Luna rossa 3/4

Durata lettura: medio-corta

Il laboratorio del medico è piccolo, angusto, ma lungo. Ci sono delle telecamere qui dentro, per questo Samuel si è coperto il volto. Ci sono anche diverse stanze.
In una trova le bambine. Tre sono agganciate come dei vestiti alle pareti, le altre sono appoggiate su dei divanetti fatti su misura per loro.
Ora che le osserva con più calma e più da vicino può dire che assomigliano tantissimo a delle bambole reali, il dottore le pulisce ogni giorno e ne cura la pelle affinché rimanga liscia e morbida. Sono … disgustosamente belle.
Samuel le guarda con tristezza senza dire nulla. Sa che il dottore le rende sorde, mute e le acceca, è inutile parlare perché tanto non sentirebbero; il dottore taglia loro anche gli arti e li rimpiazza con braccia e gambe finte … per questo alcune di loro penzolano dalle pareti, anche se sono vive; per questo le altre sono sedute, ferme e immobili, anche se respirano.
Quelle non sono più bambine. Sono bambole viventi.
Più le guardo, più i suoi sensi vengono inondati dalla dolcezza … una dolcezza così forte da risultare vomitevole e nauseante. Non può guardarle a lungo.
Vorrebbe tanto ucciderle per porre fine alle loro sofferenze. Ma allo stesso tempo non vorrebbe farlo.
Quindi lascia alla polizia il compito di decidere cosa fare di loro. Lui non sa quale sia la scelta giusta, né sa se spetta a lui farla. Le conta però, e nota che sono nove: ne manca una.
Andando avanti trova la stanza dei maschietti. Si stupisce di quanto è piccola, perché se la ricordava enorme … però è sicuramente la stanza in cui il Samuel della storia era stato rinchiuso. È qui che vengono tenuti i ragazzi a cui il dottore “mischia” i sensi.
Ne conta due. Uno ha la schiuma alla bocca e il volto pallido, morirà a breve; l’altro ha la bocca aperta e gli occhi che vanno da una parte ad un altra della stanza, impazzito probabilmente.
C’è un terzo letto però, vuoto.
Samuel lascia in pace anche loro. Vorrebbe parlargli e dirgli che tra poco verranno salvati, ma sa che in realtà la cosa migliore da fare è non fare niente. Scrive una lettera ben visibile per quando la polizia arriverà e la attacca sulla porta di quella stanza.
La lettera spiega le condizioni della sinestesia, e consiglia a chi vuole entrare di fare meno rumore possibile e di bendare i bambini una volta arrivati da loro. Samuel spera che nel leggere quella lettera la polizia non irrompa facendo troppo casino.
E ora è il turno del laboratorio.
Qui dentro ci sono tutti gli strumenti da lavoro del dottore. Le pinze, i cavi, le siringhe, le seghe, i composti chimici, gli elettrostimolatori, gli arti falsi … Trova anche il suo computer. Dentro ci sono tutti i suoi contatti, tutti i suoi dati, e sa che c’è anche un sistema di “autodistruzione” nel caso qualcuno provasse ad entrare sbagliando la password.
Lo sa perché ha provato ad entrarci nella sua storia, fallendo. Questa volta non ripeterà lo stesso errore. Scrive su un pezzo di carta di non provare ad accedere al computer e di tentare di violarlo in altri modi. Spera che la polizia sappia il come fare.
Si guarda intorno con una certa soddisfazione: manca solo una cosa da fare.
Torna nella casa del dottore. L’uomo è ancora nel salotto, più insaccato di un salame, e quando Samuel torna lui lo guarda con occhi spalancati e sofferenti, ma Samuel lo ignora inizialmente.
Il ragazzo recupera il suo zaino, si scopre il volto, e va al piano di sopra.
Controlla ogni stanza, anche il soffitto, e l’ultima che apre è quella in cui è certo che ci troverà ciò che cerca. La decima “bambola”, sdraiata sul letto del dottore, completamente nuda.
Richiude la porta e su di essa ci appicca il suo ultimo foglio, con su scritto: “Lei è viva, respira ancora. Ce ne sono altre in cantina. È stato il dottore.”
E ora l’ultimo atto.
Torna in salotto, prende il telefonino del dottore, il succo di prima, un bicchierino di plastica, e mentre compone il numero della polizia si siede con pesantezza sopra di lui e usa la sua testa come poggiapiede per costringere il volto dell’uomo a guardare il pavimento, e mentre appoggia il succo e il bicchiere davanti ai suoi occhi fa partire la chiamata.
Il telefono squilla, quindi Samuel lo appoggia vicino agli altri oggetti, davanti alla faccia del dottore, costretta a guardarli.
In attesa che la polizia risponda Samuel lo sbavaglia.
<<NON TI AZZARDARE!>> urla subito lui, irato e disperato allo stesso tempo <<NON HAI IDEA D->> il ragazzo spinge con pacatezza ma decisione il piede, e la pressione è abbastanza forte da zittirlo completamente; in realtà la scarpa di Samuel sta esercitando una pressione così forte che zigomi, mascella e parti del cranio del dottore hanno subito delle crepe.
<<Shhh.>> dice Samuel con pacatezza, ma non aggiunge altro, attende che la polizia risponda. E quando risponde, inizia.
Il pestaggio che segue è tanto violento quanto preciso. Il corpo del dottore viene come stritolato dal suo, spremuto come un vecchio arancio e usato come una fisarmonica. Le sue urla sono abbastanza forti, realistiche, disperate e sofferenti da convincere i poliziotti a indagare con urgenza.
Quando l’uomo non ha più il fiato per urlare Samuel stacca la chiamata, versa mezzo bicchiere di succo sul bicchierino di plastica, e lo mette davanti al volto ormai stanco del dottore.
<<Il tuo premio per essere stato bravo.>> gli dice carezzandogli la testa nello stesso modo con cui faceva lui alle sue vittime.
Fatto ciò prende tutte le sue cose, e rapidamente esce fuori dalla casa del dottore.