazzi. Capisco.>>
<<I-io … io …>> scuoto la testa <<mi dispiace ma non so cosa vuoi dire. Sai parlare la mia lingua Mi capisci?>>
<<Capisci … lingua. Mia?>>
Bum.
<<I-io … non lo so. Che lingua parli tu?>>
<<Io. Capisco.>>
<<Tu capisci?>>
<<Sì.>>
<<Va bene. Allora->>
Bum.
<<Potresti smetterla!>> urlo a questo punto <<Smettila! Non si apre la porta tanto.>>
<<Apre la porta.>>
<<No! Non la apro!>>
<<Apre la porta!>>
<<No!>>
<<Tu capisci?>>
<<Sì! Capisco, e non la apro la porta!>>
<<Cosa vuoi?>>
Mi blocco … ma con chi sto parlando? La sua voce ha un tono troppo, troppo simile al mio. È come quando mando un messaggio vocale e poi lo risento. La voce sembra diversa ma allo stesso tempo la riconosco.
<<Mi hai sentito?>>
<<Sì.>>
<<Cosa vuoi?>>
<<Voglio … uscire.>>
<<Uscire. Sì. Uscire.>>
<<No!>> scuoto la testa <<Non esco.>>
<<Capisco.>>
Bum. Bum. Bum.
<<NO!>> urlo io <<Fermati! Chi sei? Dimmi chi sei!>>
<<Dimmi cosa vuoi.>> dice a questo punto lui.
<<Niente! Non voglio niente!>> urlo io, spaventata <<Vattene!>>
<<No.>>
<<Perché no?>>
<<Perché sì.>>
Bum.
<<Ti prego!>> continuo io, con voce implorante.
Sto impazzendo dalla paura.
<<Ti prego.>> ripete lui <<Uscire.>>
<<No!>>
<<Sì!>>
Bum.
<<NO! BASTA!>>
<<Basta! Uscire! Ti prego! Tu. Basta. Uscire! Ragazzi, biglietteria. Uscire. Uscire biglietteria. Uscire biglietteria! Ti prego. TI PREGO!>>
<<No, no, no, no, no …>> inizio a mormorare io a bassa voce, più a me stessa che a lui.
<<Sì, sì, sì, sì …>> sento mormorare da oltre la porta <<ti prego.>> aggiunge poi, con un sussurro <<Uscire.>>
<<N … NOO!>> urlo a questo punto <<VATTENE!>>
Bum.
<<No.>> risponde semplicemente <<Tu. Uscire.>>
<<Perché?>>
<<Perché uscire.>>
<<Dimmi il perché prima!>>
<<Prima uscire!>> ribatte lui.
A questo punto rimango zitta. Non ha senso parlargli, è chiaro che non voglia farlo. Continua a spintonare la porta con la stessa frequenza e forza di prima. È come se … se non stesse davvero parlando. È come se a rispondermi fosse qualcun altro e non quello che sta cercando di entrare.
Ma che … che sta succedendo? Sto sognando?
Smetterò mai di chiedermelo oggi?
<<Dimmi chi sei, ti prego.>> provo a dirgli dopo altre cinque botte.
<<Prima uscire.>>
<<Va bene. Va bene!>> gli dico avvicinandomi alla porta <<Esco. Va bene?>>
<<Sì.>>
Bum.
<<Tu smettila di dare colpi alla porta però.>>
<<Va bene.>>
Bum.
<<E … ehi. Mi prendi in giro?>>
<<No. Uscire.>>
Bum.
<<Prima smettila di colpire la porta!>>
<<Va bene.>>
Bum.
No. Non la smette. La frequenza rimane la stessa, non importa quello che dice. È così … strano.
Forse è vero, forse quello che da le botte non è lo stesso che parla. Ma allora … chi?
<<In quanti siete là fuori?>> domando <<Chi c’è con te?>>
<<No.>>
<<No cosa?>>
<<No ragazzi.>>
<<No ragazzi?>>
<<No ragazzi.>>
Bum.
<<Intendi dire che non ci sono altri ragazzi lì fuori?>>
<<Sì.>>
<<Quindi sei solo tu?>>
<<Sì.>>
Bum.
<<E … come ti chiami?>>
<<Tu … come ti chiami?>>
<<Io?>>
<<Sì. Tu.>>
<<Nicole. E tu?>>
<<Nicole.>>
Mi blocco nuovamente paralizzata dalla paura mentre un brivido scuote tutto il mio corpo.
<<Co … come ti chiami?>>
<<Nicole.>>
<<Nicole …? Come me?>>
<<Sì. Come tu.>>
<<P-perché?>>
<<Perché sì.>>
Cercando di mantenere la calma mi allontano dalla porta. In lontananza sento ancora delle urla, ma non riesco a distinguere le parole di ciò che le persone si stanno dicendo. Una cosa è chiara però … chiunque sia la persona oltre la porta, non deve entrare.
O anche io urlerò.
Guarda il telefono. È mezzanotte passata. Nessuno risponde ai miei messaggi, nessuno richiama le mie chiamate.