Anemoia – 1

Lunghezza: corto

Wow, oggi abbiamo parecchi clienti. Quasi tutti i tavoli visibili sono occupati. Chissà se ne avanza uno per me …?
Tlin.
Il suono del campanellino della porta d’ingresso ruba le mie attenzioni. Sposto il mio sguardo in quella direzione, e lo vedo … il mio cliente.
Si guarda intorno un attimo spaesato. È in mutande poverino, ma non se ne preoccupa. Qui non fa né freddo né caldo dopotutto.
Avanza verso il bancone principale e il barista lo indirizza verso un tavolino libero proprio affianco a una finestra. Seguendo le indicazioni del barista l’uomo avanza in quella direzione.
Non nota nessuno, e nessuno nota lui. Qui dentro siamo tutti fantasmi. 
Si siede su quella che è una comoda poltroncina. Apre il menù messo sul tavolo davanti a lui e alza la mano per chiamare la cameriera.
Arrivo.
<<Salve.>> lo saluto io <<Cosa posso offrirle?>>
<<Uhm … un … una cioccolata calda, se possibile.>> chiede dopo un attimo di esitazione.
<<Cioccolata calda in arrivo!>> dico io con un sorriso <<Attenda qualche secondo.>>
Avanzo verso il bancone e il barista mi allunga una grossa tazza fumante. È blu e bianca, leggermente rovinata. C’è un nome scritto a penna, ma non riesco a leggerlo. Sopra c’è la panna, una panna scadente, di bassa qualità. Dentro c’è il cioccolato, zuccherato a malapena.
Prendo la tazza e la porto con attenzione e delicatezza al mio cliente. Gliela appoggio sul tavolo davanti a lui.
<<Grazie!>> dice non appena la vede <<È stata veloce come cosa!>>
<<Eh già. Siamo rapidi noi.>> sorrido io.
<<Buono a sapersi!>> sorride anche lui, prendendo la tazza in mano. La guarda notando con nostalgica attenzione tutti i dettagli che ho visto io prima <<Ah … cazzo …>>
<<Cosa?>> domando <<Qualcosa non va?>>
<<No … ehm … no … niente. Stavo pensando … a … una persona.>>
Io inclino la testa con aria curiosa <<Una persona?>>
<<Mia sorella.>> parla lui <<Lei … usava sempre questa tazza. Ci ha anche scritto il suo nome sopra, così che io non mi confondessi e gliela prendessi.>>
<<Non usavate tazze di colore diverso?>>
<<No … eravamo dei poveracci, sa? Mamma … certe volte non aveva neanche i soldi per lo zucchero. Non pensavamo ai colori delle tazze.>>
<<Oh … capisco. Che è successo a tua sorella?>>
<<Niente.>> risponde lui bevendo il primo sorso <<È solo che … non la vedo da tanto tempo. Un po’ mi manca.>>
<<Capisco.>> mi metto seduta sulla sedia davanti alla sua e lo osservo mentre lui sposta lo sguardo verso la finestra; ciò che vede è una strada notturna illuminata da pochi lampioni; l’aria intorno a noi si fa più calda, e un sottofondo musicale lento e calmo inizia a riecheggiarci nelle orecchie, una musica che lo sta facendo riflettere.
<<Sai …>> parla dopo un po’ <<Questa canzone … non so il perché ma mi ricorda l’ultimo anno di studi.>>
<<Ah sì?>> 
<<Sì … mi ricordo che un giorno ero fuori con i miei amici. Faceva caldo, il vento dell’Estate aveva invaso la città.>>
<<Che stavate facendo?>>
<<Niente di ché.>> dice lui facendo spallucce <<Si scherzava, si rideva, si parlava del futuro … c’era chi si vantava dei voti scolastici, chi si lamentava della fidanzata … c’era quello ubriaco che a malapena camminava, e quello sobrio che fingeva di essere ubriaco solo per divertirsi con lui … E … siamo andati avanti così.>>
<<Così, tutta la notte?>>
<<Così, tutta la notte.>>
<<E che fine hanno fatto i tuoi amici? Dove sono ora?>>
<<Non lo so. Eravamo giovani all’epoca, è passato tanto tempo … non so che fine abbiano fatto. Con uno di loro ancora mi sento in realtà, ci scriviamo ogni tanto … ma niente di ché.>>
<<Vorresti rivederli?>>
<<Oh … sì. Quanto mi piacerebbe rivederli. Ripetere quella nottata a parlare di cose stupide e a ridere di cose ancora più stupide … A raccontarci le nuove esperienze e a ricordarci quelle vecchie. Quanto sarebbe bello farlo … quanto …>>
Beve un altro lungo sorso e sospira.
La finestra ora è diversa.
È giorno e il sole si sta lentamente spegnendo. Vedo una jeep con dentro dell’attrezzatura da spiaggia. C’è anche un cane lì dentro, con la testa fuori dal finestrino e la lingua fuori dalla bocca.
Sta aspettando qualcuno. Il mio cliente probabilmente.
<<Chi è lui?>> domando <<È carino.>>
<<Il cane?>> parla l’uomo sorridendo <<Oh … lui è … era un tenerone.>>
<<Ah sì?>>
<<Sì. Quel coso si divertiva a inseguire i bambini che giocavano sulla sabbia … saltellava di qua e di là distruggendo i castelli di sabbia. Tornava da noi che era sempre bagnato e sporchissimo. E con un sacco di bimbi che gli correvano dietro, tutti arrabbiati.>> e scoppia a ridere.
<<Tornava … da voi?>>
L’uomo annuisce <<Sì. Da noi.>> dice con un sorriso tanto dolce quanto triste <<Non è il mio cane quello.>>
All’improvviso dalla finestra vedo apparire una donna. Si avvicina alla jeep e il cane inizia ad abbaiare. Lei lo accarezza sulla testa, gli dice qualcosa che non riesco a sentire, e apre la porta della macchina.
Il cane fa le feste alla sua padrona per quanto possibile in quello spazio ristretto, dopodiché lei mette in moto il veicolo e riparte. Non so dove va, ma sicuramente è un posto lontano.
Lontano dal mio cliente.
<<Quand’è stata l’ultima volta che l’hai vista?>> gli domando.
<<A una festa.>>
<<A una festa? Davvero?>>
<<Sì.>>
<<E cosa è successo?>>
<<Niente di particolare. Io non mi divertivo. Lei sì. Le ho detto che volevo andare via. Lei no. Così le ho detto che io sarei andato via comunque.>>
<<Da solo?>>
<<Da solo.>>
<<E poi?>>
<<Poi sono tornato a casa. Da solo.>> risponde lui con un sospiro rassegnato; con un ultimo sorso finisce la sua cioccolata <<Erano le due di mattina. Mi sono fatto la doccia e subito dopo sono andato a letto. Ricordo solo che era morbido e confortevole. Per un secondo ho pensato al fatto che, per la prima volta da quando avevo comprato quell’appartamento, ero da solo su quel letto … però … andava bene. Prima o poi doveva succedere. Era da un po’ che non ci parlavamo più come facevamo in passato. Quindi … sì, doveva succedere. Tutto finisce prima o poi. E poi il letto era caldo abbastanza quindi … potevo dormirci anche da solo.>>
<<Spero tu abbia fatto un bel sogno.>> gli dico con un sorriso.
<<Chi lo sa. Non mi ricordo cosa ho sognato.>>
Con evidente soddisfazione in volto l’uomo appoggia la tazza sul tavolino e si alza in piedi. Mi sorride ringraziandomi per la chiacchierata, e senza neanche aver il bisogno di pagare si dirige verso la porta.
La apre, ed esce.